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Basta con la consapevolezza. E la resilienza, e l’empatia. Tutte parole bellissime, talmente abusate negli ultimi anni da farci perdere ogni interesse non appena le sentiamo pronunciare. Eppure qualche Don Chisciotte ancora ci crede, anzi, dedica anima e corpo a diffonderne il senso più autentico. Patrizio Paoletti è uno di questi, ma invece di duellare
Basta con la consapevolezza. E la resilienza, e l’empatia. Tutte parole bellissime, talmente abusate negli ultimi anni da farci perdere ogni interesse non appena le sentiamo pronunciare. Eppure qualche Don Chisciotte ancora ci crede, anzi, dedica anima e corpo a diffonderne il senso più autentico.
Patrizio Paoletti è uno di questi, ma invece di duellare contro i mulini a vento ha scelto di costruirli. Dagli anni Novanta ad oggi ha ideato con successo dibattiti e corsi di formazione, istituito una fondazione e un centro di ricerche neuroscientifiche.
Il 19 novembre prossimo salirà sul palco per condurre la diretta streaming della quindicesima edizione della conferenza intitolata “21 Minuti Humanity”. Anche quest’anno personalità di fama internazionale faranno rete insieme, una “rete per l’umanità” che vuole stimolare un nuovo modo di pensare, di vivere e di essere, che vuole offrire visione e spinta per aiutarci a valorizzare le nostre risorse interiori, essere più felici e rendere sempre più efficace e determinante il nostro contributo per un mondo autenticamente sostenibile.
“Ai nostri ospiti non chiediamo di raccontare la loro storia di successo – per questo esistono già innumerevoli palcoscenici – ma di condividere quegli eventi, quei momenti che li hanno forgiati interiormente, che hanno permesso loro di fare un salto importante su tre aspetti fondamentali: come motivarsi, come ampliare la loro curiosità di conoscere, come mantenersi sempre in uno stato di disponibilità nei confronti della vita e degli altri”, spiega Paoletti.
Attraverso le nostre scelte e le azioni quotidiane, sostiene, possiamo diventare agenti di cambiamento verso un mondo fondato su rapporti pacifici, egualitari, rispettosi del Pianeta, contribuendo a orientare individui, aziende, capitali e governance in un’ottica di sviluppo sostenibile all’interno dell’agenda politica globale.
Perché se è vero che la consapevolezza, intesa come conoscenza intima e personale, non può essere inculcata, tuttavia si può allenare. “Ascoltare le testimonianze di individui considerati eccellenti ci stimola a modellare il nostro paesaggio umano interiore, il nostro “human inner design”. Come hanno fatto queste persone a mantenere vive la creatività e l’assertività? Come sono riuscite a conoscere le proprie emozioni, i valori e a restare focalizzate su questi nel rapporto con gli altri? È questo che indaghiamo in 21 Minuti”.
Dal palco al laboratorio, l’indagine continua sul fronte scientifico all’interno dell’Istituto di ricerca per le neuroscienze, l’educazione e la didattica (Rined) della Fondazione Patrizio Paoletti. Qui si studia il funzionamento del cervello umano e i metodi e le tecniche che possono aiutarci ad aumentare la consapevolezza di noi stessi e a valorizzare le nostre migliori capacità, come la prefigurazione, la resilienza, la creatività o l’empatia, in collaborazione con scienziati, istituti e università internazionali quali la Bar Ilan University di Tel Aviv, l’università la Sapienza di Roma e il Cnr.
Un esempio è il Quadrato motor training (Qmt), una tecnica di training motorio individuale ideata da Paoletti con lo scopo di produrre un miglioramento delle funzioni cognitive nell’essere umano relative alla coordinazione, all’attenzione e alla creatività. Risultati considerati incoraggianti sono stati riscontrati in pazienti affetti da Alzheimer e Parkinson, in bambini dislessici e, di recente, anche nella riduzione degli stati infiammatori.
Viene da chiedersi il senso di uno sguardo così entusiasta sulla mente umana mentre suonano le trombe dell’intelligenza artificiale. Anche per questo Paoletti ha una risposta: “Fino a ieri ci siamo dedicati a quelle competenze accademiche che hanno reso il nostro sapere sempre più verticale. Oggi queste conoscenze possono essere gestite straordinariamente da un’intelligenza artificiale, che non può invece gestire per noi le nostre emozioni”.
E aggiunge: “Il nostro futuro deve essere sostenuto da tre competenze importantissime: la gestione delle emozioni e la capacità di orientarle, la sfera intellettuale connessa alla creatività e alla resilienza e, infine, la dimensione spirituale. Mi riferisco al sapersi perdonare, all’essere grati per il dono della vita e al provare compassione per noi stessi e per gli altri. Solo così sarà possibile produrre un cambio di paradigma: da mors tua, vita mea che ha portato conflitti e crisi, alla versione pacifica vita tua, vita mea”.
Questo punto di svolta è valido anche per la crisi climatica: “Se io do vita al Pianeta, il Pianeta mi dà vita, ma devo fare questa scoperta dentro di me”. Sul palco, i riflettori puntati e centinaia di occhi addosso, Paoletti è solito avvicinarsi al proscenio e indicare la platea. Pausa: “Voi siete il mio tessuto neurale espanso. Voi avete le soluzioni ai problemi che da solo non trovo”. Non è una battuta, dice. “Il nostro limite è superabile soltanto entrando in un contatto di ascolto diverso con gli altri. E se questo è vero per la relazione tra gli esseri umani, è ancor più vero per le relazioni tra noi e il Pianeta, che è così gentile da sostenerci e nutrirci tutti. La consapevolezza è indispensabile per ritrovare una relazione cooperativa e costruttiva con il mondo che ci ospita. Senza, non c’è futuro”.
Qual è la nostra responsabilità come risorsa chiave del nostro pianeta e cosa significa essere umani oggi sono i due temi di 21 Minuti Humanity, l’evento in programma il 19 novembre da seguire gratuitamente in streaming (qui il link per iscriversi). Ascolteremo le storie di figure come Alex Armillotta, co-fondatore e Ceo di AWorld, la piattaforma e l’app a sostegno della campagna Act Now delle Nazioni Unite per l’azione individuale sui cambiamenti climatici e la sostenibilità e di Jeff Orlowski-Yang, pluripremiato regista di The social dilemma sull’impatto dannoso dei social media sulla società. A proposito, perché i minuti sono 21? “Nel 2009, quando è nato il format, era il tempo medio della reale capacità di apprendimento di un individuo. Oggi che il rumore mediatico è aumentato, purtroppo non è più così ma abbiamo deciso di non cambiare la durata degli interventi”. In tanto frastuono, qualcosa di buono da ascoltare.
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