Drogata e stuprata per anni, Gisèle Pelicot ha trasformato il processo sulle violenze che ha subìto in un j’accuse “a una società machista e patriarcale che banalizza lo stupro”.
Medio Oriente, summit a Parigi per la pace tra Israele e Palestina
Decine di governi, riuniti in Francia, hanno ribadito la necessità di puntare alla soluzione a due stati per risolvere il conflitto tra Israele e Palestina.
Più di 70 tra governi e organizzazioni internazionali hanno ribadito nel corso di una conferenza tenuta oggi a Parigi la necessità di puntare “all’unica via d’uscita possibile per il conflitto israelo-palestinese”, ovvero il riconoscimento reciproco delle due nazioni.
“Israele e Palestina si astengano da azioni unilaterali”
In un comunicato finale, al termine del summit, i partecipanti alla riunione organizzata dalla Francia hanno esortato infatti le due parti “a dimostrare il proprio impegno per la soluzione a due stati, astenendosi da azioni unilaterali che pregiudicherebbero i risultati dei negoziati, in particolare sui temi delle frontiere, della città di Gerusalemme e dei rifugiati”. Azioni nelle quali i governi riuniti nella capitale transalpina hanno affermato di non riconoscersi.
“Siamo qui per ribadire con forza la necessità di puntare al riconoscimento reciproco”, ha dichiarato il ministro degli Esteri francese Jean-Marc Ayrault. Al contrario, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha parlato senza mezzi termini di “interferenze” e di “conferenza inutile organizzata dai francesi in accordo con i palestinesi, con l’obiettivo di imporre soluzioni incompatibili con le necessità del nostro paese”.
L’ombra dell’amministrazione Trump sui negoziati
La nazione ebraica, non a caso, non ha partecipato alla riunione. Neppure il presidente dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, Abu Mazen, d’altra parte, era presente: è per questa ragione che da Parigi non ci si potevano attendere passi concreti verso un accordo di pace. Si è trattato, piuttosto, della volontà dei partecipanti di inviare un segnale politico, in un periodo contraddistinto da rapporti particolarmente tesi tra Israele e Palestina.
A rendere ancor più esplosivo il contesto c’è poi il progetto annunciato dalla futura amministrazione americana di Donald Trump, che punta a trasferire l’ambasciata degli Stati Uniti da Tel Aviv a Gerusalemme. Una decisione del genere rappresenterebbe una rottura sia con le politiche storiche degli Usa sia con la posizione dell’Onu, che da sempre chiede che la questione di Gerusalemme (la cui porzione orientale fu occupata nel 1967 da Israele e annessa alla stessa nazione ebraica nel 1980) venga risolta attraverso un negoziato.
Netanyahu: “La conferenza un retaggio del passato”
L’ipotesi avanzata da Trump verrebbe accolta come un affronto dai palestinesi, che senza sorprese hanno sostenuto, sebbene a distanza, l’iniziativa della Francia, ricordando il fatto che anni di negoziati con lo stato ebraico non hanno permesso di mettere fine all’occupazione della Cisgiordania. Ayrault ha poi rincarato la dose, etichettando la possibile iniziativa del futuro presidente americano come “una provocazione” e un progetto “dalle conseguenze estremamente pesanti”.
Netanyahu ha invece sottolineato, riferendosi proprio all’imminente insediamento alla Casa Bianca di Trump, che “la conferenza a Parigi è ormai un retaggio del passato”. Più prudente il segretario di Stato americano John Kerry, che ha definito “equilibrato” il comunicato finale pubblicato al termine della conferenza di Parigi. Lo stesso capo della diplomazia americana ha tuttavia telefonato al premier israeliano, per “rassicurarlo”.
Nello stesso comunicato finale è stato indicato che una nuova riunione sarà organizzata “con coloro che desidereranno parteciparvi” entro la fine dell’anno, al fine di fare il punto sugli avanzamenti del processo di pace.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
I ribelli che hanno preso il potere in Siria stanno smantellando la produzione di captagon, la droga che arricchiva il regime di Assad.
Il 15 dicembre una petroliera russa si è spezzata a metà e un’altra è rimasta incagliata, riversando combustibile nello stretto di Kerch.
Nel campo profughi di Burj al-Barajneh, le donne palestinesi preparano pasti e distribuiscono aiuti alle persone in difficoltà nella città di Beirut.
Israele ha approfittato della caduta di Assad in Siria per espandere la sua occupazione del Golan, altopiano dove è presente illegalmente dal 1967.
Un’offensiva dei ribelli in Siria ha rovesciato nel giro di 11 giorni il regime di Assad. Ora si cerca una transizione pacifica del potere.
La scarcerazione di Narges Mohammadi è avvenuta per motivi di salute e durerà tre settimane. Cresce la pressione sul regime dell’Iran per renderla definitiva.
Migliaia di persone sono scese in strada contro la decisione del governo di sospendere i negoziati per l’adesione all’Unione europea fino al 2028. Violenta la reazione delle forze dell’ordine. La presidente della Georgia rifiuta di lasciare il mandato finché non verranno indette nuove elezioni.
Il 28 novembre a Nuuk è atterrato il primo volo diretto internazionale. Un evento storico che ha acceso un dibattito sui rischi del turismo di massa.