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Perché i combustibili fossili minacciano la barriera corallina
I cambiamenti climatici causati dai combustibili fossili stanno uccidendo la barriera corallina. Le prove in un reportage fotografico subacqueo.
Oggi è una certezza, i combustibili fossili sono la causa principale dello sbancamento delle barriere coralline. Per anni, si è sostenuto che lo sbiancamento delle barriere coralline fosse causato dall’inquinamento locale. Ma ora i dati confermano che la causa principale che ha portato all’innalzamento delle temperature medie del mare e ha messo in pericolo i coralli del nostro Pianeta è stato l’inquinamento provocato dall’industria dei combustibili fossili. Gli scienziati non hanno rilevato differenze sostanziali tra quanto sta accadendo alle barriere coralline vicine alle aree popolate rispetto a quelle più isolate. I cambiamenti climatici sono la principale causa di morte del corallo nel mondo.
I cambiamenti climatici stanno compromettendo il benessere della barriera corallina
Quanto sia grave e forse irrecuperabile il fenomeno lo testimonia un lavoro promosso da 350.org, un’organizzazione ambientalista internazionale che si batte per il clima e per informare sui rischi dei cambiamenti climatici.
Con l’iniziativa Exxon Killed The Reef promosso da 350.org sono state raccolte fotografie subacquee della Palolo Deep Marine Reserve in Samoa, della Grande Barriera Corallina australiana, della Florida Keys americana e del reef delle Isole Andaman. I danni visibili dello sbiancamento sono evidenti e la causa è l’innalzamento delle temperature della acque degli oceani.
Le verità nascoste dalle compagnie petrolifere
Danni che le compagnie petrolifere e del carbone sapevano di provocare ma hanno preferito nascondere. Fin dal secolo scorso aziende come Exxon sapevano che l’anidride carbonica emessa a livello mondiale dall’utilizzo di combustibili fossili avrebbe potuto riscaldare il Pianeta. Ma, nonostante gli avvertimenti degli scienziati, hanno preferito ignorare i risultati delle ricerche e, anzi, hanno investito le loro risorse per ingannare comunità e cittadini, cercando di alimentare dubbi sulla veridicità del riscaldamento climatico, facendo pressioni per bloccare ogni azione nazionale o internazionale che promuovesse l’uso di auto elettriche o altre iniziative volte all’abbandono dei combustibili fossili.
Un fenomeno in continuo peggioramento
A livello mondiale, lo sbiancamento è iniziato a metà 2014 in Florida, nel Pacifico occidentale. Nel 2015 il fenomeno è diventato globale e si è via via intensificato, segnando il picco maggiore tra 2015 e 2016 a causa di El Niño. In luoghi come la Grande Barriera Corallina nell’Australia del nord, il fenomeno riguarda ormai il 35 per cento dei coralli. In Nord America, la National Oceanic and Atmospheric Administration prevede che le barriere coralline dell’Isola di Guam, delle Isole Marianne Settentrionali, della Micronesia orientale e dell’Isola di Hainan siano le prossime aree destinate a subirlo. Altri fenomeni sono in corso alle Hawaii e in varie aree dei Caraibi.
I danni non sono solo ambientali. Le barriere coralline ospitano più specie per unità di superficie rispetto a qualsiasi altro ambiente marino: una biodiversità che potrebbe essere fondamentale nello studio e nella definizione di nuovi farmaci e che ora è messa seriamente in pericolo. L’innalzamento delle temperature mette a rischio anche i 500 milioni di persone che vivono nelle aree interessate e che vedranno peggiorare le loro condizioni di vita e il valore economico dei loro beni e attività per un valore di oltre 375 miliardi di dollari ogni anno.
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