Con Gulfi il Nero d’Avola diventa verde

In Sicilia, in provincia di Ragusa, Gulfi ha individuato e acquisito le vecchie vigne ad alberello dell’area di Pachino, nelle sue contrade più antiche e rinomate, in Val di Noto: Maccari, Bufaleffi, Baroni e San Lorenzo. Luoghi da sempre noti ai viticoltori locali e rappresentativi dell’eccellenza produttiva dell’area, utilizzati da tempo per dare vigore e

In Sicilia, in provincia di Ragusa, Gulfi ha individuato e acquisito le vecchie vigne ad alberello dell’area di Pachino, nelle sue contrade più antiche e rinomate, in Val di Noto: Maccari, Bufaleffi, Baroni e San Lorenzo. Luoghi da sempre noti ai viticoltori locali e rappresentativi dell’eccellenza produttiva dell’area, utilizzati da tempo per dare vigore e carattere ai vini del nord Italia e della Francia. E’ qui che sono nati Neromaccarj, Nerobufaleffj, Nerobaronj e Nerosanlorè, espressione dei territori che li generano, vini che affiancano quelli nati sul territorio di Chiaramonte Gulfi: un bianco e due rossi prodotti con il 100 per cento di Nero d’Avola.

 

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Foto © www.gulfi.it

 

E poi ci sono i vini nati in territori diversi e particolari come ad esempio il Reseca, prodotto da un piccolo, antico vigneto di Nerello Mascalese nel territorio di Randazzo, a 850 metri di altezza. Proviene esclusivamente da viti allevate ad alberello, arrampicate su per la montagna etnea in nere terrazze di pietra lavica, che affondano le loro radici nel primordiale suolo del vulcano più alto d’Europa: l’Etna.

 

La coltivazione ad alberello (bio)
Si tratta dell’unica forma di allevamento della vite che permette, in un clima così estremo, di ottenere vini di grande finezza e complessità, che si integra perfettamente con l’ambiente naturale e che non necessita di prodotti chimici invasivi e d’irrigazione. Un vigneto ad alberello è di difficile gestione, la coltivazione è totalmente manuale: ma è da qui che parte il viaggio di Gulfi nel territorio siciliano. Per custodirlo e per preservare una viticoltura rispettosa dell’ambiente, in equilibrio con l’ecosistema che la circonda, Gulfi ha scelto di lavorare su vitigni autoctoni, da secoli adattati a queste terre, con coltivazione ad alberello non irrigato e seguendo il metodo dell’agricoltura biologica.

 

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Foto ©  www.gulfi.it

 

“Scrive l’azienda nelle pagine del suo sito web: “Per la gran parte dei consumatori, la scelta del biologico è una scelta sinonimo di qualità: il prodotto biologico è un prodotto dai sapori genuini, espressione veritiera di un territorio. La resa per ettaro di coltivazioni biologiche è nettamente inferiore a quella che fa uso di prodotti chimici come diserbanti o fertilizzanti. Questo porta ad un costo più alto dei prodotti, ma allo stesso tempo è l’unico mezzo per esprimere l’emozione dei sapori veri della natura. Per una restante parte di consumatori, la scelta del biologico è una scelta di rispetto della natura: coltivare biologico significa inquinare meno, o non inquinare affatto. Questa scelta viene associata al concetto di “naturale”, inteso come derivato dalla natura, e in quanto tale valore in sé. Ma quanti consumatori hanno la precisa consapevolezza che la scelta del biologico significa prima di tutto una scelta a favore della propria salute? Eppure questo è l’aspetto più profondo ed essenziale del biologico. Dal punto di vista del produttore, la scelta di produrre biologico è prima di tutto una scelta a favore del singolo consumatore, perché mangiare biologico significa ingerire meno nitrati, meno pesticidi, meno insetticidi, cioè meno prodotti cancerogeni. Scegliere biologico significa fare una scelta a favore della propria salute, fisica e mentale”.

 

Su wineverse è possibile trovare i vini Gulfi

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