“Folle”. Un aggettivo che, in Turchia, può fare la differenza tra la libertà di espressione e la censura, così come tra un fragile seppur resiliente pluralismo politico e l’autocrazia esercitata nella maniera più disinvolta e impunita. “Folle” è stata la parola rivolta ai funzionari di Stato dal sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, che nel 2019 vinse per ben due volte le elezioni per guidare la città. L’allora candidato sostenuto dai partiti di opposizione prevalse legittimamente e democraticamente anche dopo un primo annullamento della tornata elettorale che lo aveva visto vincitore, decretato dal governo centrale su volere del presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan. Mercoledì 14 dicembre Imamoglu, da molti considerato il principale oppositore di Erdogan, è stato condannato a due anni e sette mesi di carcere per quella parola pronunciata in pubblico verso coloro che provarono a insabbiare il volere del principale centro economico e culturale del Paese. Una condanna che ora potrebbe costargli la carriera politica, estromettendo uno degli avversari più indigesti ad Ankara.
La débâcle metropolitana di Erdogan alle amministrative del 2019
Il 23 giugno 2019, Erdogan subì quella che resta la più grande sconfitta della sua carriera politica. Il candidato del Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp), Binali Yildirim, ammise la sconfitta nella corsa a sindaco di Istanbul proprio contro Imamoglu, sostenuto da una coalizione di partiti di opposizione. Quelle elezioni erano una ripetizione delle consultazioni locali previste per il 31 marzo, e che già avevano premiato il candidato del principale partito di opposizione.
Con la sconfitta di giugno, avvenuta con un margine addirittura più ampio della precedente, il cuore della Turchia era appena scivolato dalle mani di Erdogan dopo 25 anni, incrinando pesantemente l’aurea di invincibilità del presidente. Se l’esito di quelle elezioni aveva confermato la supremazia dell’Akp nelle province del centro dell’Anatolia e nelle campagne, il Partito popolare repubblicano (Chp) era primo a Istanbul, nella capitale Ankara e a Izmir, la terza città più grande del Paese. Il tentativo di monumentalizzare nelle grandi città il consenso calamitato in periferia, aveva dunque fallito per la prima volta in 16 anni alla guida della nazione.
Il casus belli: l’annullamento delle lezioni per il sindaco di Istanbul e di altri centri in Turchia
Commentando la sua elezione in un discorso pronunciato la sera stessa, Imamoglu ha dichiarò che “16 milioni di abitanti di Istanbul hanno rinfrescato la nostra fiducia nella democrazia e nella giustizia”. Ma se le elezioni avevano rappresentato una disfatta nelle metropoli, un’altra spallata a Erdogan era arrivata dalla vittoria di numerosi rappresentanti della minoranza curda in svariate province. Con un atto unilaterale, Ankara decise di rimuovere decine di sindaci curdi dai loro incarichi, perché accusati di appoggiare il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), sostituendoli con amministratori di nomina statale. La passata di spugna non passo ovviamente inosservata, tanto che Imamoglu definì un gesto “folle” la decisione di annullare i risultati elettorali. Tanto bastò a ricevere una denuncia per insulti a funzionari statali, una violazione prevista dall’ordinamento turco. L’accusa a Imamoglu venne formulata ufficialmente da un procuratore di Stato nel 2021.
Trattandosi di una condanna per un tempo inferiore al minimo che l’ordinamento turco prevede per la detenzione carceraria, Imamoglu non andrà in prigione. Se l’appello non altererà la sentenza del giudice, sarà però rimosso dal suo incarico istituzionale a Istanbul e non potrà ricandidarsi per tutta la durata della condanna.
Un colpo all’opposizione in vista delle presidenziali
In questo modo l’Akp non si troverà di fronte uno dei candidati più quotati a rappresentare la rosa di partiti che compongono l’opposizione – che non ha ancora annunciato il candidato presidenziale –, nonché forse l’unico ad aver dimostrato concretamente di poter battere non una, ma ben due volte il partito al governo alle elezioni. Secondo le previsioni, la Turchia dovrebbe tenere le prossime elezioni presidenzialientro giugno 2023.
Strepitosa in #Turchia,#Akşener, al fianco del sindaco #İmamoğlu a Saraçhane “Anni fa,qui c'era un sindaco (Erdoğan) che fu condannato per aver letto una poesia.Disse:"Questa canzone non finirà qui. Ebbene,ora io ti prometto che anche questa canzone non finirà qui"@RadioRadicalepic.twitter.com/ZWcXUqc0nB
Subito dopo la resa pubblica della sentenza, migliaia di persone si sono radunate fuori dal municipio della città sul Bosforo per mostrare sostegno al primo cittadino: “Questo caso è la prova che non c’è più giustizia in Turchia. Questo caso è gestito da quelle persone che non vogliono portare in Turchia i valori più divini, come la giustizia e la democrazia”, ha detto Imamoglu ai manifestanti.
Il sindaco ha presto ricevuto messaggi di solidarietà da parte dei capi dei partiti di opposizione, che se da un lato potrebbe aver perso un potenziale asso nella manica, dall’altro ha dimostrato di sapersi compattare attorno agli abusi autoritari del governo, chiamato sul versante economico a gestire il quasi raddoppiamento dei prezzi a causa dell’inflazione e la svalutazione della lira turca, che in un anno ha perso oltre la metà del suo valore nel cambio con il dollaro. I prossimi mesi saranno fondamentali per capire se la decisione dei giudici rappresenterà una spallata alle forze di opposizione. Nel mentre, la piazza del municipio di Istanbul urla il contrario.
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