I dati emersi dall’ultimo rapporto Ismea, l’ente pubblico che analizza il mercato agro-alimentare, ci obbligano a riflettere sul costo del cibo e su come buona parte del prezzo pagato non arrivi agli agricoltori.
Cocciniglia, il colorante alimentare rosso E120 estratto dagli insetti sta sparendo dalle etichette
E120, abbiamo mangiato il colorante rosso per anni negli yogurt, nelle caramelle e nelle bibite. Dopo le alternative vegetali alla cocciniglia, la scienza esplora nuove strade.
- Il colorante alimentare rosso E120 è estratto dalla cocciniglia, un insetto parente della coccinella allevato sulle pale dei fichi d’India.
- Per ragioni etiche, di sicurezza e di marketing è stato quasi del tutto sostituito da sostanze sintetiche o di origine vegetale.
- Gli scienziati continuano a studiare alternative più performanti e sostenibili.
Il colorante alimentare E120 estratto dall’insetto cocciniglia (da non confondersi con la coccinella) è sempre più raro da trovare nella lista degli ingredienti sulle etichette dei prodotti industriali. L’abbiamo ingerito per anni – spesso ignari – in cibi rosso-rosati come yogurt alla fragola e orsetti gommosi, aperitivi rubino e succhi di frutta all’arancia. Persino in qualche confezione di carne fresca. Oggi è stato sostituito quasi del tutto da ingredienti sintetici o vegetali, come la barbabietola e la carota nera.
Perché si è tornati a parlare di E120 e cocciniglia?
La notizia che dal 24 gennaio 2023 la farina di grillo potrà essere immessa nel mercato della Ue in prodotti come pane, cracker, minestre, sostituti della carne, ha riacceso in Italia il dibattito sull’entomofagia.
Tra curiosità e disgusto, speranze e timori, il regime dietetico che include gli insetti fa discutere, e mette in luce il persistere di una certa disinformazione, emersa già nel 2018 da un’indagine congiunta sul tema.
“Sono pochi gli italiani a sapere che ogni anno in media il consumo inconsapevole di insetti si aggira sui 500 grammi. Questi animali sono dei contaminanti alimentari comuni e la legge italiana ne tollera una piccola percentuale” spiegava allora Rosantonietta Scramaglia, docente allo Iulm e membro del Comitato scientifico del centro sviluppo sostenibile. “Un bicchiere di aranciata può contenere fino a cinque moscerini e una barretta di cioccolato fino a otto parti di insetti; nell’insalata, nelle marmellate, nei succhi di frutta, nelle passate di pomodoro e nelle farine sono in genere presenti parti di insetti, e il colorante alimentare rosso E120 è estratto dalla cocciniglia”. Da allora, però, qualcosa è cambiato.
Colorare per vendere
Proprio l’origine animale del colorante E120, incompatibile con una dieta vegana o vegetariana, halal o kosher, ha accelerato l’introduzione nell’industria alimentare di alternative artificiali o vegetali.
Un cambio di prospettiva che non è avvenuto senza scossoni. Nel 2012, ad esempio, fece scalpore il caso del frappuccino alla fragola di Starbucks, ritirato dalla vendita dopo che nel marzo 2012 il sito ThisDishIsVegetarian.com aveva diffuso la lista degli ingredienti della bibita, che includeva il carminio di cocciniglia. 70mila è il numero di insetti stimati per produrre mezzo chilo di colorante. L’estrazione segue un metodo antico, in Paesi come Perù, Messico, Cile e nelle Isole Canarie.
Nell’industria alimentare la funzione della cocciniglia è puramente estetica. “Restituire l’apparenza originaria di alimenti il cui colore è stato alterato per effetto della trasformazione, della conservazione, dall’imballaggio e dalla distribuzione, e il cui aspetto può di conseguenza risultare inaccettabile, accrescere l’attrattiva visiva degli alimenti e colorare gli alimenti di per sé incolori”: questi gli scopi autorizzati dalla Commissione europea.
In altre parole, colorare per vendere. Perché a differenza di altri prodotti a base di insetti, l’E120 non aggiunge alcun valore nutritivo ai cibi che consumiamo e viene usato solo per esaltare o modificarne la colorazione, così da renderli più invitanti e appetibili per il consumatore.
Cocciniglia, la dose giornaliera di E120 accettabile
Non esistono molte ricerche riguardo alla sicurezza per la salute della cocciniglia per uso alimentare. Quelle disponibili, sono state consultate dagli esperti dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare-Efsa tra il 2009 e il 2016 nell’ambito di un riesame sugli additivi. L’E120 è risultato innocuo, purché assunto nella dose giornaliera accettabile (dga).
Al contrario, il suo alter ego low cost e artificiale Poinceau 4r (E124), presente ad esempio nell’Aperol, ha visto abbassare la dga, anche dopo essere finito nella lista nera dello studio di Southampton sui sei coloranti potenzialmente correlati alla sindrome da deficit di attenzione e iperattività nei bambini (ADHD). Lo studio includeva anche la Carmoisina (E122), attualmente presente nel Campari e nei suoi derivati analcolici.
Superare la dose consigliata di cocciniglia non significa esporsi automaticamente a reazioni allergiche avverse. Probabilmente le responsabili sono le proteine degli insetti. Infatti, durante l’estrazione, alcune passano nel colorante in percentuali intorno allo 0,5 per cento.
Nonostante in letteratura scientifica siano stati riportati casi di asma di operai addetti alla produzione del colorante, il rischio riguarda soprattutto i soggetti che soffrono di orticaria o di altre allergie e intolleranze. Come quelle ai crostacei e agli acari, con cui la cocciniglia condivide la chitina presente nell’esoscheletro e che, per alcuni, risulta difficile da digerire.
- La cocciniglia è anche un parassita delle piante. Parente stretto degli afidi, la cocciniglia è una specie infestante, pericolosa per alcune specie botaniche: si nutre della loro linfa e può indebolirle al punto di provocarne la morte.
- Gli esemplari femmina di cocciniglia sono i più dannosi, attaccano sia piante da frutto che piante ornamentali come l’acero, il ficus, il rododendro e la magnolia.
- Come si toglie la cocciniglia dalle piante? Riuscirci non è facile. Oltre ai trattamenti chimici specifici, esistono anche rimedi naturali: spruzzare sulle foglie delle piante dell’olio di tè oppure un miscuglio di acqua calda e sapone di Marsiglia o alcol denaturato.
Alternative naturali alla cocciniglia, E120
Al banco frigo del supermercato, scorrendo l’etichetta di un affettato vegano o di uno smoothie alla fragola per bambini, è altamente probabile che alla voce ‘coloranti’ troverete barbabietola e antociani, nome scientifico dei pigmenti vegetali idrosolubili. Insieme alla carota nera o viola e all’ibisco, alla paprika e al ribes nero, buccia dell’uva, pomodoro (licopene) e alghe sono la nuova generazione di additivi naturali che sta sostituendo l’acido carminico fatto con gli insetti.
La funzione colorante nei cibi oggi viene infatti ottenuta grazie a ingredienti vegetali ad elevata pigmentazione sui toni arancio-rosso-viola, anche sotto forma di estratti. Alcuni di questi ingredienti possono offrire composti fenolici e antiossidanti amici del sistema immunitario.
Resistente al calore, alle trasformazioni industriali e totalmente insapore, proprio come la cocciniglia: queste dovranno essere le caratteristiche del colorante naturale “definitivo”. Chi lo scoprirà per primo, potrebbe trarne un vantaggio notevole. Nonostante tutto, le ultime indagini di mercato stimano che entro il 2030 la domanda globale di acido carminico aumenterà, raggiungendo un valore pari a 69,5 miliardi di dollari.
Anche per questo nel 2019 ha ricevuto grande attenzione l’annuncio di un’azienda danese che, dopo dieci anni di esperimenti, ha lanciato il pigmento Hansen sweet potato™ a base di patata dolce viola. Contiene naturalmente antocianine, pigmenti “tra i più appetibili per la loro colorazione e stabilità ritenute superiori”, ha spiegato Stephen Talcott, professore di chimica alimentare all’Università A&M del Texas.
L’ultima frontiera della colorazione sembra puntare sull’ingegneria metabolica: l’idea è manipolare i percorsi metabolici nei microbi per creare in laboratorio l’acido carminico. Un metodo che potrebbe ridurre il rischio di allergie, risolvere la questione dell’origine animale e rendere la produzione di carminio più sostenibile in termini di sfruttamento del suolo destinato alla coltivazione dei cactus, habitat naturale della cocciniglia.
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