Circa 40.000 persone hanno sostenuto le richieste indigene, che si oppongono a un progetto di revisione del trattato fondativo della Nuova Zelanda.
Cosa succede in Colombia, dove l’esercito sta sparando sui manifestanti
Una riforma fiscale che colpisce i ceti più poveri ha fatto esplodere le proteste in Colombia, con decine di morti e centinaia di feriti. Ma il malcontento viene da lontano.
Da qualche giorno la Colombia è scossa da violente manifestazioni che sono già costate la vita a decine di persone. Il Presidente Ivan Duque ha annunciato una serie di riforme di stampo neoliberista, tra cui quella tributaria che mira ad aumentare le tasse su diversi prodotti, compresi quelli alimentari, per raccogliere risorse con cui finanziare nuove misure sociali. In centinaia di migliaia si sono riversati nelle strade a partire dal 28 aprile e si sono verificati scontri con le forze dell’ordine, accusate di abusi dalle organizzazioni per i diritti umani. Il governo ha annunciato un passo indietro, con il pacchetto di nuove misure che verrà rivisto, ma questo non ha placato il malcontento, che ha origini più lontane.
Riformismo colombiano
La Colombia non se la passa bene, sia a livello economico che sanitario, e le due cose vanno a braccetto. Il Covid-19 ha causato circa 75mila decessi e quasi tre milioni di contagi ufficiali, in un paese che conta poco più di 50 milioni di persone. E le conseguenze economiche di questa situazione non si sono fatte attendere. Nel 2020 la popolazione senza lavoro è aumentata di un milione e anche in ragione di questo il tasso di povertà si è impennato fino al 42 per cento, aggravando una situazione che già era difficile prima dell’avvento della pandemia. Le attività che hanno dovuto chiudere i battenti sono state circa 500mila e la particolare durezza dei lockdown locali ha aumentato il malcontento delle persone.
È in un contesto delicato come questo che il presidente Ivan Duque ha annunciato un pacchetto di riforme neoliberiste, in linea con le richieste del Fondo monetario internazionale (Fmi). Il prodotto interno lordo colombiano è crollato del 6,8 per cento nel 2020 e il deficit ha raggiunto l’8 per cento del pil. L’intervento riformista serviva allora per dare ossigeno alle casse dal paese, in particolare rimuovendo diverse esenzioni anche su beni di prima necessità come quelli alimentari sul corrispettivo della nostra Iva e abbassando il tetto di stipendio per cui è necessario pagare l’imposta di reddito. Le entrate derivanti da queste misure sarebbero poi state reinvestite a livello sociale, in particolare in quella sanità messa in ginocchio dal Covid-19. Di fianco a questo, però, è stata proposta una legge che tutela fiscalmente le multinazionali e le grandi aziende del paese.
Le proteste della popolazione
Stremata da una situazione economica critica, la popolazione è scesa in piazza a partire dal 28 aprile e nei giorni successivi. Se da una parte il pacchetto di riforme serve a lungo termine per offrire maggiore sostegno sociale, nel breve presuppone un sacrificio ulteriore a chi già si trova in estrema difficoltà. Uno sforzo a cui in molti non sono disposti, come hanno gridato nelle strade del paese. La prima iniziativa è stato uno sciopero generale, poi la situazione è divenuta più esplosiva il primo maggio, quando in occasione della festa dei lavoratori in centinaia di migliaia si sono riversati in strada per protestare contro il governo.
La cronaca di queste giornate, con le manifestazioni che stanno andando avanti da ormai una settimana, restituisce un bollettino tragico. Il governo ha mandato i militari nelle strade e almeno 19 persone, tra cui alcuni adolescenti, sono morti durante gli scontri, un numero che però sarebbe sottostimato secondo alcune fonti. I feriti sarebbero nell’ordine delle centinaia, così come centinaia sono i manifestanti che sono stati arrestati. Le organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International, hanno denunciato la violenza ingiustificata usata dalle forze di sicurezza e l’utilizzo di armi non convenzionali. Ci sarebbero stati anche casi di stupri subiti da manifestanti.
Il dietrofront tardivo di Duque
Quando è apparso evidente che la situazione stesse sfuggendo di mano, il presidente Ivan Duque ha annunciato il ritiro della riforma fiscale, che sarà rivista. Intanto il ministro delle Finanze Alberto Carrasquilla si è dimesso. Ma le proteste non si sono fermate, perché le riforme neoliberiste sono state solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso di malcontento che ribolliva da tempo.
Nel settembre scorso la Colombia era stata investita da un’ondata di proteste contro la violenza indiscriminata delle forze di polizia, dopo l’uccisione di un avvocato nella capitale Bogotà. I manifestanti non ce l’avevano solo con gli agenti, ma anche con un governo sempre restio a schierarsi a tutela dei cittadini e dei loro diritti. Il consenso del presidente Duque è in picchiata, una sua rielezione nel 2022 sembra improbabile e l’insofferenza della popolazione nei suoi confronti non ha fatto altro che aumentare nell’ultimo anno a causa della malagestione della pandemia. Le violazioni dei diritti umani, l’economia in crisi, le riforme che chiedono ai ceti popolari nuovi sacrifici tutelando gli interessi di chi sta più in altro, sono allora le scintille che hanno portato alla crisi definitiva di questi giorni. I dietrofront del presidente sul pacchetto fiscale servono allora a poco, le proteste vanno ben al di là di questo.
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