Mancano 3.700 GW per centrare l’obiettivo di triplicare le rinnovabili, secondo Ember. Ma ora c’è chi teme un rallentamento della crescita solare dopo anni.
La comunità energetica di Babcock Ranch non ha subito i danni causati dall’uragano Ian
Il complesso residenziale inaugurato nel 2017 è energeticamente autosufficiente e progettato per resistere agli uragani. “Qui non è mai mancata l’elettricità, i danni sono stati minimi”.
A circa venti chilometri dalla costa, nell’area di Fort Myers in Florida, sorge una piccola comunità di circa un migliaio di abitazioni di diverse dimensioni. Babcock Ranch, così il nome del complesso residenziale, non ha subito danni una volta che l’uragano Ian ha toccato la costa, ormai una settimana fa. Mentre oltre 2,5 milioni di cittadini sono rimasti senza elettricità e circa un milione senza acqua potabile, gli abitanti di Babcock Ranch non sono mai stati disconessi dalla rete elettrica, internet ha continuato a funzionare, così come l’accesso all’acqua. Tutto ciò grazie all’intuizione di un ex giocatore di football, che ritiratosi dai campi, decise circa 16 anni di fa di realizzare una cittadina a prova di uragano, alimentata quasi esclusivamente con l’energia fotovoltaica, e resiliente ai cambiamenti climatici. L’intuizione arriva nel 2006 a Syd Kitson, che acquista i quasi 38mila ettari dell’area a pochi chilometri dal Golfo del Messico, proprio per realizzare un progetto residenziale di quella che oggi definiremmo come una comunità energetica. Così già nel 2020 la “cittadina” finì nei media internazionali come la prima città americana interamente alimentata da fonti rinnovabili.
Babcock Ranch, fotovoltaico e adattamento ai cambiamenti climatici
Ma come funziona in pratica Babcock Ranch? Per prima cosa Kitson vendette circa 30mila ettari allo Stato della Florida per realizzare una riserva naturale, dopodichè mise a disposizione altri 178 ettari alla Florida Power & Light per la realizzazione di un parco fotovoltaico composto da più di 700mila pannelli, capaci di produrre più energia di quanto necessittasse il complesso. Nei primi anni di sviluppo del complesso i costi per gli accumuli erano ancora troppo elevati, di conseguenza lo scambio di elettricità funzionava un po’ come “lo scambio sul posto” qui in Italia, in modo tale da compensare l’energia prodotta in un certo momento della giornata, con quella prelevata dalla rete (quando non c’è il sole o quando la nuvolosità è piuttosto accentuata) in un momento differente da quanto viene prodotta. Oggi però, come riporta CleanTechnica, la società energetica ha già installato le prime unità per lo stoccaggio, realizzando delle vere e proprie microgrid.
Ma l’intera area non è solo energeticamente autosufficiente, ma è stata progettata proprio per resistere agli eventi estremi, o comunque ridurne gli effetti. Sorge infatti ad un’altitudine di circa sette metri sul livello del mare più alta rispetto alle città sulla costa, mentre tutto il sistema di gestione delle acque superficiali sono state progettate per sfruttare i sistemi naturali, come canali e reticoli minori, per contenere i flussi; l’elevata naturalità delle zone circostanti permettono inoltre di drenare e ridurre il flusso delle acque in caso di inondazione. Anche alberi e arbusti sono stati scelti in modo tale da restistere a tempeste e incendi, tanto che dai testimoni del posto si legge che sia caduto solamente “qualche albero qua e là”. C’è poi tutta la progettazione delle case che deve rispettare degli elevati standard per resistere a venti a quasi 250 km/h, tanto che dopo il passaggio dell’uragano si sono regiustrati pochissimi danni. “La corrente e internet non si sono mai spente, nessun allagamento e danni minimi”, ha detto Kitson interpellato dall’Atlantic. Quin infatti anche le linee elettriche e internet sono interrate per evitare danni causati dal vento.
Riprogettare i territori per resistere agli eventi estremi
L’abbiamo visto con l’alluvione che ha colpito le Marche, o quella che ha devastato Germania e Belgio nel 2021: territori fortemente antropizzati, senza piani di intervento capillari e modulati sugli eventi estremi, sono destinati ad accusare non solo enormi perdite economiche, ma anche di vite umane. Ripensare le aree urbane fa parte di quell’adattamento di cui si necessità per ridurre gli effetti degli eventi meteorologici estremi, che sappiamo possono essere più intensi e frequenti, spesso improvvisi. Non basta più lavorare in emergenza, e serve comprendere come aree urbane e rurali siano intrinsicamente collegate tra loro. Ne è un esempio il piano messo a lungo termine messo a punto dalla città di Copenaghen, denominato Cloudburst, che prevede la creazione di circa 300 aree che possono fungere da spazi ricreativi quando non piove e come collettori d’acqua in caso di eventi estremi. Si tratta di aree verdi che saranno progettatte e costruite all’interno della capitale per raccogliere le acque meteoriche, impedendo che queste provochino allagamenti. Inoltre sono previsti la realizzazione di spazi pubblici che possono essere utilizzati dai cittadini durante la bella stagione, come campi da gioco o skatepark, ma che si trasformano in bacini idrici ogni volta che le alluvioni minacciano la città.
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