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La Commissione europea porta l’Ungheria in tribunale perché criminalizza il diritto d’asilo
L’Ungheria è stata deferita alla più alta corte europea dopo che il governo guidato dal primo ministro Viktor Orbàn ha ristretto i requisiti di ammissibilità per i richiedenti asilo e ha trasformato l’aiuto ai rifugiati in reato penale. Vietato chiedere asilo politico La legge in questione è stata emanata nel 2018 ed è conosciuta come Stop
L’Ungheria è stata deferita alla più alta corte europea dopo che il governo guidato dal primo ministro Viktor Orbàn ha ristretto i requisiti di ammissibilità per i richiedenti asilo e ha trasformato l’aiuto ai rifugiati in reato penale.
Vietato chiedere asilo politico
La legge in questione è stata emanata nel 2018 ed è conosciuta come Stop Soros, in riferimento all’imprenditore americano-ungherese George Soros, finanziatore di gruppi per diritti umani e per questo inviso ai nazionalisti. Tale legge impedisce alle persone di chiedere asilo se entrano in Ungheria da un paese terzo in cui la loro vita e libertà non sono a rischio. Nella pratica, tale restrizione comporta che nessuno dei richiedenti risulti idoneo a presentare domanda, dal momento che difficilmente un rifugiato può entrare su suolo ungherese direttamente dallo stato da cui sta cercando di scappare. La stessa legge impedisce a persone e organizzazioni di fornire assistenza ai richiedenti asilo.
Per questo Bruxelles ha inviato al governo ungherese una lettera formale, già nel luglio 2018, come primo passo nel perseguire le procedure di infrazione, e ha ribadito le preoccupazioni a gennaio 2019, offrendo al governo ungherese un’altra opportunità per rispondere. Risposta che a oggi non è ancora pervenuta, come spiega la stessa Commissione: “Dopo aver analizzato la risposta delle autorità ungheresi, la Commissione ha ritenuto che la maggior parte delle preoccupazioni sollevate non siano state ancora affrontate”.
L’Ungheria “criminalizza” il diritto d’asilo
“Questi motivi di inammissibilità riducono il diritto di asilo in un modo che non è compatibile con il diritto europeo o internazionale”, continua la Commissione. Infatti, come spiega in un articolo il quotidiano Politico, per vietare il sostegno a coloro che chiedono asilo, la legge consente alle autorità ungheresi di vietare alle persone che si ritiene “facilitino l’immigrazione clandestina” di trovarsi entro otto chilometri dai confini del Paese. Ciò include le persone che effettuano il monitoraggio delle frontiere o distribuiscono informazioni.
La Commissione ha anche affermato che invierà a Budapest una lettera di avvertimento sul trattamento dei migranti detenuti nelle zone di transito di frontiera, il primo passo di un processo che potrebbe culminare in un caso giudiziario, dal momento che – come afferma un dirigente dell’Unione europea – le condizioni di detenzione “non rispettano le condizioni materiali stabilite nella direttiva rimpatri e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”. In particolare, il portavoce si riferisce al rifiuto da parte delle autorità ungheresi di dare cibo a persone in attesa di rimpatrio che si trovano nelle aree di transito ungheresi al confine con la Serbia.
Nel settembre 2018 già il Parlamento europeo aveva deferito l’Ungheria al Consiglio europeo, ai sensi dell’articolo 7 del Trattato di Lisbona. L’articolo 7 contiene la misura che sanziona i paesi membri ritenuti in contrasto con i valori fondanti dell’Unione Europea, togliendogli il diritto di voto. Ora si attende di conoscere la data per la prima udienza dinanzi al Consiglio Affari generali.
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