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Clima e olio d’oliva, ecco cosa accadrà
Per le civiltà nate lungo le coste del Mediterraneo la pianta dell’olivo ha storicamente rivestito un ruolo centrale. La bellezza e la ricchezza dei suoi frutti hanno dato spunto a numerose leggende che ne hanno, da sempre, celebrato l’origine divina. E’ un oliveto il bosco sacro a Zeus dalle cui fronde venivano intrecciate le corone
Per le civiltà nate lungo le coste del Mediterraneo la pianta dell’olivo ha storicamente rivestito un ruolo centrale. La bellezza e la ricchezza dei suoi frutti hanno dato spunto a numerose leggende che ne hanno, da sempre, celebrato l’origine divina. E’ un oliveto il bosco sacro a Zeus dalle cui fronde venivano intrecciate le corone destinate agli atleti olimpici; nella tradizione ebraica i semi portati da un angelo e posti tra le labbra di Abramo sepolto sul monte Tabor generarono un cedro, un cipresso e un olivo; nell’Antico Testamento una colomba annuncia a Noè la fine del diluvio universale portandogli un ramoscello d’olivo.
L’uomo e l’olivo hanno vissuto vite intrecciate per millenni, ma ora, gli esperti, si chiedono se gli effetti del riscaldamento globale mineranno questa convivenza.
Uno studio dell’Enea, coordinato da Luigi Ponti dell’Unità tecnica per lo sviluppo sostenibile e l’innovazione del sistema agro-industriale, ha analizzato l’evoluzione che subirà nei prossimi 50 anni la coltivazione delle olive, considerando un aumento di circa 1,8 gradi (poco inferiore ai 2 gradi previsti dai modelli climatici tra il 2030 e il 2060). Il modello sviluppato dai ricercatori si è concentrato soprattutto sull’influenza del riscaldamento globale sul rapporto tra piante e parassiti. Gli olivi e le mosche che li infestano infatti, sopportano in modo diverso l’aumento delle temperature, e quindi ogni area del bacino del Mediterraneo sarà interessata in modo diverso dall’infestazione del parassita.
Dai risultati dello studio emerge che, a livello globale, nell’intero bacino del Mediterraneo la produzione di olive non dovrebbe subire cambiamenti importanti. A livello locale invece, le differenze si faranno notare: in Nord Africa, ad esempio, la temperatura, alzandosi, potrebbe superare quella tollerata dal parassita senza comunque inaridire troppo i terreni, il che porterebbe ad un aumento anche del 40% delle coltivazioni. Viceversa, in Medio Oriente si potrebbe assistere a una perdita del 7,2% della produzione annua.
Per quanto riguarda l’Italia, la produzione di olive potrebbe crescere del 10 per cento così come i profitti. A trarre i maggiori benefici sarebbero le coltivazioni del Nord, delle zone interne e quelle poste ad altitudini maggiori, per il perdurare del clima mite. Altre zone d’Italia invece sarebbero più penalizzate, ad esempio Toscana e Centro-sud dove, anche se il caldo dovesse aumentare la produzione delle olive, la qualità dell’olio potrebbe peggiorare proprio a causa della mosca olearia, con un aumento dei costi per gli insetticidi e un calo dei profitti. A soffrirne maggiormente sarebbero i piccoli coltivatori e purtroppo questo danneggerebbe il patrimonio ambientale italiano, perché sono proprio le piccole aziende agricole a svolgere un ruolo fondamentale per la conservazione del territorio, la tutela della biodiversità e della fauna selvatica, la prevenzione degli incendi.
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