Si tiene fino al 20 maggio la Cop15 desertificazione, dalla quale ci si attendono risposte su degrado dei suoli, deforestazione, siccità e inquinamento.
Dal 9 al 20 maggio si tiene in Costa d’Avorio la Cop15 sulla desertificazione.
Il 40 per cento delle terre emerse del Pianeta sono già degradate.
Alla conferenza si parlerà anche di deforestazione, inquinamento del suolo e siccità.
È cominciata nella mattinata di lunedì 9 maggio la quindicesima Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulla desertificazione (Cop15). La riunione si tiene ad Abidjan, capitale della Costa d’Avorio e dovrebbe chiudersi (salvo ritardi nei negoziati) venerdì 20. A partecipare sono i rappresentanti di 196 paesi membri della Convenzione Onu sulla lotta contro la desertificazione (Unccd), dai quali ci si attendono azioni concrete ed immediate per la tutela dei territori, in particolare quelli più vulnerabili di fronte ad un processo provocato da attività umane come la cementificazione ed esacerbato dai cambiamenti climatici.
In Africa 319 milioni di ettari a rischio desertificazione
Secondo le Nazioni Unite, già oggi il 40 per cento della superficie emersa del Pianeta risulta degradato. Il che impone una presa di coscienza e un ripensamento anche dei sistemi economici e produttivi: alla Cop15 non si parlerà infatti solamente della desertificazione in senso stretto, ma anche di deforestazione, siccità e inquinamento dei suoli.
Secondo il ministro ivoriano dell’Ambiente, Jean-Luc Assi, solamente in Africa sono ben 319 milioni gli ettari a rischio desertificazione. E secondo la Fao la porzione subsahariana del continente è la regione più colpita dal fenomeno a livello mondiale. In particolare in Costa d’Avorio, la superficie forestale risulta diminuita dell’80 per cento rispetto al 1900: si è infatti passati dai 16 milioni di ettari dell’epoca agli attuali 2,9 milioni. E si prevede una scomparsa totale entro la metà del secolo in corso.
La Costa d’Avorio lancia alla Cop15 un programma quinquennale
Per questo, aprendo la Cop15 il presidente dello stato africano, Alassane Ouattara ha chiesto di adottare quella che è stata battezzata la “Abidjan initiative”. Si tratta di un programma che punta a raccogliere 1,5 miliardi di dollari in cinque anni, al fine di avviare progetti per “restaurare gli ecosistemi ivoriani degradati e promuovere approcci di gestione sostenibile del suolo”.
🌱By restoring degraded land, we can lock away 3 bill. tons of atmospheric carbon every year.
— UN Convention to Combat Desertification (@UNCCD) May 9, 2022
La Conferenza sarà anche l’occasione per fare il punto sulla Grande muraglia verde, progetto lanciato nel lontano 2007 e che prevede la costituzione di una “striscia” di vegetazione su terre aride lunga ottomila chilometri. E che attraverserà dodici nazioni, dal Senegal a ovest fino a Gibuti a est. La speranza è di riuscire a completarla entro il 2030, ma anche in questo caso occorrerà rimboccarsi le maniche. Un rapporto dell’Unccd del 2020, d’altra parte, ha manifestato pessimismo: solamente 4 milioni di ettari sono stati ripristinati, sui 100 milioni necessari per l’opera.
Infine, alla Cop15 si parlerà di come affrontare i gravi episodi di siccità che stanno colpendo alcune nazioni. In particolare l’Etiopia, nella quale si registra un fenomeno gravissimo, il peggiore dal 1981, che dura ormai da ben 18 mesi.
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Perché l’Italia è un hotspot della crisi climatica. Perché l’agricoltura ne è sia vittima che carnefice. Perché la soluzione è adattarci. Di tutto questo parliamo con Stefano Liberti, autore di Terra bruciata.