Cop29

Si può scegliere tra crisi energetica e climatica? Ritorna lo spauracchio dei combustibili fossili

“Ipocrita” chiedere ai Paesi UE di non usare i combustibili fossili per riscaldare le abitazioni e muovere l’industria, afferma Timmermans. Transizione energetica in pausa ma non c’è da perdere la speranza.

  • In una recente intervista al quotidiano britannico Guardian, il vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo, Frans Timmermans, ha avallato il ricorso ai combustibili fossili per contrastare gli effetti dell’invasione russa in Ucraina
  • Il proposito è di assicurare abitazioni calde ai cittadini europei e il pieno funzionamento del sistema produttivo UE
  • Non c’è da temere, assicura Timmermans, l’obiettivo di contenimento della temperatura globale non sarà compromesso

L’impennata dei prezzi dell’energia che sta flagellando l’Unione europea porterà con sé “conflitti e guerre molto, molto forti”. Tornare a bruciare combustibili fossili è l’unico modo per scongiurare la deriva in disordini civili nel prossimo inverno, quando per riscaldare le case dei cittadini europei si teme di non poter aprire i rubinetti del gas di Mosca. Il rischio è palpabile, considerata la chiusura per dieci giorni (o forse più) per manutenzione del gasdotto Nord Stream 1, che dalla Russia arriva in Europa occidentale attraverso il Mar Baltico e la Germania. Il ritorno al carbone, comunque, non inficerà l’obiettivo del contenimento dell’aumento della temperatura globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, ribadito al vertice sul clima Cop26 di Glasgow lo scorso novembre.

Lo stop ai combustibili fossili farebbe aumentare le tensioni in UE

C’è da piegare la testa se anche uno dei più ferventi sostenitori della transizione energetica a livello europeo fa un passo indietro. In un’intervista al quotidiano britannico Guardian, Frans Timmermans, il vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo e vicepresidente della Commissione europea, nonché secondo funzionario più anziano d’UE, non ci gira intorno: l’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin non frenerà la transizione energetica ma affrontare le conseguenze del conflitto ha la precedenza sul contenimento degli effetti della crisi climatica. “Se dovessimo dire basta al carbone in questo momento non saremmo molto convincenti per alcuni dei nostri Stati membri e contribuiremmo a far crescere ulteriormente le tensioni all’interno della nostra società”, dichiara Timmermans.

“Prima che al riscaldamento globale si pensi al riscaldamento domestico”

Putin fa più paura del riscaldamento globale? “Se uno dei principali produttori di energia al mondo causa questo scompiglio, come sta facendo la Russia in questo momento, ovviamente il resto del mondo sarà irrequieto” e ciò si rifletterà sulla “possibilità di prendere ulteriori impegni sulla riduzione delle nostre emissioni data”.

“Sono stato in politica abbastanza a lungo, per oltre 30 anni, da capire che la gente si preoccupa soprattutto della crisi immediata e non di quella a lungo termine”, rimarca il funzionario europeo. La Germania ne è l’esempio lampante: alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina, l’economia più forte dell’Ue dipendeva per il 40 per cento del totale di gas consumato dalle importazioni di Mosca mentre oggi è tornato a bruciare carbone per incrementare la produzione di elettricità. E il portavoce del Paese, il cancellerie tedesco Olaf Scholz, spinge nella direzione di un ripensamento collettivo sugli investimenti in progetti legati al gas.

Inflazione e incertezza nei mercati energetici: i combustibili fossili si fanno spazio

“Sarebbe ipocrita” chiedere o imporre a chi possiede combustibili fossili di non sfruttarli per affrontare la sfida immediata di trovare alternative al gas russo, al pari di frenare l’esplorazione in alcune parti dell’Africa, ha ribadito. Prezzi elevati dell’energia e dei carburanti, generi alimentari sempre più costosi, inflazione: l’incertezza non si arresterà, “Putin sta usando tutti i mezzi a sua disposizione per creare conflitti nelle nostre società, quindi dobbiamo prepararci a un periodo molto difficile”. Se scoppieranno disordini civili “non arriveremo di certo dove dobbiamo arrivare” e, anzi, faremo il gioco di Putin.

A livello europeo sembrano esserci ottimi margini di manovra: a discapito delle aspettative, l’Europarlamento ha votato (in seconda battuta), per far rientrare gas e nucleare all’interno della tassonomia europea per la finanza sostenibile.

Agire in maniera strategica? Solo se si spingono le energie rinnovabili

Fermamente contrarie le associazioni ambientaliste: da mesi Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia continuano a ribadire che (ancora più) di fronte alla guerra, all’aumento del costo delle materie prime e ai problemi di approvvigionamento, occorre reagire in modo strutturale e non con soluzioni apparentemente semplici ma che rischiano di perpetuare i problemi dettati dall’inquinamento.

“La soluzione inammissibile è la riapertura delle centrali a carbone: l’Italia gioca non solo la sua credibilità, ma anche molte delle sue riduzioni di gas serra che deve attuare sul rispetto dell’impegno di chiudere tutte le centrali a gas entro il 2025″, evidenziano in una nota stampa congiunta.

Oltre a essere la via più facile, quella dei combustibili fossili, in particolare del gas, è anche quella più gravosa sia in termini ambientali che economici: “L’aumento delle infrastrutture per il gas sarebbe uno spreco di risorse”, considerato anche che i “rigassificatori che abbiamo li paghiamo in bolletta perché sono sottoutilizzati”, rimarcano le associazioni.

Freno tirato sulla Cop27

Tenere al caldo i cittadini europei e garantire il pieno esercizio dell’industria è ora prioritario: al più tardi entro il prossimo 1° novembre Timmermans punta ad annunciare il “fuori pericolo”. E sull’andamento della Cop27, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del prossimo novembre a Sharm el-Sheikh, usa previdenza: le Nazioni che si siederanno al tavolo dei negoziati non hanno ancora elaborato piani incisivi per il contenimento dell’aumento globale della temperatura e “non c’è molta voglia di aumentare gli NDC” , i Contributi determinati a livello nazionale che riflettono la promessa di piani climatici più seri e severi. C’è poi “molta frustrazione nei Paesi in via di sviluppo per i fondi promessi e non ancora pienamente disponibili”. Il carbone dovrà essere usato. Difficile non scoraggiarsi.

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