Ci sono comunità a misura di orso sull’Appennino, dove si sperimenta una nuova coesistenza

Siamo stati tre giorni tra borghi, vallate e foreste dell’Appennino centrale, per vedere le misure adottate per favorire la coesistenza tra uomini e orsi marsicani.

“Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”, scriveva George Orwell. L’orso è, indubbiamente, tra questi e non sarà mai considerato un animale come gli altri. L’orso bruno, con la sua peculiare capacità di cristallizzare i nostri sogni ed emozioni, è probabilmente l’animale che ha dato origine al maggior numero di miti e racconti nella storia umana.

Circa quattromila anni fa la vasta popolazione di orsi bruni che popolava le foreste di tutta Europa, a causa della massiccia deforestazione operata dai primi agricoltori neolitici, si ridusse a una serie di gruppi più piccoli. Uno di questi rimase isolato nell’Appennino centrale e iniziò a differenziarsi, dando vita ad una sottospecie: l’orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus).

L’orso marsicano, l’abitante più iconico e carismatico delle foreste appenniniche, è uno degli animali più rari del mondo ed è classificato in pericolo critico di estinzione dalla Lista rossa dell’Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn).

Orso bruno marsicano,Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise
L’orso bruno marsicano è nella lista degli animali in via di estinzione © Giancarlo Mancori/ Salviamo l’Orso

Per proteggere questa sottospecie endemica, unica e preziosa, minacciata soprattutto dall’impatto antropico, stanno nascendo le Comunità a misura di orso, un progetto che incoraggia le azioni da parte delle comunità, delle attività commerciali e degli individui per prevenire il conflitto uomo-orso ed esplorare nuove forme di coesistenza, unica strada possibile per salvare l’orso marsicano dall’estinzione.

Siamo andati in Appennino centrale, dall’11 al 13 ottobre, per partecipare al press tour del progetto Life Bear-Smart Corridors e per vedere come le comunità locali stiano sperimentando una nuova convivenza con gli ultimi orsi dell’Appennino, la cui enigmatica prossimità innalza la concezione delle nostre stesse esistenze.

Riserva naturale Monte Genzana
Veduta della Riserva Naturale Regionale Monte Genzana Alto Gizio, un’area di grande importanza per l’orso bruno marsicano © Lorenzo Brenna/LifeGate

Lo schivo signore delle montagne

“L’orso si salverà, perché l’orso è… l’orso”, ha affermato Maurizio Carfagnini, apicoltore ed ex maresciallo del Corpo Forestale, oggi in pensione, tradendo una fede incrollabile e una reverenza che ha qualcosa di sacro, nei confronti di questo animale. Come se questa parola, composta da due sillabe, “or” “so” (la cui etimologia va ricercata nelle lingue indoeuropee primitive, che designavano l’orso con il termine orks, da cui sono poi derivate le forme arktos in greco antico e ursus in latino), da sola fosse sufficiente a spiegare la millenaria storia di una fascinazione e di un rapporto, spesso ambivalente, che affonda le proprie radici in un passato remoto.

Fin dalla preistoria i plantigradi, per quanto temuti, godevano di particolare considerazione e nei miti sono diventati creature cosmogoniche, legate al ciclo del tempo, per via della loro capacità di ibernarsi, e con un rapporto privilegiato con il mondo soprannaturale, erano forse ritenuti intermediari tra il mondo degli uomini e il mondo animale. Secondo la ricercatrice Elena Man-Estier, “la posizione e il carattere spesso isolato delle raffigurazioni di orsi ci inducono a pensare che questo animale avesse acquisito, in certi siti, e forse in certe culture, uno status particolare all’interno del bestiario paleolitico”.

In Abruzzo, più che in altri luoghi, il rapporto con l’orso è ancora oggi una questione identitaria e culturale, la presenza di questo carismatico mammifero permea questi luoghi e la luce dorata che sembra irradiare il suo mantello riverbera nelle comunità che vi abitano. Tuttavia, ha affermato Luciano Sammarone, direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (Pnalm), “è sbagliato parlare di “modello Abruzzo”, come si è fatto dopo la tragica morte di Andrea Papi, da contrapporre a quello trentino. L’uccisione dell’orsa Amarena ci ha riportati coi piedi per terra”.

Questo modello non esiste, o meglio, non è perfetto, ha ancora molte lacune, ed è per questo che è necessario lavorare con le persone, per questo lo strumento delle Comunità a misura di orso rappresenta una preziosa risorsa, per proteggere l’orso e le comunità stesse.

Corridoi di coesistenza per vivere accanto all’orso marsicano

L’orso è un animale che necessita di un ampio territorio e, per espandere il proprio areale e colonizzare nuove aree, ha bisogno di corridoi ecologici in cui muoversi in sicurezza. Quanto sta accadendo all’orso bruno marsicano che, in maniera graduale ma decisa, sta uscendo dalla propria core area, storicamente localizzata all’interno dei confini del Pnalm, proprio perché “il territorio del parco è saturo, non può ospitare più orsi di così”, ha spiegato Vincenza di Pirro, veterinaria del parco.

Per favorire tale espansione, vitale per la sopravvivenza a lungo termine di questi animali, è stato istituito Life Bear-Smart Corridors, un progetto co-finanziato dall’Unione europea che mira a favorire l’espansione dell’orso bruno marsicano in Appennino centrale e dell’orso bruno europeo in Grecia, che ospita la popolazione di plantigradi più meridionale d’Europa.

Il progetto, che ha avuto inizio nel 2022 e che ha una durata quinquennale, è coordinato dall’organizzazione Rewilding Europe e i partner italiani sono: Rewilding Apennines, Salviamo l’Orso, il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, il comune di Pettorano sul Gizio, il Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga e il Parco Regionale Sirente Velino.

riproduzione orso marsicano
Riproduzione di femmina di orso bruno con piccolo davanti la sede della riserva © Lorenzo Brenna/LifeGate

Educare alla presenza dell’orso

L’espansione dell’orso, inevitabilmente, fa sì che questo grande mammifero faccia la sua comparsa in aree in cui non era presente, o comunque risultava assente da tempo. “La reazione alla presenza dell’orso è differente a seconda delle comunità – ha affermato Serena Frau, biologa e coordinatrice dei volontari e responsabile delle attività di campo dell’associazione ‘Salviamo l’orso’. – Ci sono sia quelle abituate alla presenza dell’orso, più preparate e inclini alla convivenza, che quelle in cui l’orso si sta affacciando solo ora, per cui occorre un altro tipo di comunicazione. Abbiamo notato che, soprattutto nelle zone al di fuori dei confini del parco, si avverte un vuoto di comunicazione tra persone e istituzioni. Noi cerchiamo di colmare questo vuoto”.

Come diventare una comunità a misura di orso

Il concetto di Bear-Smart Community (Comunità a misura d’orso) è stato mutuato dal Canada, dove è nato con l’obiettivo di ridurre i conflitti tra uomini e orsi e rendere possibile la coesistenza. I volontari di Rewilding Apennines e Salviamo l’Orso si sono recati nella Columbia Britannica proprio per studiare questo approccio e replicarlo nell’Appennino centrale, dove i pochi orsi rimasti sono costretti a vivere in territori caratterizzati da una forte presenza umana. Oggi le Comunità a misura d’orso nei corridoi ecologici ricadono nei territori del Genzana, Valle Roveto e Alto Molise, ma molte altre stanno nascendo anche nei Parchi Nazionali d’Abruzzo, Lazio e Molise e Gran Sasso e Monti della Laga.

La creazione di una Comunità a misura di orso richiede un approccio olistico che coinvolga tutti i membri della comunità, prevede diversi passaggi e, per essere realmente efficace, dovrebbe normare numerosi aspetti legati al rapporto uomo-orso, come avviene in Canada.

“È innanzitutto necessario rimuovere o mettere in sicurezza qualsiasi fonte potenziale di cibo facilmente accessibile che potrebbe attirare gli orsi nelle aree urbane, fornendo misure di prevenzione dei danni come recinzioni elettrificate, pollai e cassonetti a prova d’orso – ha affermato Angela Tavone, responsabile della comunicazione di Rewilding Apennines. – È inoltre prevista l’istituzione di un comitato locale, composto da varie figure della comunità e portatori di interesse, e di Bear Intervention Units (Biu) a livello locale, con un numero verde dedicato per segnalare danni o la presenza dell’orso e offrire un intervento rapido e competente per risolvere i conflitti nel miglior modo possibile”.

Altrettanto importante è promuovere l’accettazione sociale degli orsi sviluppando modi per le comunità di beneficiare, anche economicamente, della presenza di questi animali, ad esempio grazie all’ecoturismo e alla promozione di territori fuori dagli abituali flussi turistici e offrendo supporto alle imprese basate sulla natura nei corridoi o nelle aree limitrofe.

Altre misure adottate sono, ad esempio, la potatura e gestione di piante da frutto abbandonate in montagna, finalizzata all’incremento delle risorse alimentari per l’orso, o le campagne di vaccinazioni gratuite e microchippature per i cani da lavoro e da guardiania degli allevamenti, che hanno l’obiettivo di impedire che le patologie tipiche dei cani possano diventare una minaccia anche per l’orso. O, ancora, l’installazione di dispostivi volti a ridurre gli incidenti stradali con la fauna selvatica (che è tra le principali cause di mortalità dell’orso marsicano. In media almeno un orso all’anno muore in seguito a collisioni con veicoli) e la chiusura e messa in sicurezza di pozzi e vasche in cui potrebbe annegare la fauna. Tra il 2012 e il 2018, in una sola vasca per la raccolta dell’acqua, nel territorio del comune di Villavallelonga, sono annegati cinque orsi.

Per evitare che gli orsi prendano l’abitudine di alimentarsi nei paesi, perdendo la diffidenza nei confronti dell’uomo, è infine necessario raccogliere la frutta matura prima che cada dagli alberi ed eventualmente quella già caduta.

riserva pettorano gizio
La Riserva Naturale Regionale Monte Genzana Alto Gizio ha un’estensione di 3164 ettari e ricade interamente nel territorio del Comune di Pettorano sul Gizio © Lorenzo Brenna/LifeGate

Pettorano sul Gizio, un paese a misura di orso

Pettorano sul Gizio è un paesino arroccato alle pendici del versante orientale del monte Genzana, all’estremo sud della valle Peligna e affacciato sul fiume Gizio. Come tanti, troppi altri paesini dell’Appennino sta subendo un notevole spopolamento. Ci sono molte seconde case, ma la popolazione residente nel centro storico è di appena trecento anime (il comune, complessivamente, conta circa 1.300 abitanti). Quest’area sta però diventando una zona di presenza stabile dell’orso marsicano e qui è nata la Comunità a misura d’orso Genzana.

“Pettorano era, fino ad alcuni anni fa, un corridoio utilizzato dagli orsi per spostarsi. Ora fa invece parte a tutti gli effetti della core area”, ci ha detto Mario Finocchi, presidente della società cooperativa Valleluna, che dal 2016 ha acquisito la gestione della Riserva naturale regionale Monte Genzana Alto Gizio.

La riserva rappresenta un unicum, è infatti l’unica riserva regionale che ha un centro abitato all’interno dell’area protetta. “Anche la decisione di dislocare la sede della riserva nella piazza principale è un segnale – ha continuato Mario Finocchi – essere prossimi significa essere presenti, in concreto. Chi entra qui riceve un servizio sociale. Facciamo comunità. Questo ente ha scelto di essere realmente aperto”.

Gli strumenti per la coesistenza

A Pettorano abbiamo avuto l’occasione di vedere un cancello a prova di orso, uno dei primi installati a protezione di un pollaio in Abruzzo, e i cassonetti a prova di orso. Rewilding Apennines ha acquistato oltre cento cassonetti a prova d’orso con i fondi del progetto Life, e li sta distribuendo nelle Comunità a misura d’orso. “Il primo obiettivo è renderlo non ribaltabile, per impedire che l’orso ci entri – ha spiegato Angela Tavone. – Deve essere inaccessibile alla forza e all’intelligenza dell’orso, e, al tempo stesso, accessibile all’intelligenza umana (abbiamo dovuto scrivere “per favore, chiudere dopo ogni utilizzo”, visto che spesso li abbiamo trovati aperti). Al momento sono stati installati in sei paesi, sia nel parco che nei corridoi”.

I prototipi dei cassonetti vengono testati nell’area faunistica dell’orso di Campoli Appennino, che ospita degli esemplari di orso bruno provenienti dai Balcani e salvati da situazioni di degrado. Per aprire il cassonetto è necessario ruotare una manopola, e l’orso non è in grado di eseguire tale movimento.

Una delle azioni sul campo più frequenti per Rewilding Apennines e Salviamo l’Orso è l’installazione delle recinzioni elettrificate a favore delle persone che ne fanno richiesta. Il recinto elettrico è un dispositivo di semplice realizzazione ma di grande efficacia nella prevenzione e mitigazione dei conflitti tra le attività umane e la fauna selvatica e rappresenta pertanto un fondamentale strumento di coesistenza tra le persone e gli animali. I recinti hanno una funzione dissuasiva per l’orso e, se correttamente utilizzati, non sono pericolosi, né per le persone né per gli animali, consentendo al contempo di mettere in sicurezza allevamenti, apiari e orti.

Gli orsi, tuttavia, sono dotati di una sorprendente intelligenza e di grande creatività e capacità di adattarsi. “L’orso impara continuamente e si adatta agli strumenti che adottiamo per ridurne i danni – ha detto Claudio Manco, del servizio tecnico del Pnalm. – La dissuasione esercitata da tali recinti è solitamente efficace. Risulta inefficace solo se un orso lo attraversa di corsa, a capofitto. Vuol dire che è molto motivato e sa che troverà del cibo, ma avviene raramente. Le recinzioni funzionano, ma non rappresentano la soluzione per garantire la coesistenza. La soluzione prevede un adattamento e un’evoluzione di tipo culturale. Dobbiamo comportarci come si fa con un sisma: non cerco di prevederlo un’ora prima, bensì di adattarmi per tempo”.

Scanno, il paese dei fotografi e… dell’orsa Gemma

Il secondo giorno del nostro viaggio giungiamo a Scanno, una delle otto Comunità a misura di orso nel Pnalm, nonché il paese dove sono state adottate più misure preventive per ridurre i danni dell’orso e all’orso. Qui abbiamo la conferma di come l’orso, come pochi altri animali, possa polarizzare le posizioni e suscitare una grande varietà di emozioni. L’orso, anzi, l’orsa, nella fattispecie, ha un nome: Gemma.

“Gemma è un’orsa che fa parlare di sé da almeno dieci anni (oltre 15 ormai, il libro è stato pubblicato nel 2019 nda) – ha scritto Daniele Zovi nel libro Italia selvatica – per questa sua passione smodata per le case, le strade dei centri abitati, i pollai, le conigliere, gli orti e gli alberi da frutto. Dopo le sue visite a pollai, cantine e case, Gemma è diventata il banco di prova dell’attivazione da parte dell’ente parco di tutte le procedure da adottare nel caso di orsi “confidenti”.

Abbiamo incontrato due pasticcieri che ci hanno ricordato come la percezione dell’orso possa variare: Angelo di Masso, che nel 2014 lanciò una raccolta firme per proporre di insignire della cittadinanza onoraria di Scanno l’orsa Gemma, e Ilario Notarmuzi, titolare di un biscottificio e promotore, sempre nel 2014, della raccolta firme, per rimuovere l’orsa Gemma. “La presenza dell’orso marsicano arricchisce il territorio in cui viviamo – ha affermato Angelo di Masso – e la sua tutela è una responsabilità condivisa, dobbiamo proteggerlo anche noi cittadini”. Di altro avviso è invece Notarmuzi. “Qui l’orso non lo vuole ammazzare nessuno. Però quello che abbiamo qui non è più un orso, è un cane. Un tempo l’orso aveva timore dell’uomo, e quando lo incontrava fuggiva. Ora sembra aver perso quel timore. Gli orsi problematici andrebbero rinchiusi o allontanati e riportati in montagna”.

La soluzione, tuttavia, non può essere quella di rimuovere l’altro. Abbiamo ormai perso in larga parte il contatto con gli abitanti del mondo selvatico. Un giorno vivevamo fianco a fianco, condividendo (o contendendoci) ambiente e risorse. Animali tra animali, specie che convivono secondo antichi equilibri. Poi un giorno, senza rendercene conto, in un lasso di tempo ridicolamente breve, considerata la storia della vita sulla Terra, ci siamo isolati, abbiamo iniziato a erigere barriere, sia fisiche che mentali, tra noi e gli altri animali. La nostra frenetica rincorsa alla crescita cieca e illimitata ci ha isolato, ha contribuito a ottundere i nostri sensi. Dobbiamo però ricordare la stretta relazione tra la salute degli ecosistemi e la nostra.

Viviamo in un territorio speciale che, a differenza di molti altri luoghi, ha ancora la sua grande fauna. Questo è fonte di gioie e dolori. Siamo animali, né più né meno di orsi e lupi. Viviamo grazie agli ecosistemi e ai servizi che ci forniscono. A questo contribuisce anche l’orso.

Daniela D’Amico, responsabile comunicazione Pnalm

“È una specie bandiera (cioè una specie affascinante e carismatica capace di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica), da cui dipendono molti altri animali e la cui scomparsa, a cascata avrebbe effetti negativi su molte specie, compresa la nostra”, ha detto Daniela D’Amico, responsabile della comunicazione del Pnalm, in occasione dell’evento “Comunità a misura d’orso: C6?”, evento pubblico svoltosi presso il municipio di Scanno con l’obiettivo di coinvolgere la comunità locale e far continuare a crescere la consapevolezza di vari portatori di interesse sui molteplici aspetti della coesistenza uomo-orso”.

“Questo progetto mira a far compiere ai cittadini di questo territorio un salto di consapevolezza – ha continuato. – Siamo abituati a correre dietro alle emergenze, vale anche per gli orsi, se ne parla molto quando fanno danni, meno in altri periodi. Però dobbiamo parlare quando non siamo arrabbiati. “La gente crede solo a quello che già sa”, diceva Umberto Eco, e questo è terribile. Questo incontro può contribuire a dissipare alcuni luoghi comuni e fornire strumenti per approfondire la conoscenza di questi nostri vicini a quattro zampe”.

“Quello delle Comunità a misura di orso è il primo progetto Life a beneficio sì dell’orso, ma che si focalizza sulle persone, sulle comunità, appunto – ha concluso Luciano Sammarone. – Questo progetto rappresenta una sfida e vuole dare voce e forza a chi abita il territorio. Dobbiamo trovare nuove strade, poiché da soli non si va lontano. Per questo enti e associazioni devono lavorare insieme. Senza l’orso in Abruzzo le cose non sarebbero uguali, non solo da un punto di vista biologico, ma anche da un punto di vista culturale e identitario.

orme lupo
Orme di lupo nella foresta © Lorenzo Brenna/LifeGate

Verso l’Alto Molise, sulle tracce dell’orso marsicano

Seguendo la sua indole errabonda e la vocazione di colonizzare nuovi territori, l’orso marsicano sta frequentando da alcuni anni, e con crescente frequenza, l’Alto Molise, considerato un territorio di espansione della specie. Qui è stata istituita una nuova Comunità a misura d’orso, la prima del Molise, che comprende i comuni di San Pietro Avellana e di Vastogirardi.

Con la collaborazione di Rewilding Apennines e Salviamo l’Orso, sono state eseguite azioni di messa in sicurezza di apiari e allevamenti, e sono stati inoltre organizzati eventi informativi per sensibilizzare la popolazione, particolarmente importanti poiché gli abitanti non sono abituati alla presenza dell’orso. “C’è stata una risposta positiva da parte della popolazione, che ha mostrato interesse e curiosità – ha affermato Simona de Caprio, sindaca di San Pietro Avellana. – Qui abitano molte specie, significa che il nostro territorio è sano e la presenza dell’orso rappresenta un ulteriore arricchimento”.

Nel comune di Vastogirardi abbiamo infine partecipato all’inaugurazione del punto informativo della Comunità a misura di orso Alto Molise, all’interno della Riserva della biosfera Unesco Collemeluccio-Montedimezzo Alto Molise. “Sarà importante per il nostro territorio, poiché contribuirà ad ampliare conoscenza e diffondere consapevolezza”, ha dichiarato la vicesindaca di Vastogirardi, Marisa Bisciotti, in occasione della cerimonia di inaugurazione del punto informativo.

pastore abruzzese
Cucciolo di pastore abruzzese. Il lavoro di questi cani in difesa delle greggi contribusice a mitigare i conflitti tra allevatori e predatori © Lorenzo Brenna/LifeGate

Un futuro per l’orso marsicano

Le aree protette hanno svolto un ruolo fondamentale nella conservazione dell’orso bruno marsicano. “Senza tale istituzione (il parco nazionale) la razza del pacifico carnivoro d’Abruzzo che, innocuo eremita, vive i suoi giorni solitari negli annosi boschi della Marsica, sarebbe definitivamente scomparsa”, scriveva Erminio Sipari nel lontano 1926.

Oggi la sopravvivenza di questo possente e al contempo fragile carnivoro, ultima sentinella di un mondo selvaggio e misterioso, è ancora legata ad un filo sottile e, per certi versi, è un miracolo che questa creatura sia arrivata fino a noi, sopravvivendo in un Paese così densamente popolato. La sfida, che non possiamo permetterci di perdere, è quella di salvare gli ultimi orsi degli Appennini, e perpetuare questo miracolo. Per farlo dobbiamo, innanzitutto, provare a cambiare la mentalità della gente, capire che uomini e orsi possono coesistere e che, forse, hanno bisogno gli uni degli altri, considerato che da oltre 70mila anni intrecciano il proprio cammino. Senza dimenticare mai, come ha scritto il naturalista e filosofo svizzero Robert Hainard, che “una foresta senza orsi non è una vera foresta”.

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