La vicenda è stata tanto breve quanto dirompente. In meno di 24 ore, un battaglione privato, costituito da mercenari, con a capo un signore che fino a qualche anno fa faceva il cuoco al Cremlino, ha annunciato di essere stato attaccato dall’esercito russo, al cui fianco ha combattuto finora in Ucraina. Ha quindi lanciato una sorta di appello alla guerra civile. È penetrato nel territorio russo. Ha conquistato una città di un milione di abitanti, Rostov. Ha spinto i propri uomini a 300 chilometri da Mosca, senza incontrare praticamente resistenza (a parte un pugno di elicotteri abbattuti) e minacciando di non fermarsi più. Poi, di colpo, la retromarcia. La ritirata improvvisa da tutti gli obiettivi conquistati. E lo spostamento (fuga? Esilio?) in Bielorussia.
Today’s Russian newspapers on Prigozhin’s armed uprising: “Russia displayed its vulnerability, to the whole world & to itself.” “The events of 24 June will have long term consequences for the country…” #ReadingRussiapic.twitter.com/IfCDQBvqXO
Le autorità della Russia si sono affrettate a minimizzare
Cosa sia davvero successo in Russia tra la sera di venerdì 23 giugno e la giornata successiva rimarrà probabilmente avvolto dal mistero a lungo: quali fossero i veri obiettivi di Evgenij Prigozhin e del suo battaglione Wagner e cosa lo abbia convinto a rinunciarvi. Un accordo c’è senz’altro stato, poiché l’inchiesta penale aperta a suo carico per aver lanciato un “appello all’insurrezione armata” è stata chiusa immediatamente, come confermato dal portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov.
I danni della giornata di “rivolta” della Wagner sono stati alla fine piuttosto limitati. Sarebbero stati abbattuti sei elicotteri e un aereo; diciannove immobili nella regione di Voronež sarebbero stati colpiti e la raffineria dell’omonima città è stata incendiata. Eppure le autorità russe sembrano essersi affannate a minimizzare: Andrey Kartapolov, capo del comitato di Difesa della Duma, ha assicurato che non ci sarebbe “nulla da addebitare” ai mercenari: “Non hanno colpito nessuno, non hanno danneggiato nulla”.
Cosa ne sarà ora del battaglione Wagner?
La “pace” tra il Cremlino e Prigozhin è stata siglata sotto l’egida del presidente bielorusso Alexandre Lukaschenko, ma non se ne conoscono i termini se non legati alla figura del leader dei mercenari. Cosa ne sarà ora, ad esempio, di questi ultimi? Verranno disarmati? Torneranno in Ucraina a combattere? Agli ordini di chi?
C’è inoltre da chiedersi come si debba giudicare il mancato intervento dell’esercito regolare contro Prigozhin. Alcuni soldati si sarebbero rifiutati di attaccare le colonne della Wagner. È vero? E, se sì, indica una frattura insanabile all’interno delle truppe regolari russe? Quali conseguenze avrà tutto ciò sul prosieguo della guerra in Ucraina?
Quali conseguenze sulla Russia e sulla guerra in Ucraina?
La situazione è talmente precaria e ingarbugliata da apparire molto difficile da valutare. Sembra acclarato, per lo meno, che a Putin non è mancato sostegno politico nelle ore più dure. Tutta la nomenclatura (civile) ha fatto quadrato. Di fronte all’opinione pubblica, però, dovrà in qualche modo giustificare l’aver tacciato di “traditore” Prigozhin, usando toni durissimi, salvo poi accordargli un salvacondotto nel giro di poche ore.
Un ulteriore elemento potrebbe essere legato al “metodo” politico che ora sceglierà Putin. Già estremamente diffidente, il capo del Cremlino potrebbe chiudersi ancor più in un isolamento verticistico (Prigozhin fino all’inizio della guerra era uno suo fedelissimo). Potrebbe lanciarsi in una caccia alle streghe. Potrebbe decidere di ridare lustro alla sua immagine intensificando e accelerando le operazioni in Ucraina. O potrebbe comprendere che dal suo indebolimento la sola strada per uscire è il compromesso. Come, di fatto, accaduto proprio con la vicenda della Wagner, che ha mostrato – è innegabile – un’attitudine alla realpolitik da parte del presidente russo. I prossimi mesi forniranno le risposte.
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Nel suo discorso all’Assemblea federale, il presidente russo ha detto di voler vedere il personale militare che combatte in Ucraina in posizioni di comando. E non sono mancate le minacce all’Occidente.
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