La nuova edizione del Climate change performance index constata pochi passi avanti, da troppi paesi, per abbandonare le fossili. Italia 43esima.
Comunità energetiche rinnovabili: un passo verso un futuro sostenibile
Le comunità energetiche rinnovabili sono indispensabili per la transizione ecologica e hanno vantaggi ambientali, economici e sociali. Ecco come funzionano.
Le comunità energetiche rinnovabili rappresentano un concetto innovativo che sta guadagnando sempre più attenzione nel contesto della transizione ecologica verso un sistema energetico più sostenibile. Queste comunità sono costituite da gruppi di persone, aziende o entità locali che collaborano per generare, condividere e distribuire energia rinnovabile in modo più efficiente ed equo. Si tratta quindi di un’associazione tra cittadini, attività commerciali, pubbliche amministrazioni locali e piccole/medie imprese, capace di mettere in pratica un approccio decentralizzato alla produzione e distribuzione dell’energia, in cui i membri della comunità possono essere produttori, consumatori o entrambi, i cosiddetti “prosumer”.
Cos’è e come funzionano le comunità energetiche rinnovabili
Le Comunità energetiche rinnovabili (Cer) sono state introdotte in Italia con il decreto Milleproroghe 162/2019, che ha recepito le linee guida della Direttiva europea Red II. La definizione di comunità energetiche prevede siano installati impianti a rinnovabili con una potenza complessiva inferiore a 200 kW, e che l’energia prodotta sia consumata “sul posto”, oppure stoccata in sistemi di accumulo. L’impianto deve essere connesso alla rete elettrica a bassa tensione, attraverso la stessa cabina di trasformazione a media/bassa tensione da cui la comunità energetica preleva anche l’energia di rete.
Uno dei modelli più semplici e diffusi di comunità energetica è quello dell’autoconsumo collettivo, ossia di una comunità composta da clienti finali e/o produttori situati nel medesimo edificio o condominio. Le componenti essenziali di una comunità energetica sono:
- uno o più soggetti produttori (o attivi), cioè proprietari degli impianti di produzione;
- un insieme di soggetti consumatori (o passivi), che utilizzano virtualmente l’energia dell’impianto di produzione;
- una figura di coordinamento (referente).
Lo scambio di energia tra produttori e consumatori avviene in maniera virtuale, attraverso la rete elettrica nazionale. Non tutti i soggetti coinvolti sono infatti necessariamente collegati fisicamente agli impianti di produzione condivisi. I dati di produzione e consumo saranno poi ricostruiti in modo esatto e puntuale. Il concetto alla base di questo nuovo modello energetico è infatti l’autoconsumo virtuale.
Perché sono importanti
Come già detto, la comunità energetica è un’associazione volontaria di cittadini, enti o imprese che decidono di collaborare per produrre e condividere energia rinnovabile, con vantaggi economici immediati per la comunità, oltre che ambientali e sociali per tutti. Vediamo quali sono i benefici in questi termini.
Prima di tutto c’è un beneficio per l’ambiente. Le comunità energetiche svolgono un ruolo cruciale nell’accelerare la transizione verso fonti energetiche più pulite e nell’affrontare le sfide legate ai cambiamenti climatici. In primis perché offrendo la possibilità di condividere in rete l’energia rinnovabile concorrono nel processo di riduzione della dipendenza da fonti fossili e quindi delle emissioni di gas serra.
Poi promuovono l’efficienza energetica: infatti, queste comunità incentivano la produzione locale di energia, il monitoraggio dei consumi e la condivisione di soluzioni innovative. Si tratta di un esempio di resilienza energetica, specialmente in situazioni di emergenza o interruzioni della rete elettrica. L’efficienza energetica di un immobile, inoltre, va nella direzione auspicata dalle disposizioni europee, oltre a far aumentare il valore economico dell’immobile.
Infine, le comunità energetiche promuovono partecipazione e coinvolgimento: coinvolgendo in prima persona i membri nella produzione e gestione dell’energia, le comunità energetiche rinnovabili promuovono la partecipazione attiva e la consapevolezza ambientale legate alle questioni energetiche, tra l’altro in un momento storico in cui i prezzi dell’energia sono cresciuti tanto da divenire insostenibili per le famiglie.
Come detto, oltre a quelli ambientali, i benefici sono anche economici e sociali: economici, perché mettere in rete l’energia si traduce in una riduzione della bolletta energetica (soprattutto se condominiale) e nella possibilità di vendere l’energia fotovoltaica prodotta a terzi; sociali, poiché la creazione di una comunità attenta alla sostenibilità ambientale promuove la diffusione di modelli di inclusione e collaborazione in grado di generare benefici per il territorio e per le persone che lo abitano.
La creazione di una comunità energetica rinnovabile è anche una delle soluzioni per contrastare la povertà energetica, perché consente di integrare tutti i consumatori, a prescindere dal loro reddito, contribuendo a ridurre i costi per l’approvvigionamento elettrico e sostenendo di conseguenza anche i soggetti più fragili.
Quindi, riassumendo, i benefici per il consumatore sono:
- usufruire di energia rinnovabile anche senza possedere un impianto fotovoltaico;
- risparmiare sul costo della bolletta, grazie all’uso di energia in condivisione;
- incentivare la creazione di impianti di energia rinnovabile anziché fossile.
I benefici per il produttore di mettere in condivisione il proprio impianto, invece, sono:
- poter accedere alle tariffe incentivanti;
- valorizzare l’energia elettrica non direttamente autoconsumata;
- contribuire attivamente alla transizione energetica e al contrasto della povertà energetica.
Chi può far parte di una comunità energetica
Per avviare una comunità energetica, è essenziale costituire un’entità legale tra i futuri membri, preferibilmente sotto forma di associazione riconosciuta o cooperativa. Successivamente, occorre individuare una località vicina ai consumatori in cui installare l’impianto di produzione energetica. Le comunità energetiche possono assumere diverse forme e l’impianto può essere di proprietà di uno o più membri o addirittura di terzi. Ad esempio, una piccola impresa potrebbe installare un impianto fotovoltaico sul proprio sito di produzione e condividere l’energia prodotta con i cittadini del comune che scelgono di far parte della comunità.
Una volta che l’impianto è operativo, la comunità può richiedere gli incentivi previsti al Gestore dei servizi energetici (Gse). Gli incentivi sono concessi solo per l’energia condivisa all’interno della comunità, ossia quella consumata dai membri nello stesso momento della produzione, “sul posto”. Qualora la produzione superi il consumo, la comunità riceve il valore economico dell’energia eccedente. Questa energia può anche essere immagazzinata in sistemi di accumulo, come le batterie agli ioni di litio, per essere utilizzata in momenti in cui le fonti rinnovabili non sono disponibili o durante picchi di domanda.
Cosa dice la normativa sulle comunità energetiche
L’articolo 42bis del decreto Milleproroghe già citato definisce giuridicamente le comunità energetiche. L’obiettivo principale non è la ricerca del profitto personale, ma il beneficio collettivo a livello economico, sociale ed ambientale. Questo mette in luce l’importanza dell’idea di comunità, dove ogni individuo contribuisce per il bene comune. Gli accordi per la vendita di energia sono basati su contratti di natura privata. Al momento le comunità energetiche in Italia si possono costituire solo a valle della stessa cabina di trasformazione MT/BT, cioè di media-bassa tensione, per impianti singoli con potenza inferiore ai 100kW e nell’insieme non superiore a 200KW, attivati successivamente al 1 marzo 2020. Tuttavia, in futuro, questo modello si espanderà, offrendo a un numero maggiore di persone la possibilità di partecipare a questa rivoluzione energetica.
In questa direzione vanno le novità introdotte: possono aderire alla comunità energetica anche impianti da fonti rinnovabili già esistenti alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 199/2021: le nuove comunità energetiche potranno avere al massimo il 30 per cento della potenza complessiva derivante da impianti già esistenti.
Infine, c’è poi una bozza di decreto presentata dal Mase (Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica), nella quale si prevedono risorse a fondo perduto per le nuove costituzioni. Nello specifico, chi creerà una Cer o si assocerà potrà ottenere una tariffa incentivante sulla quota di energia condivisa da impianti a fonti rinnovabili. La potenza finanziabile è pari a 5 GW complessivi, con un limite temporale fissato a fine 2027. Nel caso dei contributi a fondo perduto, la misura è finanziata con 2,2 miliardi di euro del Pnrr e punta a realizzare una potenza complessiva di almeno 2 GW e una produzione indicativa di almeno 2.500 GW/h all’anno. I contributi sono riservati alle comunità realizzate nei comuni sotto i cinquemila abitanti, con l’erogazione fino al 40 per cento dell’investimento.
Il Progetto Sostenibilità di Iren
Un recente progetto di comunità energetica rinnovabile è quello che sorgerà in provincia di Parma, grazie alla collaborazione tra Iren luce gas e servizi e BBVA Italia. Infatti, la business unit commerciale del Gruppo Iren e il gruppo bancario multinazionale spagnolo hanno di recente annunciato la nascita del “Progetto Sostenibilità” per la realizzazione di una nuova comunità energetica rinnovabile a Baganzola, a pochi chilometri da Parma, in un condominio di edilizia convenzionata del consorzio Parma 80. L’iniziativa è stata avviata proprio in queste settimane e prevede l’installazione sul tetto del condominio di un impianto fotovoltaico di potenza complessiva pari a circa 26 kWp.
Grazie all’installazione di pannelli fotovoltaici sarà possibile produrre energia 100 per cento green, evitando l’emissione in atmosfera di 20 tonnellate di CO2 all’anno e riducendo, al contempo, le spese delle bollette energetiche per gli utenti.
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