Ha 300 anni e può essere visto persino dallo spazio. È stato scoperto nel Triangolo dei Coralli grazie a una spedizione della National Geographic society.
Congo, condannato un bracconiere a 30 anni di carcere. Ha ucciso più di 500 elefanti
In Congo un bracconiere è stato condannato a 30 anni di prigione. L’uomo ha ucciso più di 500 elefanti e ha partecipato a scontri armati contro i ranger.
È una sentenza storica. Una di quelle che può davvero fare la differenza. Un tribunale nella Repubblica Democratica del Congo ha condannato Mobanza Mobembo Gerard, noto come Guyvanho, uno dei più famosi e ricercati bracconieri del paese, a scontare 30 anni in prigione per aver trafficato l’avorio e aver cercato di uccidere alcuni ranger. L’uomo ha assassinato più di 500 elefanti.
Si tratta di una sentenza senza precedenti che rappresenta un incredibile passo avanti nella protezione non solo dei pachidermi, ma di tutte le specie animali minacciate da pratiche vili come il bracconaggio.
È il primo bracconiere ad essere giudicato da un tribunale penale
In passato, questi tipi di crimini venivano giudicati da tribunali civili, con una pena massima di cinque anni. Ma non è stato il caso di Guyvanho che per la prima volta nella storia del paese è stato processato in un tribunale penale e condannato – tra le altre cose – per bracconaggio, traffico illegale di avorio, possesso illegale di armi da fuoco e tentato omicidio di alcuni ranger. Oltre a scontare 30 anni di carcere, dovrà anche versare 38 milioni di franchi africani (circa 60mila euro) ai ranger.
“Questa condanna senza precedenti in una corte penale rappresenta una pietra miliare nella protezione delle specie selvatiche nella Repubblica Democratica del Congo – ha affermato Emma Strokes, direttrice organizzativa regionale della fondazione Wildlife conservation society –. Manda un messaggio estremamente forte che i crimini contro la natura non saranno più tollerati in futuro e verranno perseguiti ai livelli più alti della giustizia”.
Guyvanho ha ucciso più di 500 elefanti in dieci anni
Guyvanho ha iniziato il suo sanguinoso traffico nel 2008, quando era poco più che ventenne, e da allora ha condotto spedizioni in tutta l’Africa centrale, togliendo la vita a più di 500 elefanti e privando le comunità locali di un bene naturale senza eguali. Nella zona è conosciuto come “il macellaio di Nouabale Ndoki”, dal nome del parco dove operava, una riserva di oltre quattromila chilometri quadrati e il rifugio prediletto dei rari esemplari di elefante africano delle foreste (Loxodonta cyclotis).
Le autorità erano sulle sue tracce da tre anni ormai, ma l’uomo era più volte riuscito a sfuggire alla cattura. Nel 2019, insieme alla squadra con cui operava, ha aperto il fuoco contro una pattuglia di ranger che stavano ispezionando il parco, ferendone alcuni.
Una sentenza che potrebbe cambiare la sorte degli animali selvatici
Questo caso ha dimostrato ancora una volta la pericolosità e la connessione dei crimini di natura con altri traffici illegali. Secondo lo Un Environment, l’agenzia delle Nazioni Unite per la protezione dell’ambiente, i crimini di natura sono il quarto mercato illegale al mondo, con un fatturato di 213 miliardi di dollari l’anno, circa 190 miliardi di euro. Li precedono il traffico di droga, il mercato dei beni contraffatti e il traffico di esseri umani e negli anni hanno persino sorpassato il traffico illegale di armi, a cui sono comunque legati, come testimonia il fatto che Guyvanho sia stato accusato anche di possedere armi da fuoco irregolari.
Le organizzazioni internazionali come il Wwf hanno più volte denunciato il fatto che al contrario degli altri quattro mercati, i crimini di natura non hanno mai goduto della stessa attenzione da parte delle autorità, le pene non vengono quasi mai implementate e c’è ancora una certa cecità internazionale sulle conseguenze umanitarie indirette che i crimini ambientali portano con sé.
Questa sentenza però potrebbe essere un primo importante passo per invertire questa tendenza. In Congo hanno vinto gli elefanti e tutti coloro che dedicano la loro vita a proteggerli. Ma ha vinto anche l’umanità, perché un elefante libero nel suo habitat naturale è un dono immenso per tutti.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
Si è conclusa il 2 novembre la Cop16 sulla biodiversità, in Colombia. Nonostante le speranze, non arrivano grandi risultati. Ancora una volta.
Tre puntate speciali di News dal Pianeta Terra per parlare del legame tra biodiversità e transizione energetica, con il supporto di A2A.
In Scozia la popolazione selvatica di gallo cedrone conta ormai solamente 500 individui, per questo è stato avviato un piano per salvarla
Un pomeriggio di confronto sui temi della biodiversità in occasione della presentazione del primo Bilancio di sostenibilità territoriale della Sardegna.
Il 21 ottobre è iniziata in Colombia la Cop16, la conferenza delle Nazioni Unite per tutelare la biodiversità del nostro Pianeta.
L’Australia amplia la riserva marina delle isole Heard e McDonald, superando i suoi stessi obiettivi di tutela degli oceani.
Diversi studi hanno rivalutato, nel corso degli anni, il valore delle vespe per la salute umana, grazie al loro contributo per un’agricoltura meno chimica.
I polpi lavorano in gruppo, ognuno con un ruolo ben preciso, per cacciare. Triglie e cernie sono gli “amici” più stretti.