La finanza ha la fondamentale responsabilità di traghettare i capitali verso la transizione energetica. Se ne è discusso al Salone del Risparmio 2022.
Una promossa e tante bocciate, le compagnie assicurative investono troppo nelle fossili
Nel 2016, le principali compagnie assicurative europee, tra cui l’italiana Generali, hanno investito qualcosa come 130 miliardi di dollari nel settore dei combustibili fossili.
Se non fossero quattordici, le si potrebbe chiamare “quella sporca dozzina”. Sono le compagnie di assicurazioni europee che a più di un anno dall’accordo di Parigi ancora fanno affari con le fonti fossili. Lo rivela un recente rapporto della società di consulenza olandese Profundo, realizzato per l’ong The sunrise project. Secondo Profundo, le 14 delle 15 principali compagnie assicurative europee hanno investito nel 2016 la somma astronomica di 130 miliardi di dollari nei combustibili fossili. Non solo, undici di loro hanno messo le loro competenze di assicuratori al servizio dei promotori di progetti di estrazione di combustibili fossili quali il carbone.
Una sola eccezione: l’italiana Unipol
Quattordici su quindici, dicevamo. Perché c’è un’eccezione: il gruppo bolognese Unipol è l’unico fra i quindici maggiori gruppi assicurativi europei che non soltanto non investe un euro nelle fonti fossili, ma che ad oggi non assicura nessuna impresa che tragga ricavi dallo sfruttamento del carbone. Per giunta, gli analisti sottolineano come dal 2014 Unipol disponga di un gruppo di lavoro interdisciplinare per studiare l’impatto del cambiamento climatico sulle sue attività per meglio prepararsi e coglierne le eventuali opportunità. La compagnia sta per esempio sviluppando una polizza per coprire il rischio alluvioni e ha già commercializzato prodotti dedicati alla copertura assicurativa degli impianti fotovoltaici.
Generali bocciata
Sotto la lente di Profundo è finita un altro assicuratore italiano: la storica compagnia triestina Generali. Il numero uno delle assicurazioni in italia e l’undicesima più grande compagnia al mondo per attivo non ne esce benissimo. Sulla base del 10% degli investimenti complessivi che l’ong ha potuto tracciare, emerge che nel 2016 il gruppo abbia investito almeno 2,53 miliardi di euro nei combustibili fossili. L’ong Re:common ha approfondito la posizione del numero uno italiano delle assicurazioni. In un rapporto dal titolo “Passo Falso”, l’ong analizza in particolare un investimento di 33,8 milioni di dollari nella Polska Grupa Energetyczna (Pge). La compagnia polacca produce l’85 per cento della propria energia a partire da carbone rifornendosi di lignite, il carbone più inquinante, nelle gigantesca miniera di Bełchatów, tra le più grandi del Vecchio Continente, e quella di Turów. Non solo, Generali risulta anche fra le trenta compagnie assicurative chiamate a coprire i danni da inquinamento – per un importo compreso fra i 725 milioni e i 4,5 miliardi di dollari – provocati dalla compagnia statunitense Duke Energy.
Le compagnie europee fanno una pessima figura…
Nello studio di Profundo si trovano purtroppo compagnie assicurative che fanno molto peggio di Generali. I nomi dei tre assicuratori più esposti nel finanziamento delle fossili sono tutti ben noti al pubblico italiano. Si tratta infatti della tedesca Allianz, con 59 miliardi di dollari, della francese Axa, con 34,3 miliardi e della britannica Aviva, staccata con 14 miliardi di investimenti nelle fossili. Rispettivamente la seconda, la prima e l’ottava compagnia di assicurazioni al mondo per valore di attivo nel 2016. Se si aggiunge, per completare il quadro, che una ricerca del centro Ceres ha mostrato che le 40 più importanti compagnie assicurative statunitensi hanno investito almeno 459 miliardi di dollari nel settore delle energie fossili si ha una misura del ritardo preso globalmente dal settore assicurativo.
…ma Axa fa un primo passo
“Le compagnie di assicurazioni dovrebbero aiutarci a gestire i rischi e proteggere le comunità. Ma procrastinando le azioni sul clima, stanno favorendo il genere di impatti catastrofici dai quali dovrebbero proteggerci”
John Hepburn, direttore esecutivo di The sunrise project è categorico. La sua ong ha lanciato insieme a Les amis de la terre, Greenpeace Switzerland, Market forces, l’italiana Re:Common, il Sierra club e la tedesca Urgewald la campagna #UnfriendCoal che chiede al mondo delle assicurazioni di evitare di investire in quelle compagnie che ricavano più del 30 per cento dei loro redditi dal carbone. Un primo modesto passo nella buona direzione l’ha fatto proprio una delle tre compagnie europee più esposte nel finanziamento delle fossili. La francese Axa ha infatti recentemente affermato che d’ora in avanti coprirà solo in casi eccezionali i rischi di compagnie che traggano più della metà dei loro ricavi dall’estrazione o la combustione di carbone.
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