Il 56 per cento della superficie degli oceani sta cambiando colore, avvicinandosi al verde.
È quanto emerge da uno studio condotto dal Centro nazionale di oceanografia di Southampton.
Questo fenomeno non sarebbe avvenuto in assenza di cambiamenti climatici.
Ci hanno insegnato che la Terra è il pianeta blu, perché è coperta al 70 per cento dall’acqua degli oceani. Ma, in realtà, quest’acqua sta diventando sempre più verde. Un fenomeno che non è naturale bensì figlio di una serie di fattori, anche climatici, per i quali l’influenza umana è preponderante. È quanto emerge da uno studio condotto dal Centro nazionale di oceanografia di Southampton, in Inghilterra, e pubblicato su Nature.
Cosa dice lo studio sul colore degli oceani
I ricercatori hanno preso in esame le immagini satellitari registrate dalla Nasa nell’arco di vent’anni, tra il 2002 e il 2022, analizzando lo spettro dei colori degli oceani. L’arco temporale è di per sé rilevante perché, prima di questo studio, si riteneva che per poter riscontrare un cambiamento fossero necessari i dati su almeno trent’anni.
I risultati sono altrettanto degni di nota. “I dati satellitari che abbiamo studiato rivelano un cambiamento nel colore di una significativa porzione degli oceani, che rappresenta un’area più grande di tutte le terre emerse”, spiega B.B. Cael, primo autore dello studio. Per la precisione, il 56 per cento delle acque sta diventando più verde, soprattutto alle latitudini tropicali ed equatoriali.
“Le simulazioni che abbiamo condotto al computer suggeriscono che questi cambiamenti nel colore possano essere dovuti ai cambiamenti climatici. L’auspicio è che questa pubblicazione ispiri nuovi lavori sulle loro cause e conseguenze”, continua Cael.
What does the colour of the Ocean tell us about climate change and life in the deep? 🎨
Find out from our experts what their latest research unveiled and why the Ocean is going green 🌎
— National Oceanography Centre (@NOCnews) July 13, 2023
Perché c’entrano i cambiamenti climatici
Il verde infatti è dovuto al plancton, cioè a quell’insieme di organismi acquatici galleggianti che vengono trasportati dalla corrente e dalle maree. Per la precisione a quello vegetale, il fitoplancton (esistono anche lo zooplancton e il bacterioplancton, composti rispettivamente da piccoli animali e da batteri). Esso è alla base della catena alimentare degli ecosistemi oceanici. Inoltre, secondo il Panel intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Ipcc), è in grado di stoccare una percentuale compresa tra il 5 e il 17 per cento dell’anidride carbonica assorbita dagli oceani entro la fine del secolo.
Se le popolazioni di fitoplancton assorbono e diffondono la luce in modo diverso rispetto a vent’anni fa, significa che hanno subito dei cambiamenti. Cambiamenti che non si sarebbero verificati in assenza di riscaldamento globale, stando ai modelli informatici usati dai ricercatori. Secondo alcuni studio, l’aumento delle temperature porterà a una predominanza di un fitoplancton di dimensioni inferiori. Quest’ultimo però è meno capace di assorbire anidride carbonica. Verrebbe quindi compromesso un servizio ecosistemico fondamentale.
Secondo il Tribunale internazionale del diritto marittimo i governi hanno l’obbligo di lottare contro i cambiamenti climatici. Ecco cosa può cambiare ora.
Si chiama Amoc, ovvero Atlantic meridional overturning circulation. È il sistema di correnti oceaniche che gioca un ruolo essenziale per regolare il clima.
Uno studio basato su dati raccolti da spugne calcaree nell’oceano indica che il riscaldamento globale potrebbe già essere più grave di quanto ipotizzato.
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