Il gatto deve essere accompagnato con intelligenza verso il fine vita. Ma basta poco per rendere la sua terza età più agevole e accettabile.
Parassiti nei gatti, l’influenza del clima è qualcosa di cui tenere conto
I cambiamenti climatici influenzano direttamente la salute dei nostri amici a quattro zampe. Lo dimostra una recente ricerca sulle parassitosi dei gatti.
Il clima cambia. E con lui anche le malattie dei nostri amici a quattro zampe. Cani e gatti, infatti, sono i più colpiti dai problemi climatici e, in testa, si hanno le infestazioni parassitarie che stanno iniziando a diventare perenni e non più limitate ad alcune stagioni dell’anno. Sull’argomento si è svolta un’indagine multicentrica che ha coinvolto i dipartimenti di parassitologia dei 13 poli universitari distribuiti su tutto il territorio italiano realizzata grazie al contributo non condizionato di Msd animal health.
Tra i vari esperti che hanno contribuito alla ricerca ci sono il professor Marco Genchi, associato di parassitologia e malattie parassitarie del dipartimento di scienze mediche veterinarie dell’Università di Parma, e la professoressa Laura Rinaldi, ordinario di parassitologia e malattie parassitarie del dipartimento di medicina veterinaria e produzione animale dell’Università di Napoli. L’obiettivo era quello di avere una panoramica recente su scala nazionale della prevalenza degli ecto ed endo parassiti nel gatto. Tra i criteri analizzati c’è stato anche quello della stagionalità di alcune parassitosi e proprio per questo motivo la durata dello studio è stata di 12 mesi, successivamente prolungata a 15 a causa delle restrizioni legate alla Covid-19.
Come si è svolta la ricerca
I parassiti del gatto sono tantissimi. Sebbene molti di questi non presentino sintomi nel momento dell’infestazione, altri invece danno delle sintomatologie molto gravi che possono portare alla morte del felino. Molti di questi parassiti, inoltre, non hanno solo la capacità di infestare il gattino di casa, ma sono in grado anche di trasmettere patologie all’uomo. Le malattie di questo tipo sono dette zoonosi.
Per procedere all’arruolamento degli animali da analizzare sono stati creati dei parametri di inclusione specifici: i gatti convolti nello studio non dovevano avere subito un trattamento antiparassitario nei tre mesi precedenti all’arruolamento. Non dovevano, inoltre, avere un accesso all’ambiente esterno. Infine, il gatto poteva essere arruolato una volta sola e non potevano essere campionati più di due felini per lo stesso nucleo di proprietario. Gli animali dovevano essere distribuiti in modo omogeneo sul territorio.
All’interno della scheda dell’esemplare esaminato è stato segnato il nome, l’eventuale razza, l’indirizzo per poter localizzare l’animale, l’età, il sesso, le condizioni di gestione (se viveva in un gattile, o era un gatto di colonia o di proprietà e, in questo caso, bisognava capire se aveva uno stile di vita prevalentemente al chiuso o all’esterno, oppure esclusivamente all’esterno). È stato chiesto, inoltre, di campionare il sangue e spazzolare il manto per cinqueminuti proprio per mettere in evidenza l’eventuale presenza di pulci o le feci dei parassiti.
L’Italia e le zone prese in esame
È ormai un dato di fatto che le stagioni più miti e le temperature più elevate, soprattutto al centro-sud, permettono ai parassiti dei nostri amici a quattro zampe di sopravvivere più a lungo nell’ambiente esterno e questo vale soprattutto per le larve e le uova di pulci e zecche. Un altro fattore è sicuramente l’antropizzazione del territorio: per un gatto di Milano, per esempio, è più raro incontrare una folta vegetazione quando frequenta un ambiente esterno, a differenza di un altro che risiede nelle regioni più meridionali. Il tutto comporta una conseguente minor frequenza e possibilità di incontrare dei parassiti nelle regioni settentrionali a grande urbanizzazione, nonostante clima caldo e afa.
E non dimentichiamoci mai la conformazione geografica dell’Italia, un dato particolarmente interessante che fa in modo che in alcune regioni meridionali si passi in pochi minuti da una zona temperata a una fredda, fenomeno che genera delle prevalenze di parassiti maggiori in alcuni settori geografici rispetto ad altri situati a pochissima distanza.
Clima e parassitosi nei gatti
Lo studio condotto ha evidenziato che le pulci – ormai presenti tutto l’anno per effetto del clima più caldo e umido – sono quelle che la fanno da padrone nel gatto domestico, con il 30 per cento di prevalenza negli animali analizzati. Per quanto riguarda le zecche, i risultati si equiparano a quanto è stato già riscontrato anche nei lavori epidemiologici fatti non soltanto in Italia, ma anche in Inghilterra e, anche in questo caso, si è visto che la prevalenza delle zecche nei gatti è solitamente abbastanza bassa. Ciò può essere dovuto all’abitudine del gatto di pulirsi e fare il cosiddetto grooming che può portare l’incapacità della zecca di ancorarsi all’animale. Lo studio ha evidenziato, comunque, il ruolo del medico veterinario sia per quanto riguarda il benessere animale sia per quanto riguarda la salute pubblica.
Tra i dati estrapolati dall’indagine, infatti, c’è stato per esempio l’evidenziarsi della toxocara cati che è fortemente resistente in natura: è quindi facile pensare che questa incidenza abbia un impatto a livello di contaminazione di ciò che ci circonda. Basta un gatto che vada a defecare nell’ambiente esterno per rendere il territorio fortemente infestato per un lungo periodo. Il medico veterinario, in questo caso, deve quindi fare una corretta diagnosi e scegliere un efficace trattamento, sensibilizzando il proprietario sull’importanza della prevenzione in campo antiparassitario. E, proprio con il clima impazzito, è necessario un occhio di riguardo verso i nostri amici animali per fare in modo che non debbano ulteriormente soffrire per quello che l’uomo è riuscito a provocare intorno a sé.
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