Come sono andate le elezioni europee 2019, i risultati (per il clima)

Sfondano Verdi e sovranisti in Europa. Crollano i partiti di una volta. Il risultato è un Parlamento europeo a fette omogenee. I risultati definitivi delle elezioni europee 2019.

I giovani hanno scelto i Verdi europei come partito in grado di guardare al futuro con visione. Come soluzione migliore per costruire una società più equa, verso un green new deal – per usare le parole presenti nel programma politico dello stesso partito – che si fondi sulla lotta contro i cambiamenti climatici, per porre fine alla crisi climatica globale. Così è stato in Germania dove il 34 per cento dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni hanno scelto i Verdi – passati dal 10,7 al 20,7 per cento – grazie al “miglior programma contro i cambiamenti climatici” (o almeno così è stato definito in diversi post pseudo-didattici sui social). E chissà se il secondo sciopero globale per il clima del 24 maggio – che ha portato nuovamente 1,5 milioni di studenti e non solo nelle piazze di oltre 1.600 città di tutto il mondo – ha contribuito al successo degli European greens che non è solo tedesco, ma è anche francese, irlandese, finlandese. Perfino il Portogallo ha eletto il suo primo parlamentare verde, contro ogni aspettativa. I Verdi in Europa guadagnano dunque quasi 20 seggi (69) rispetto al 2014 quando potevano contare su 52 deputati.

In Italia c’è un’altra sfumatura di verde

Questo successo, però, non è italiano nonostante le nostre piazze siano state tra le più affollate al mondo durante i due climate strike. Quasi a conferma del fatto che la popolazione silenziosa, quella che non partecipa alle manifestazioni, è sempre la più numerosa. Il nostro paese, al contrario, è dipendente dai social ed elegge 28 parlamentari nel gruppo politico dei sovranisti (Europa delle nazioni e della libertà, Enf nell’acronimo inglese) grazie all’exploit della Lega che diventa primo partito in Italia. Sorte simile a quella del Rassemblement national della “collega di gruppo” del ministro degli Interni Matteo Salvini: Marine Le Pen. Il partito sovranista francese supera anche il partito del presidente Emmanuel Macron (21 seggi) eleggendo 22 parlamentari nel gruppo Enf.

E sono proprio queste due anime, queste due ali del Parlamento europeo a essersi spiegate a danno dei partiti storici, quelli che una volta venivano definiti establishment. In particolare crollano il Partito popolare europeo e l’Alleanza progressista di socialisti e democratici.

Bruxelles voleva aumentare l’affluenza e ce l’ha fatta

Un’altra vittoria l’hanno conquistata le istituzioni europee che alla vigilia hanno messo in campo tutte le forze comunicative possibili e immaginabili pur di spingere alle urne il numero più alto di europei: ad avere diritto di voto erano oltre 400 milioni di persone. Effettivamente si sono recati alle urne 200 milioni di europei, il 51 per cento degli aventi diritto. Quasi il 9 per cento in più rispetto al 2014 grazie a un aumento dell’affluenza in paesi come Germania e Francia. Questo è un successo enorme per la più grande assemblea internazionale a elezione diretta al mondo.

PaeseAffluenza 2014Affluenza 2019
Europa42,6150,95
Italia57,2256,09
Austria45,3959,30
Belgio89,6489,00
Bulgaria35,8430,83
Cechia18,2028,72
Cipro43,9744,99
Croazia25,2429,65
Danimarca56,3266,00
Estonia36,5237,60
Finlandia39,1040,70
Francia42,4350,97
Germania48,1061,50
Grecia59,9757,73
Irlanda52,4449,30
Lettonia30,2433,60
Lituania47,3552,55
Lussemburgo85,5584,10
Malta74,8072,60
Paesi Bassi37,3241,80
Polonia23,8343,00
Portogallo33,6731,01
Regno Unito35,6037,00
Romania32,4449,02
Slovacchia13,0522,74
Slovenia24,5528,29
Spagna43,8164,34
Svezia51,0753,30
Ungheria28,9743,36

La “farsa” del Regno Unito

E poi c’è il Regno Unito. Uno stato che ha partecipato alle elezioni europee 2019 “per sbaglio”, cioè solo perché incapace – come hanno dimostrato le dimissioni di Theresa May – di portare a termine il processo di uscita dall’Unione europea: Brexit. E quando ci riuscirà donerà i suoi seggi, in proporzione, ai paesi più popolosi dell’Ue. Tre in più andranno all’Italia (per un totale di 76). Elezioni “farsa” che non potevano che premiare un partito “farsa”, quello di Nigel Farage, già leader dello Ukip (Partito per l’indipendenza del Regno Unito), e ora alla guida del Brexit party, un partito che probabilmente non ha neanche il numero di iscritti per coprire tutti i seggi conquistati al Parlamento di Strasburgo.

elezioni europee 2019
La bandiera europea nella sede della Cdu in Germania © Sean Gallup/Getty Images

È un’Europa sempre più eterogenea quella uscita dalle elezioni del 2019, completamente diversa da quelle di 40 anni fa, del 1979, le prime in assoluto. Se la torta di una volta era ben divisa tra due schieramenti, quello rosso (socialista) e quello blu (popolare), oggi è una torta arcobaleno che ha dovuto inventarsi nuovi colori pur di rappresentare tutte le forze in campo (verde, giallo, grigio, nero).

(Ah, e anche qui i britannici hanno eletto 5 parlamentari verdi in più, 11, del 2014).

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Cosa succederà ora? 5 anni a tappe ravvicinate

Creare una “maggioranza” per decidere come sarà la nuova Commissione europea – oggi costituita per 22 commissari su 28 grazie a una “grande coalizione” tra popolari e socialisti – non sarà facile visto che i due grandi gruppi non costituiscono più la maggioranza assoluta dell’assemblea, neppure uniti. E allora è facile pensare a una Commissione che rispecchi le varie anime del Parlamento che lavori, diciamo così, a progetto. Ovvero che lavori a singole proposte, più che a un programma quinquennale. La speranza è che le proposte più facilmente e velocemente adottabili continuino a essere quelle per il clima, per la biodiversità, per il Pianeta. Perché l’Europa è questo: un vecchio continente che continua a essere all’avanguardia grazie al buon senso. Nella sua versione originale, non in quella da campagna elettorale.

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