Brandon Bernard, arrestato nel 1999, è stato giustiziato in Indiana. È la prima esecuzione in 130 anni ad avvenire durante la transizione presidenziale.
Il suo nome era Brandon Bernard. Afroamericano, Bernard è la penultima vittima degli “omicidi di stato”, quello americano in questo caso, dove l’uomo ha subìto la pena di morte nonostante da 130 anni le esecuzioni fossero sospese durante la transizione presidenziale, che è attualmente in atto e si concluderà solo il 20 gennaio 2021.
Bernard, 40 anni, è stato giustiziato nella notte di giovedì 10 dicembre in Indiana, dove era detenuto nel braccio della morte. Le sue ultime richieste di clemenza erano state respinte dalla Corte suprema, dove era stato condannato per un omicidio a cui aveva partecipato nel 1999, da adolescente. L’uomo è così divenuto il più giovane detenuto ad essere giustiziato in settant’anni. A distanza di sole 24 ore ha subìto la stessa sorte anche Alfred Bourgeois.
#BrandonBernard's lawyer just released this statement as the Bureau of Prisons plans to proceed with his execution, expected to begin shortly. pic.twitter.com/OZbzBy6vhw
La scelta, fino all’ultimo, di Trump: avanti con le condanne a morte
Bernard è stato dichiarato morto giovedì alle 21:27 ora locale (3:27 ora italiana) in un penitenziario nella città di Terre Haute. Le sue ultime parole sono state le scuse rivolte alla famiglia delle vittime. Bernard era stato condannato a morte per il suo coinvolgimento nell’omicidio di due persone nel giugno 1999. Faceva parte di un gruppo di cinque adolescenti che avevano rapinato le due vittime, per poi costringerle a salire sul retro della loro macchina in Texas, prima di ucciderle. A fare fuoco era stato un complice diciannovenne di Bernard, mentre lui poi aveva incendiato l’automobile. Secondo gli avvocati della difesa, la coppia era già morta prima dell’incendio.
Ancora recentemente i suoi legali avevano chiesto l’ergastolo senza condizionale, perché Bernard era stato un detenuto modello. Non solo, cinque dei nove giurati di quel processo, ancora in vita, avevano domandato al presidente Donald Trump di commutare la condanna a morte di Bernard. Anche la star del piccolo schermo Kim Kardashian, moglie di Kanye West, aveva invitato i suoi follower sui social a sostenere la campagna per fermare l’esecuzione.
Per l’attuale amministrazione è record di esecuzioni
Nonostante sia agli sgoccioli del suo mandato, Trump ha interrotto una consuetudine istituzionale sulle esecuzioni che durava da 130 anni e che le vietava durante la transizione presidenziale. Nel paese la pena di morte è ancora in vigore in 28 stati su 50. Nel 2019 il ministro della Giustizia William Barr ha restituito anche al governo federale la possibilità di imporla, interrompendo una moratoria durata sedici anni. Da notare che i giudici nominati dal governo di Washington possono comminare la punizione estrema solo per un ambito ristretto di reati: alto tradimento, attentati contro il presidente, omicidi di difficile attribuzione territoriale o, infine, crimini collegati al traffico di droga.
Ebbene, nel 2020, in tutto il paese sono state eseguite 17 sentenze, di cui dieci su ordine del dipartimento di Giustizia. Non è finita qui. Barr ha annunciato che da qui al 20 gennaio – giorno dell’insediamento del presidente eletto Joe Biden – sono in programma altre tre esecuzioni. In totale, dunque, diventerebbero tredici quelle stabilite dal governo federale e per trovare una cifra del genere nella storia degli Stati Uniti bisogna risalire al 1896.
As the United States works to advance human rights around the world, we must also recognize that our task begins here at home. My administration is committed to ensuring every person is free to flourish in a society that values and defends equal justice for all. #HumanRightsDay
Se da sempre, anche prima di diventare presidente, Trump ha evocato il patibolo come “il miglior deterrente anti-crimine”, anche dopo la sconfitta alle elezioni di novembre il tycoon vuole marcare la differenza tra la sua dottrina “law and order” e la “debolezza” di Joe Biden che invece ha annunciato di voler bloccare tutte le esecuzioni federali. Il presidente eletto si è detto infatti contrario alla pena di morte e nel suo programma per i quattro anni di governo “intende lavorare per porre fine al suo uso anche nei 28 stati in cui è ancora uno strumento legale”, ha riferito proprio oggi il suo portavoce TJ Ducklo.
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