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Condizioni di lavoro, le grandi aziende non possono più tacere
Un gruppo di investitori, che hanno in mano 8mila miliardi di dollari, lancia una sfida alle grandi aziende: essere trasparenti sulle condizioni di lavoro.
79 investitori, che complessivamente gestiscono quasi 8mila miliardi di dollari, uniscono le forze e interpellano le più grandi aziende del Pianeta. La richiesta è netta: condividere più informazioni sulle condizioni di lavoro del personale. Non si può più pensare, infatti, di continuare a investire capitali nelle aziende senza preoccuparsi di come si comportano nei confronti dei loro lavoratori. Tanto più dopo aver assistito a episodi drammatici come il crollo dello stabilimento del Rana Plaza, in Bangladesh, costato la vita a oltre 1.100 persone.
La campagna di ShareAction
La campagna prende il nome di Workforce Disclosure Initiative e nasce da ShareAction, una delle più celebri organizzazioni nel panorama della finanza responsabile, con il sostegno del dipartimento britannico per lo sviluppo internazionale. Tra i 79 firmatari, che vengono da dieci paesi diversi, ci sono colossi finanziari del calibro di Schroders, Nordea, South Yorkshire Pensions Authority e Legal and General Investment Management. Per loro è anche un’occasione per dimostrare che comportarsi da investitori responsabili significa occuparsi di ambiente ed energia, ma il versante sociale e quello della governance non sono meno importanti (in gergo infatti si parla di tematiche Esg).
We are proud to have major investor support for ShareAction’s Workforce Disclosure Initiative #WDI >> https://t.co/keTa4ZKGyG pic.twitter.com/9ypDBfCrI8
— ShareAction (@ShareActionUK) 3 luglio 2017
22 pagine di domande
Il 3 luglio è la data del lancio ufficiale della campagna, che corrisponde all’invio di un questionario alle cinquanta più grandi società quotate britanniche e ad altre 25 multinazionali. Nelle 22 pagine dell’indagine, le aziende sono chiamate a fornire una serie di dati sulle condizioni di lavoro dei loro dipendenti. Tra gli argomenti toccati ci sono, ad esempio, le differenze nella retribuzione tra uomini e donne, la percentuale di contratti a tempo indeterminato e quella di precari, il numero di impiegati con il salario minimo.
Troppe zone d’ombra sulle condizioni di lavoro
Il senso dell’iniziativa è chiaro: c’è ancora troppa poca trasparenza sulle condizioni di lavoro, nonostante si tratti di un argomento cruciale. Anche a livello puramente finanziario. Secondo alcune ricerche accademiche condotte sulle aziende statunitensi, ricorda Shareaction, chi ha offerto condizioni di lavoro ottimali ai dipendenti ha garantito ritorni superiori del 2,3-3,8 per cento rispetto alla concorrenza, nel periodo compreso tra il 1984 e il 2011. Nonostante questo – rivela uno studio del 2014 citato dal Financial Times –, se si vanno a scandagliare le 4.609 società quotate più grandi del mondo, si scopre che solo 12 su 100 fanno sapere il tasso di turnover dei dipendenti. E sono ancora meno, vale a dire 11 su 100, quelle che rendono nota l’incidenza degli infortuni.
Foto in apertura © Kevin Frayer/Getty Images
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