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Il concerto di beneficenza per la Palestina è stato un successo. E ce ne sarà un altro
Il concerto milanese per Gaza, un successo di pubblico e raccolta fondi, è stata la presa di posizione più forte contro il genocidio della scena musicale italiana.
La sensazione è che se avessero partecipato tutti gli artisti che volevano (e i biglietti fossero stati illimitati) il concerto di beneficenza per la Palestina “Nessun dorma” si sarebbe trasformato in una piccola Woodstock italiana. La battuta l’ha fatta anche qualcuno degli organizzatori dal palco, ma in fin dei conti non sarebbe stato così irreale.
Quando lo scorso luglio è stato annunciato l’evento di raccolta fondi per la Striscia di Gaza nella cornice del Circolo Magnolia, che di persone ne ospita migliaia, i biglietti sono andati sold out in poche ore. E nelle settimane successive ai 14 artisti presenti in scaletta se ne sono aggiunti molti altri che non hanno partecipato per questione di tempi e spazi, ma hanno intimato la propria fanbase a partecipare. Alla fine sono stati raccolti 40mila euro e più e ci sarà un secondo capitolo a Bologna, il 25 ottobre. Segno che dopo le prime avvisaglie del festival di Sanremo il mondo della musica italiana ha deciso di schierarsi, unito, contro il genocidio di matrice israeliana.
Nessun dorma per la Palestina
La line up era quella delle grandi occasioni. Chadia Rodriguez, Coez (con comparsata non annunciata di Frah Quintale), Cosmo, Dente, Ditonellapiaga, Francesca Michielin, Laila Al Habash, Mannarino, Ministri, Popolous, Queen of Saba, Vasco Brondi, Venerus e Willie Peyote. Tutti insieme per una causa comune: raccogliere soldi per la popolazione palestinese di Gaza, messa in ginocchio da undici mesi di assedio israeliano che ha causato finora oltre 40mila morti.
L’idea è venuta a Nur Al Habash, direttrice italo-palestinese della Milano Music Week, che insieme a Circolo Magnolia, DNA Concerti, Panico Concerti, Petricore Sounds, Epic Milano e heART PROJECT hanno contattato diversi artisti perché prestassero la loro musica a una causa umanitaria prima ancora che politica. I biglietti sono andati sold out nel giro di poche ore, anche diversi artisti non presenti in line up hanno dato il loro endorsement all’evento e un normale lunedì sera di metà settembre si è trasformato nella più grande presa di posizione della scena musicale italiana, per ora, contro il genocidio in corso nella Striscia di Gaza.
La formula dell’evento era semplice: usare l’arte, in questo caso la musica, per sensibilizzare la società civile. Ma anche per un fine ancora più concreto, raccogliere fondi per una delle peggiori tragedie umanitarie della storia. “Calvino diceva che è importante cercare e sapere riconoscere quello che in mezzo all’inferno non è inferno, farlo durare e dargli spazio. Ecco credo che una serata così sia esattamente questo, in mezzo all’inferno non essere inferno, occuparsi l’uno dell’altro ma anche di una situazione disastrosa un po’ più lontana da noi che non possiamo che sentire nostra”, le parole a LifeGate di Vasco Brondi, tra gli ospiti dell’evento. Ai microfoni di LifeGate è arrivata anche Francesca Michielin, secondo cui “un evento come quello di questa sera serve a ripristinare quello che è il ruolo della musica, aggregare le persone e sensibilizzare su delle tematiche che spesso non vengono trattate così tanto dal mainstream”.
Nuovo appuntamento a Bologna
Tra il pubblico sventolavano bandiera della Palestiina, la kefiah faceva capolino al collo di tantissime persone, molti esibivano la maglietta a tema comprata nel piccolo shop di fianco al palco. Tutti gli incassi della serata – biglietti, shop, bar – sono stati destinati in beneficenza, mentre un QR code sullo schermo dietro al palco rimandava a una raccolta fondi per continuare a donare. Solo con i biglietti sono stati raccolti 40mila euro, molti altri sono arrivati nel corso della serata. Fondi destinati a Medici senza frontiere, Medical Aid for Palestinians e Mezzaluna Rossa, tre organizzazioni che tra mille ostacoli stanno offrendo supporto umanitario alla popolazione di Gaza.
“Penso si tratti di un sentimento di condivisione, di partecipare, esserci e in un certo senso di sedersi da una parte della storia, è importante anche fare questo”, ha spiegato a LifeGate Laila Al Habash. “La partecipazione enorme delle persone, la data sold out in poche ore, tutti i soldi che sono stati raccolti sono un simbolo molto forte, tangibile, di quello che le persone pensano, di come una certa parte della popolazione sente questa causa e questa tragedia che coinvolge tutti perché finché non sarà libero il popolo palestinese non lo sarà nessun altro sulla Terra”. Come ha aggiunto a LifeGate Ditonellapiaga, “Credo che quest’anno sia stato abbastanza fondamentale per quanto riguarda la mobilitazione collettiva di artisti. Ci sono persone che l’hanno fatto su un palco importantissimo come quello di Sanremo e il fatto che ci sarà un altro evento di questo tipo perché c’erano troppi artisti che volevano partecipare e aderire ne è una testimonianza”.
In effetti dal palco del Magnolia gli organizzatori hanno già annunciato una nuova tappa dell’evento. Il 25 ottobre toccherà a Bologna, con una lineup che non è stata ancora svelata, ma che in fin dei conti è la cosa meno importante. Quel che è più rilevante è che il mondo della musica italiana ha deciso di fare squadra contro il genocidio a Gaza, di alzare la voce in coro come mai aveva fatto fino a ora. Più che un grido isolato, sembra l’inizio di un percorso condiviso. Non solo tra artisti, ma anche tra gli artisti e la società civile. Perché come hanno sottolineato i Queen of Saba dal palco, “vedremo una Palestina libera. Dall’occupazione, dall’apartheid, dal genocidio. Questo movimento che è nato non si fermerà più”.
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