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La Colombia concede la cittadinanza a 24mila bambini rifugiati venezuelani
24mila bambini nati da genitori venezuelani in Colombia otterranno la cittadinanza. Così il governo colombiano assicura il diritto all’accesso alle cure e all’istruzione dei più piccoli in fuga dalla crisi sociale e politica in Venezuela.
Tra chi erge muri e chiude i porti, c’è chi invece apre le proprie frontiere. È la Colombia, che permetterà a decine di migliaia di bambini venezuelani rifugiati di diventare suoi cittadini. La risoluzione adottata dal governo colombiano coinvolgerà circa 24mila bambini nati in Colombia da genitori venezuelani dal 19 agosto 2015 fino ad agosto 2021 e gli consentirà di godere dei diritti di cittadinanza. “Oggi la Colombia manda un messaggio al mondo: a chi vuole usare la xenofobia a scopi politici, noi rispondiamo con la strada della fratellanza”, ha detto il presidente colombiano Iván Duque mentre ne dava annuncio dalla capitale Bogotá il 5 agosto.
Nel contesto della crisi sociale e politica del Venezuela, un paese messo in ginocchio dal collasso economico, dall’iperinflazione, dall’instabilità politica e dalla mancanza di beni di prima necessità, circa 4 milioni di venezuelani sono fuggiti in cerca di condizioni di vita normali. In questo esodo alcuni paesi vicini, come l’Eucuador, hanno rafforzato le proprie politiche di ingresso. Al contrario, la Colombia è quella che ne ha accolti di più: 1,4 milioni. “Chiudere i più di duemila chilometri di confine con il Venezuela incrementerebbe soltanto il traffico di esseri umani e fornirebbe nuove fonti di reddito ai guerriglieri e alle bande armate nell’area”, hanno spiegato gli ufficiali del paese.
Sconfiggere il fenomeno dei “fantasmi legali”, gli apolidi
Uno degli obiettivi di questa decisione è anche proprio quello di contrastare il fenomeno dell’apolidia, ovvero la non appartenenza a nessuno stato, che coinvolge milioni di persone in tutto il mondo. Gli apolidi, a volte chiamati anche “fantasmi legali“, vivono in una sorta di limbo poiché non gli è permesso avere accesso alla sanità, all’istruzione e non possono viaggiare, sposarsi, aprire un conto in banca, affittare o possedere una casa.
La Colombia è infatti uno dei pochi paesi nella regione che non garantisce automaticamente la cittadinanza a chi nasce all’interno dei suoi confini, ma richiede che uno dei genitori sia residente legalmente. Ai neonati è comunque possibile fare un certificato di nascita iscrivendoli al registro civile nazionale, ma sul documento appare scritto “non valido per la cittadinanza”. Anche richiedere la cittadinanza venezuelana sarebbe impossibile: i genitori dovrebbero registrare il bambino tornando in Venezuela o recandosi in uno dei suoi consolati in Colombia, ma questi sono tutti chiusi da quando il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha interrotto le relazioni diplomatiche con la Colombia a febbraio. In questo contesto e con un numero sempre maggiore di persone che trovano rifugio in Colombia, si rischierebbe di aggravare la crisi di bambini apolidi.
Nessun paese dovrebbe avere dei bambini che crescono senza accesso alla sanità e all’istruzione, o senza avere una possibilità di vita decente. E la Colombia ha trovato il modo di affrontare questo problema. Andrew Selee, presidente dell’Istituto di politiche migratorie
La Colombia accoglie chi arriva dal Venezuela
I migranti in arrivo dal Venezuela, soprattutto la fascia più povera e più vulnerabile, scelgono la Colombia perché è la più vicina in quanto si ritrovano in assenza di possibilità economiche per andare più lontano o di contatti famigliari altrove. Solo negli ultimi tre anni, infatti, i migranti hanno contribuito ad aumentare la popolazione della Colombia di circa il 3 per cento, impattando il sistema lavorativo e del budget nazionale.
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La Banca mondiale ha stimato che nel 2018 la Colombia ha dovuto investire 900 milioni di dollari per rispondere ai bisogni dei migranti venezuelani, e che se la situazione non dovesse migliorare nel paese d’origine, questo fenomeno sarà destinato ad aumentare ancora nei prossimi anni, raddoppiando fino a 8 milioni di persone secondo l’Organizzazione degli stati americani. “Non vogliamo che questa misura diventi una chiamata, ma vogliamo rispondere degli obblighi internazionali che abbiamo nei confronti di questi bambini”, ha affermato Felipe Muñoz, l’inviato del presidente alla frontiera venezuelana. “Ci sono rischi in questa decisione, ma dobbiamo prendere misure per assicurare una migrazione ordinata”.
Il costo dell’inazione sarebbe, quindi, più elevato di quello derivante da questo tipo di misure e, soprattutto, sarebbe sulla pelle delle persone. Così, la risoluzione della Colombia entrerà in vigore dal 20 agosto e in questo modo i bambini potranno ad esempio avere accesso all’istruzione e alla sanità, due diritti fondamentali. Una misura necessaria e, nel mezzo di dinamiche sempre più isolazioniste, un segno di umanità e accoglienza.
Questa misura rappresenta un grande passo avanti nel garantire i diritti dei bambini.Unhcr, Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati
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