Il 21 ottobre è iniziata in Colombia la Cop16, la conferenza delle Nazioni Unite per tutelare la biodiversità del nostro Pianeta.
- Ha preso il via il 21 ottobre la Cop16, il sedicesimo incontro delle parti della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica.
- L’obiettivo è quello di tradurre in azione gli obiettivi del Global biodiversity framework, il piano d’azione globale adottato alla precedente Conferenza delle parti del 2022.
- Cruciale il nodo dei finanziamenti, visto che ad oggi gli importi erogati sono molto inferiori rispetto a quanto promesso.
A due anni dal Global biodiversity framework, il piano d’azione globale adottato nel 2022 negli incontri di Kunming e Montreal, si è aperto il 21 ottobre il sedicesimo incontro delle parti della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica (Cop16). Per i prossimi undici giorni, i delegati di 196 paesi discuteranno almeno una dozzina di documenti che dovranno consentire il raggiungimento, entro il 2030, dei 23 target elencati nel framework globale, e i suoi quattro principali obiettivi: utilizzo sostenibile delle risorse naturali, protezione e ripristino della biodiversità in ogni sua forma, inclusa quella genetica, equa condivisione dei benefici derivanti dalla diversità biologica e, infine, adeguato sostegno finanziario e la costruzione di una rete internazionale efficiente.
A riunirsi, negli stessi giorni, i 173 membri del Protocollo di Cartagena, incentrato sulla biosicurezza, e i 141 del Protocollo di Nagoya che si occupa di garantire l’accesso e la condivisione equa dei benefici delle risorse genetiche. Il tutto con il fine ultimo di vivere, entro il 2050, in “armonia con la natura”.
Il nodo dei finanziamenti per il ripristino e la salvaguardia della natura
Come ad ogni incontro multilaterale che si rispetti, anche in questo caso il principale nodo da sciogliere riguarda la finanza. I governi, infatti, si sono infatti già accordati per l’istituzione del Global biodiversity framework fund (Gbff), dedicato a progetti di ripristino e salvaguardia della natura, inclusa la gestione degli inquinanti e gli impatti dei cambiamenti climatici. Impegnandosi a mobilitare 30 miliardi di dollari l’anno entro il 2030, con un target intermedio di 20 miliardi entro il 2025. Nonostante ciò, nel 2022 i paesi del nord globale avevano versato meno di undici miliardi di dollari in totale. Secondo l’analisi proposta dal think tank Odi, solo Norvegia, Svezia e Germania hanno contribuito con una quota considerabile come “equa”, mentre Regno Unito, Italia e Canada (che ha peraltro ospitato il vertice sulla biodiversità Cop15 da cui è scaturito l’accordo di Kunming-Montreal) hanno contribuito ciascuno per meno del 40 per cento della propria quota. A registrare la performance peggiore è però il Giappone con 2,4 miliardi di dollari, pari a meno di un terzo dell’ammontare previsto in base alle sue capacità.
A sostenere l’inadeguatezza delle risorse finanziarie dedicate è la stessa Astrid Schomaker, direttrice esecutiva della Cbd la quale, nel corso della conferenza stampa, ha sottolineato come i 2,2 miliardi di dollari versati da organizzazioni filantropiche che sostengono l’obiettivo di fermare la perdita di biodiversità non possano in alcun modo considerarsi sufficienti. Della stessa opinione anche Maria Susana Muhamad González, ministra dell’Ambiente e dello sviluppo sostenibile della Colombia, che ha sottolineato la necessità di provvedere quanto prima a un’equa suddivisione delle risorse finanziarie e alla definizione di un accordo economico che includa la creazione di un framework istituzionale dedicato a garantire la trasparenza dei finanziamenti e del loro destino, oltre a facilitarne la mobilitazione.
Popoli indigeni, piani d’azione, risorse genetiche: i grandi temi della Cop16
La presenza istituzionale è alta, con 14mila delegati e 1.100 eventi, il numero più alto nella storia delle Cop sulla diversità biologica. Ma la volontà espressa più volte dalla ministra Muhamad González, e ribadita dalla segretaria esecutiva Schomaker sia nel corso della conferenza stampa che in apertura della plenaria, è che questa sia la Cop delle persone, in particolare delle comunità locali e dei popoli indigeni. La ministra, alla vigilia dell’apertura dei lavori, aveva annunciato come il governo colombiano avesse assegnato a 115 popolazioni indigene che vivono nel paese il ruolo di autorità ambientali, competenti in materia di protezione degli ecosistemi e autorizzate a formulare regole per la gestione dei territori e delle risorse, e pianificare bilanci.
Vogliamo che i guardiani della natura, coloro che sono in prima linea, abbiano un posto nel processo decisionale così come nella gestione delle risorse, ovviamente mano nella mano con la scienza.
Maria Susana Muhamad González
Altro tema centrale è la verifica degli impegni assunti dai paesi. Con l’istituzione del Global Biodiversity Framework, infatti, i governi si sono impegnati a presentare alla Cop16 i rispettivi National biodiversity strategies and action plans (Nbsaps). Questi ultimi sono piani di lavoro che illustrano le modalità con cui i singoli paesi intendono raggiungere gli obiettivi delineati nell’accordo globale e sono assimilabili, almeno concettualmente, ai Contributi determinati su base nazionale (Ndcs) stabiliti dall’Accordo di Parigi per contrastare la crisi climatica. Con la differenza che gli Nbsaps non sono legalmente vincolanti. Ad oggi, su ben 196 paesi, sono solo 25 – più l’Unione europea – quelli che hanno inviato i propri piani.
Ultimo dei tre temi cardine che terranno banco ai negoziati, e su cui si prevedono accese discussioni, è la questione relativa all’equa distribuzione dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche, tra cui le sequenze contenute in archivi digitali open source, che dovrebbero auspicabilmente andare anche a beneficio dei paesi che ospitano le risorse da cui provengono e delle popolazioni indigene che ne custodiscono i saperi e la sopravvivenza. Senza contare la necessità di prevedere meccanismi di conservazione efficaci per evitare lo sovrasfruttamento di organismi ritenuti ormai fondamentali per il settore tessile, farmaceutico e alimentare, tra i vari.
L’auspicio della Cop16: fare pace con la natura
Tra gli highlight della prima giornata, il riferimento da parte della ministra Muhamad González al tema scelto per l’incontro di quest’anno, pace con la natura.
In un momento storico buio come quello attuale, in cui abbiamo costantemente la prova che le scelte portate avanti conducono alla guerra, all’uccisione dell’altro, la via d’uscita è l’inclusione.
Maria Susana Muhamad González
La ministra aggiunge come “la salvaguardia della natura deve diventare una priorità per la sicurezza internazionale. Abbiamo avuto ancora una volta la dimostrazione di come fondi e risorse per la guerra vengano trovati con estrema efficienza, anche in una sola settimana. Ma quando parliamo di difendere la vita, l’obiettivo più importante, allora possono passare anni senza che si trovino le risorse da mobilitare. Fare pace con la natura significa mettere la sicurezza umana in cima alla lista delle priorità”.
Dopo anni di attese, negoziati immobili e accordi che sembrano solo mere dichiarazioni di intenti, scatole vuote di una politica internazionale assente, la Cop16 rappresenta la migliore speranza per un Pianeta in cui un milione (un milione!) di specie animali e vegetali sono considerate a rischio di estinzione, di cui il quaranta per cento potrebbe sparire entro la fine del secolo. La presenza di soli cinque rappresentanti governativi non è un buon segnale, così come non lo è – per quanto ci riguarda – la quasi totale assenza della stampa italiana. La speranza, com’è stato ripetuto oggi più volte, è nelle persone. In coloro che non vogliono arrendersi e che pensano che “possiamo farcela” non sia solo uno slogan ma un fischio d’inizio.
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