Tutti parlano della dieta mediterranea, ma in pochi la conoscono davvero. Ecco in cosa consiste e come possiamo recuperarla. L’incontro di Food Forward con gli esperti.
Come sta cambiando la geografia delle coltivazioni con i cambiamenti climatici
Mais, riso, caffè, cacao e vino: quali sono le coltivazioni più a rischio per i cambiamenti climatici nel mondo e in Italia.
- L’aumento delle temperature e la mancanza d’acqua legati ai cambiamenti climatici compromettono sempre più le coltivazioni.
- In futuro il clima influenzerà negativamente l’agricoltura specialmente nei paesi a basse latitudini.
- Coltivazioni come riso, mais, caffè e cioccolato sono tra le più a rischio con conseguenze sulla sicurezza alimentare e sui fenomeni migratori.
Un doppio filo lega l’agricoltura ai cambiamenti climatici. Da una parte, i sistemi alimentari sono responsabili di un terzo delle emissioni di gas serra di origine antropica che causano il riscaldamento globale: di queste, la maggior parte derivano dall’utilizzo del suolo per l’agricoltura (specie per coltivazioni e allevamento) e dai cambiamenti nella destinazione d’uso dei terreni.
Dall’altra parte, l’agricoltura, data la profonda dipendenza dalle risorse naturali e dalle condizioni climatiche, subisce gli effetti dei cambiamenti climatici: piogge violente, inondazioni, periodi di siccità sempre più frequenti e prolungati, incendi, l’aumento del proliferare di parassiti e malattie e l’innalzamento del livello dei mari danneggiano le produzioni e compromettono i raccolti.
I cambiamenti climatici penalizzano l’agricoltura dei paesi a bassa latitudine
La geografia delle coltivazioni è destinata a modificarsi e questo avrà effetti sulla sicurezza alimentare e sui fenomeni migratori soprattutto nei Paesi dove la sopravvivenza delle popolazioni e l’economia dipendono da poche produzioni. Secondo l’Ipcc, l’agricoltura sarà costantemente e negativamente influenzata dai cambiamenti climatici nei paesi a bassa latitudine e, sebbene alcune regioni ad alta latitudine possano invece essere favorite dai cambiamenti climatici, la qualità del suolo e la disponibilità di acqua potrebbero limitare questo vantaggio. Si prevede che i raccolti diminuiranno con l’aumento delle temperature, soprattutto nelle regioni tropicali e semi-tropicali, e che l’aridità aumenterà in alcune zone dell’Asia meridionale centrale e orientale, e dell’Africa occidentale. Anche la regione del Mediterraneo continuerà a subire una riduzione di produttività.
Gli effetti delle calamità naturali sulla produzione agricola, la quantificazione economica (e nutrizionale) della Fao
Di recente, la Fao ha pubblicato la prima stima globale degli effetti delle calamità naturali sulla produzione agricola, calamità che sono aumentate dalle 100 alle 400 all’anno dagli anni ‘70 all’ultimo ventennio. Secondo il rapporto, negli ultimi trent’anni la produzione agricola e zootecnica ha subito perdite per un valore stimato di 3.800 miliardi di dollari a causa di eventi calamitosi, una cifra pari al 5 per cento del pil agricolo mondiale. Il rapporto riguarda coltivazioni e bestiame, ma le cifre potrebbero essere di gran lunga superiori se fossero disponibili dati sistematici sui sottosettori della pesca, dell’acquacoltura e della silvicoltura.
In particolare, i numeri rivelano che negli ultimi trent’anni i cereali hanno registrato una perdita media di 69 milioni di tonnellate all’anno – pari all’intera produzione cerealicola della Francia nel 2021 – seguite da frutta, ortaggi e zucchero, con perdite medie intorno ai 40 milioni di tonnellate all’anno. Per i prodotti ortofrutticoli, le perdite corrispondono all’intera produzione 2021 del Giappone e del Vietnam. Le calamità hanno inflitto le maggiori perdite collaterali ai paesi a reddito medio-basso, fino al 15 per cento del loro pil agricolo totale. Su scala globale, le perdite stimate dovute a disastri nei sottosettori delle colture e dell’allevamento sono state in media di circa 147 kcal pro capite al giorno negli ultimi 31 anni, una cifra che corrisponde a circa il 6-7 per cento del fabbisogno energetico medio di uomini e donne.
Quali sono le coltivazioni a rischio nel mondo con i cambiamenti climatici
Mais e grano
Secondo uno studio della Nasa pubblicato sulla rivista Nature Food, i cambiamenti climatici potrebbero influenzare la produzione di mais e grano già nel 2030 in uno scenario ad elevate emissioni di gas serra. Si prevede che i raccolti del mais diminuiranno del 24 per cento, specialmente ai tropici, mentre il grano potrebbe potenzialmente registrare una crescita di circa il 17 per cento espandendosi a latitudini più elevate. Da evidenziare che, se da un lato un aumento contenuto della concentrazione della CO2 atmosferica potrebbe migliorare la produttività delle colture, dall’altro diminuisce la qualità nutrizionale di alcuni alimenti: ad esempio, nel grano coltivato a concentrazioni di CO2 in atmosfera maggiori di circa il 32-42 per cento rispetto alle attuali si può avere il 5,9-12,7 per cento di proteine in meno, il 3,7–6,5 per cento in meno di zinco e 5,2–7,5 per cento in meno di ferro.
Riso
La coltivazione di riso è minacciata da inondazioni, siccità, innalzamento dei livelli del mare e aumento delle temperature. Secondo uno studio, in futuro in Cina, il maggior produttore di riso al mondo, il periodo di crescita del riso si accorcerà e la resa diminuirà. Nell’estate 2023 l’India, secondo produttore mondiale di riso, ha bloccato le esportazioni di questo cereale perché le produzioni sono state compromesse, in alcune zone, dall’abbondanza di piogge, in altre, dalla scarsità delle precipitazioni. In Vietnam da tempo le coltivazioni di riso si stanno trasformando in allevamenti di gamberetti.
Caffè e cacao
Secondo le stime dell’Ipcc entro il 2050, i terreni dedicati alla produzione di caffè diminuiranno in tutto il mondo. In Brasile, il più grande produttore di caffè al mondo, un aumento della temperatura di 3°C ridurrebbe di due terzi l’area adatta alla produzione di caffè nei principali stati di coltivazione di Minas Gerais e San Paolo e la renderebbe completamente impossibile in altri. I cambiamenti climatici avranno un impatto significativo entro il 2050 anche sulla produzione di cacao in Africa occidentale dove attualmente Ghana e Costa d’Avorio producono più della metà del cacao globale.
Vino
Secondo i dati dell’Oiv, l’annata 2023 del vino, con 244,1 milioni di ettolitri prodotti nel mondo, è la più scarsa degli ultimi sessant’anni (-7 per cento sul 2022). Da tempo si assiste a una parabola discendente del vino per colpa dei cambiamenti climatici, tra alluvioni, gelate e siccità che compromettono la produzione di uva. L’Italia, tra i paesi più colpiti, nel 2023 ha perso il primato di produttore europeo di vino; produzioni ridotte anche per i grandi produttori del sud dell’equatore: Cile, Australia, Sud Africa, Argentina.
Clima, le coltivazioni a rischio in Italia
Secondo le stime di Coldiretti, nel 2023 in Italia i danni per l’agricoltura legati agli eventi climatici estremi hanno superato i sei miliardi di euro. In particolare si registra un taglio del 10 per cento della produzione di grano, del 14 per cento di quella di uva da vino e fino al 63 per cento delle pere, mentre il raccolto di miele è sceso del 70 per cento rispetto al 2022. Per quanto riguarda il riso (l’Italia produce il 50 per cento di quello europeo), il 2023 ha registrato la produzione più bassa dell’ultimo ventennio.
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