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Climbing for a Reason, l’arrampicata come strumento di emancipazione in Tanzania
L’arrampicata è un ottimo strumento di crescita personale, ma può anche offrire opportunità di sviluppo turistico in zone del mondo ancora inesplorate.
- Climbing for a Reason è un’organizzazione cilena che ha come scopo quello di realizzare progetti umanitari a partire dall’amore per l’arrampicata.
- Dopo aver portato avanti progetti in Pakistan e in America del sud il progetto è approdato anche in Tanzania, precisamente a Musoma, dove ha sede un centro per ragazzi e ragazze in difficoltà
- I volontari di Climbing for a Reason insegnano ai ragazzi ad arrampicare e cercano di promuovere destinazioni come Musoma, ricche di pareti, nel mondo del climbing. Questo creerebbe un indotto economico al paese e possibilità di lavoro per i ragazzi.
Climbing for a Reason è un progetto senza scopo di lucro fondato in Cile da Lucho Birkner e Mateo Barrenengoa che cerca in diverse parti del mondo di dare il supporto a comunità locali o a persone in difficoltà attraverso l’arrampicata. Per raggiungere questo obiettivo, Climbing for a Reason si impegna nella costruzione di pareti artificiali nelle scuole o nei luoghi pubblici dove dar via a corsi e laboratori per futuri climber. Dopo il Pakistan, il Messico, il Nepal e il Cile è la volta della Tasmania e Climbing for a Reason sta adesso dando il suo supporto al Proyecto Musoma.
Climbing for a reason, dalle pareti del Cile al mondo
Tutto è partito da dei climber cileni che hanno intravisto la possibilità di poter mettere in piedi un progetto senza scopo di lucro sfruttando l’enorme hype che ruota intorno a questo sport. Dopo aver già portato a termine una missione in Pakistan, ora i ragazzi di Climbing for a Reason sono sbarcati in Tasmania, dove hanno iniziato a collaborare con l’organizzazione Jipe Moyo Center, che gestisce l’omonimo orfanotrofio che ospita più di cento ragazzi e ragazze di diverse età con un passato stravolto da mutilazioni, stupri, malnutrizione e traffico di esseri umani.
L’organizzazione Jipe Moyo si trova sul Lago Vittoria, nella città di Musoma, che è un territorio circondato da grandi blocchi di granito, un luogo perfetto per dei climber attivisti. Obiettivo del progetto sarà la realizzazione di una parete artificiale all’interno del centro, l’apertura di un settore di arrampicata boulder e di un’area di arrampicata sportiva, dove poter tenere workshop sia pratici che teorici.
Cosa sta andando avanti nel concreto a Musoma ce lo racconta Giorgia Bernabò, genovese di 30 anni e milanese d’adozione che ha lasciato il lavoro per seguire il progetto in Tanzania “La struttura è nata circa vent’anni fa grazie a Sister Chacha, una delle persone più carismatiche che abbia mai conosciuto, che ha dedicato tutta la sua vita a salvare le bambine dalla mutilazione genitale. Con il tempo il centro è cresciuto sempre più, fino ad accogliere non solo bambine, ma anche bambini dal primo anno di vita ai diciassette anni di età. Un po’ di mesi fa una volontaria del posto, Benedetta Serra, incuriosita dalle rocce, che qui sono ovunque, ha contattato i ragazzi di Climbing for a reason, che erano alla ricerca di un nuovo progetto e quindi di un nuovo posto nel mondo dove poter insegnare ad arrampicare ai bambini. Musoma è perfetta e così l’organizzazione Jipe Moyo”.
Il potenziale di Musoma
Dal Cile alla Tanzania la catena di solidarietà si muove attraverso corde e rinvii “I ragazzi di Climbing for a Reason, Lucho, Matteo e Javi hanno costruito (grazie alle donazioni) una parete di arrampicata artificiale nel centro per iniziare ad insegnare ai bambini e hanno aperto alcune vie intorno al centro e nelle zone limitrofe. Climbing for a reason è sempre alla ricerca di destinazioni remote, dove l’arrampicata non è sviluppata ma la roccia è di una qualità impressionante. Questo perché l’obiettivo è quello di offrire un’opportunità di sviluppo turistico, ma anche di stile di vita, alle persone che vivono di fronte a pareti perfette e magari non ne sono coscienti”.
Il progetto di Musoma verrà tradotto poi in un documentario che uscirà a marzo: “Lucho Birkner è uno scalatore, un attivista, un imprenditore cileno attivo e, soprattutto, un giramondo. Il tipo di persona che insegue i propri sogni mentre Mateo Barrenengoa è uno dei migliori registi di Outdoor in Cile, che riesce a catturare e mostrare tutte le emozioni vissute nei progetti, creando documentari che sono stati vincitori in vari festival in tutto il mondo. Io invece sono una climber per passione, non per professione, ma sono stata incuriosita dalla storia della loro realtà, quindi ho deciso di unirmi al gruppo, scoprendo una seconda famiglia”.
Il motore principale del team è l’enorme passione nei confronti dell’arrampicata e delle missioni, che sta attirando nuovi membri del team: «Prendiamo Javi, la compagna di Lucho, è un avvocata che ha mollato tutto per inseguire i sogni e un mondo fatto di arrampicata e missioni: è l’anima organizzata del gruppo, con lei CFR crescerà sempre di più. Poi ci sono io, che sono entrata da pochissimo e faccio parte del progetto Tanzania, ma essendo entrata in sintonia così tanto è possibile che segua anche i loro progetti uturi. Quello ci spinge principalmente è la voglia di trasmettere la nostra passione, questa è sicuramente la cosa più importante. È talmente forte da essere quasi indescrivibile, ma è quello che ci fa alzare al mattino con una voglia di vivere incredibile: e questa energia positiva riusciamo a trasmetterla sia ai bambini, sia alla comunità del posto. Dire però che insegniamo solo ad arrampicare sarebbe riduttivo: insegnamo inglese e yoga, abbiamo raccolto molte donazioni con le quali abbiamo ricostruito il tetto per proteggere la parete d’arrampicata del centro, abbiamo costruito dei bagni, comprato letti e materassi, costruito una cucina e una laundry room. Siamo stati supportati da Osprey, che ci ha fornito i prodotti per tutti i bambini».
Molti dei ragazzi si sono infatti dimostrati molto dotati per l’arrampicata: “Per quattro ragazzi ci piacerebbe trovare degli sponsor sportivi che diano loro la possibilità di viaggiare per allenarsi, per andare ad arrampicare in giro per il mondo”. La community legata all’arrampicata è molto ricettiva da questo punto di vista: “A Natale è venuta a trovarci Itziar Martinez, climber professionista spagnola che ci ha supportato per qualche giorno, mentreal progetto in Pakistan del 2021 hanno preso parte Tamara Lunger e Wafaa Amer“.
L’arrampicata come strumento di vita
D’altra parte l’arrampicata come sport in sé si presta particolarmente per progetti sociali di riscatto ed empowerment: “È una sfida quotidiana che ti permette di allenare non solo il fisico, ma anche la mente. Fa bene a livello personale, ma aiuta anche a lavorare in coppia, a credere e ad avere fiducia nel prossimo. Non solo: aiuta a lasciarsi alle spalle tutto quello che di negativo ci appesantisce e a concentrarsi a 360 gradi su quello che si sta facendo. Essere focalizzati e precisi è un ottimo training per i ragazzi, che un domani potranno avere un lavoro come guide magari: tra gli obiettivi di Climbing for a Reason c’è infatti anche quello di promuovere Musoma, che è a due passi dal Serengeti, a livello turistico-sportivo”.
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