Dopo i casi di Paesi Bassi, Francia, Irlanda e Germania, anche in Belgio la giustizia ha condannato lo stato per non aver agito in modo sufficiente nell’ambito della lotta ai cambiamenti climatici. La sentenza è stata pronunciata giovedì 17 giugno, ed è stata giudicata “storica” dall’associazione Klimaatzaak che ha avviato l’azione legale.
I giudici del Belgio non hanno voluto imporre percentuali
In realtà, per quest’ultima la vittoria è stata parziale, poiché la richiesta era di imporre allo stato degli obiettivi concreti di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. Esattamente come è accaduto nei casi dei Paesi Bassi e della Germania. Il tribunale, nel caso belga, si è invece limitato a parlare di “colpevolezza” del governo – nonché delle tre regioni del paese: Fiandre, Vallonia e Bruxelles – nel condurre una politica climatica negligente.
La sentenza sottolinea in particolare che nel condurre le loro scelte sul riscaldamento globale, le autorità del Belgio “non si comportano in modo prudente e diligente”. Inoltre, “astenendosi dall’assumere tutte le misure che sarebbero necessarie per prevenire gli effetti dei cambiamenti climatici”, violano la Convenzione europea dei Diritti dell’uomo.
L’azione legale sul clima sostenuta da quasi 60mila cittadini
L’azione legale è stata sostenuta da circa 58mila cittadini belgi. Secondo Serge de Gheldere, presidente di Klimaatzaak, si tratta di un segnale chiaro del fatto che le decisioni politiche “devono essere adottate immediatamente per garantire una decarbonizzazone efficace della nostra economia”.
📢🔥Ils ont gagné! @Klimaatzaak vient de faire condamner la Belgique pour inaction climatique et la violation des droits à la vie et la santé!
Da parte sua, il governo del Belgio ha reagito attraverso le parole della ministra del Clima e dell’Ambiente, Zakia Khattabi. Quest’ultima ha affermato di aver “preso atto” del giudizio giunto dal tribunale, sottolineando come esso non comporti conseguenze “né dal punto di vista finanziario, né da quello giuridico”.
“La sentenza non comporta alcuna conseguenza finanziaria né giuridica”
La responsabile delle politiche ambientali della nazione europea ha quindi precisato di aver “sostenuto l’incremento dell’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra di almeno il 55%, di qui al 2030, nonché la necessità di raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette di gas ad effetto serra entro il 2050. E attiveremo tutti gli strumenti federali a disposizione per centrare tali target”.
Anche la ministra fiamminga dell’Ambiente, Zuhal Demir, ha accolto con favore la scelta dei giudici di non aver indicato con precisione delle percentuali: “Si tratta di una decisione giusta, non di un ‘diktat’ come capitato nei Paesi Bassi”. In ogni caso, il tribunale ha riconosciuto che essere protetti contro i rischi posti dai cambiamenti climatici rappresenta un diritto umano. E che è obbligo dello stato proteggere in questo senso i propri cittadini.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.