Expo 2015

Come i farmaci influenzano le colture

Un nuovo studio ha analizzato l’impatto che hanno le sostanze chimiche presenti nei farmaci negli ortaggi di cui ci nutriamo.

I farmaci che utilizziamo hanno benefici sul nostro organismo ma fanno male all’ambiente. Secondo un nuovo studio condotto dalle università di Exeter e Plymouth i medicinali hanno un impatto significativo sulla crescita delle piante influenzando anche la crescita delle colture commestibili.

 

La ricerca, analizzando l’impatto di una serie di farmaci antinfiammatori, ha dimostrato che la crescita degli ortaggi può essere influenzata dalle sostanze chimiche che compongono i farmaci, anche con concentrazioni molto basse nell’ambiente. Lo studio, pubblicato sul Journal of Ecotoxicology and Environmental Safety, si è focalizzato sull’analisi delle piante di lattuga e ravanelli testando gli effetti di diversi farmaci comunemente prescritti, come diclofenac e ibuprofene, due dei principi attivi che rientrano nella famiglia dei farmaci antinfiammatori non steroidei più diffusi, con oltre trenta milioni di prescrizioni giornaliere in tutto il mondo.

 

I farmaci destinati all’uso umano si fanno strada nel terreno e giungono alle piante attraverso una serie di itinerari, principalmente grazie alla cattiva gestione delle acque reflue, ad esempio attraverso l’uso dei fanghi provenienti dal ciclo di depurazione come fertilizzanti e delle acque reflue per l’irrigazione. Dalla ricerca emergono diverse modifiche notate nelle piante commestibili, come il contenuto di acqua, la lunghezza delle radici, la dimensione complessiva e l’efficacia del processo di fotosintesi. Ogni farmaco ha inoltre dimostrato di influenzare le piante in modo molto specifico.

 

“L’enorme quantità di farmaci che usiamo finisce nell’ambiente, ma sappiamo molto poco dei loro effetti sulla flora e la fauna – ha affermato il dottor Clare Redshaw, uno dei principali autori dello studio. – Diventa pertanto essenziale adottare misure volte a limitare l’inquinamento ambientale. In questo studio non abbiamo preso in considerazione l’impatto sulla salute umana, dobbiamo migliorare la comprensione del fenomeno e aumentare i controlli”.

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