Majid Reza Rahnavard, 23 anni, è stato giustiziato all’alba.
Sono almeno dieci i manifestanti giustiziati nelle ultime settimane in Iran.
La Ue ha emesso nuove sanzioni, dalle quali però sono esclusi i pasdaran.
È stata svegliata alle 7:00 del mattino, la mamma di Majid Reza Rahnavard, con l’indicazione di recarsi al cimitero cittadino perché lì avrebbe trovato il corpo di suo figlio, un ragazzo di 23 anni finito tra i condannati a morte perché aveva partecipato alle proteste in corso dallo scorso 16 settembre in tutto l’Iran contro il regime islamico.
Sono molte le analogie tra la sua morte e quella di Mohsen Shekari, indicato dai mezzi d’informazione come il primo giustiziato dei tanti condannati a morte dalla giustizia iraniana in questi tre mesi: l’età, innanzitutto. E poi l’accusa: “guerra contro Dio”, per aver ucciso due basij, paramilitari al servizio delle Guardie della rivoluzione.
E ancora, un processo farsa e una confessione verosimilmente estorta: Majid Reza, in un video, avrebbe ammesso i reati, ma gli osservatori internazionali nutrono seri dubbi sulla spontaneità della dichiarazione. Di diverso, rispetto all’esecuzione di Shekari, c’è che le immagini dell’impiccagione sono state pubblicate da una agenzia di stampa ufficiale e riprese anche da alcuni media italiani come orribile monito delle repressioni del regime (LifeGate ha deciso di non condividere le immagini ma, per dovere di cronaca, di fornire il link).
Almeno una decina di impiccagioni in Iran
Anche se la stampa europea parla di secondo manifestante giustiziato, in realtà le esecuzioni di manifestanti non violenti effettuate sarebbero già molte di più: almeno 10, secondo il corrispondente di Radio Radicale, Mariano Giustino. Esecuzioni che però non fermano le proteste: una grande folla – scrive ancora Giustino – si è riunita a Javanrood davanti al governatorato della città per protestare contro l’arresto di un’insegnante, Saifullah Hosseini, rea aver sostenuto le proteste popolari.
Una grande folla a #Javanrood si è riunita davanti al governatorato della città per protestare contro l'arresto dell'insegnante #SaifullahHosseini. L'insegnante Saifullah è una delle rispettate personalità di Javanroud che ha sostenuto le proteste popolari in #Iran@RadioRadicalepic.twitter.com/t7KnV18VOk
E le condanne a morte non risparmiano neanche i personaggi più popolari: sono stati condannati alla pena capitale anche un rapper, Saman Seydi, già torturato in carcere, e un ex calciatore, Amir Nasr-Azadani, di 26 anni, per aver preso parte alle proteste contro il regime.
Per Diana Eltahawy, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nordafrica, “la terribile esecuzione pubblica di Majid Reza Rahnavard mette a nudo la giustizia iraniana per quello che è: uno strumento di repressione che manda la gente al patibolo per spargere il terrore e ottenere vendetta sui manifestanti che osano sfidare lo status quo”.
Iranian authorities are resorting to the death penalty as a weapon of political repression.
The international community must take all necessary measures to pressure the Iranian authorities to stop executions and quash death sentences. #Iranpic.twitter.com/lc4OMStNW8
Amnesty ha rivolto un appello alla comunità internazionale “perché prenda tutte le misure necessarie per mettere sotto pressione le autorità iraniane perché mettano fine alle esecuzioni si liberino delle sentenze di morte”.
Le sanzioni timide dell’Unione europea
Per il ministero degli Esteri italiano, l’esecuzione di Majid Reza Rahnavard in Iran “lascia ancora una volta sgomenti. L’Italia, nel ribadire la sua più incondizionata opposizione a pena di morte,condanna fermamente la repressione brutale e inaccettabile violazione diritti umani e libertà fondamentali”.
L'esecuzione di Majid Reza Rahnavard in #Iran lascia ancora una volta sgomenti. L'Italia,nel ribadire la sua più incondizionata opposizione a pena di morte,condanna fermamente la repressione brutale e inaccettabile violazione diritti umani e libertà fondamentali da parte Autorità pic.twitter.com/o4jCRafb7g
E ieri il Consiglio dell’Unione europea ha approvato nuove misure contro l’Iran, incentrate “sull’inaccettabile repressione delle proteste in corso e la situazione dei diritti umani”, ma anche sulla “cooperazione militare dell’Iran con la Russia, compresa la consegna di droni schierati dalla Russia nella sua guerra di aggressione contro l’Ucraina”. Il Consiglio ha aggiunto 20 persone e un’entità pubblica all’elenco delle persone soggette a misure restrittive nel contesto dell’attuale regime di sanzioni in materia di diritti umani in Iran “in considerazione del loro ruolo nella risposta violenta alle recenti manifestazioni in Iran dopo la morte di Mahsa Amini”.
L'#Iran sostiene di aver abolito la polizia morale.
Sarebbe un primo risultato dopo quasi 3 mesi di proteste e brutali repressioni delle forze dell’ordine, con 400 morti e molte condanne a morte.#mahsaami̇ni̇pic.twitter.com/6tn7zsXlqg
Si tratta del terzo pacchetto di sanzioni europee dal 16 settembre, giorno della morte di Mahsa Amini e dell’inizio delle proteste del movimentoWoman, life, freedom. Dalle sanzioni sono però esclusi i veri capi del regime, e perfino i membri delle terribili Guardie rivoluzionarie, i cosiddetti pasdaran, colpevoli finora dell’uccisione di circa 500 manifestanti in tre mesi.
Drogata e stuprata per anni, Gisèle Pelicot ha trasformato il processo sulle violenze che ha subìto in un j’accuse “a una società machista e patriarcale che banalizza lo stupro”.
La scarcerazione di Narges Mohammadi è avvenuta per motivi di salute e durerà tre settimane. Cresce la pressione sul regime dell’Iran per renderla definitiva.
Migliaia di persone sono scese in strada contro la decisione del governo di sospendere i negoziati per l’adesione all’Unione europea fino al 2028. Violenta la reazione delle forze dell’ordine. La presidente della Georgia rifiuta di lasciare il mandato finché non verranno indette nuove elezioni.