La ventiseiesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop 26 in programma a Glasgow nel prossimo mese di novembre, rischia di partire con il piede sbagliato. Dopo tre settimane di riunioni quotidiane in videoconferenza, i negoziati pre-summit che si sono tenuti a cavallo tra maggio e giugno si sono conclusi con l’ennesimo, sostanziale fallimento.
Finanziamenti, trasparenza e carbon market bloccano i negoziati pre-Cop 26
“Non posso dire che ci siano stati grandi passi in avanti”, ha ammesso nel corso di una conferenza stampaPatricia Espinosa, segretaria generale dell’Unfccc, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che organizza le Cop. “È necessario – ha aggiunto – ottenere delle indicazioni a livello politico”. Un commento che appare più sincero rispetto al comunicato ufficiale, nel quale la dirigente parla di “molto lavoro da fare” ma anche di “giudizio complessivamente positivo”.
I problemi che sono risultati di fatto insormontabili nel corso della sessione di lavori preparatori sono stati in particolare tre. In primo luogo quelli legati ai finanziamenti che dovranno essere concessi per le politiche di mitigazione e di adattamento ai cambiamenti climatici. Può apparire incredibile, ma ancora si discute sui 100 miliardi di dollari all’anno che avrebbero dovuto essere concessi dalle nazioni ricche del mondo a quelle più povere e vulnerabili. Un impegno che era stato assunto alla Cop 15 di Copenaghen, nel 2009, e che non è mai stato rispettato, se non parzialmente.
My takeaways from attending the virtual May-June UN climate "subsidiary bodies" conference over the last 3 weeks @UNFCCC#SB2021.
1) Little progress was made and #COP26 is facing intense pressure to finalize Paris Agreement implementation and guidelines.#ClimateExplainer
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— The Climate Explainer (@ClimateExplainr) June 17, 2021
Il presidente della Cop 26 Alok Sharma convoca una nuova riunione
In secondo luogo, le discussioni si sono arenate sul tema della trasparenza. Ai governi viene infatti chiesto di poter monitorare gli sforzi effettuati per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra, anche in relazione al calendario fissato. Infine, non c’è accordo sui termini del cosiddetto carbon market. Si tratta dello stesso tema che ha bloccato per la sua intera durata la Cop25 di Madrid, nel 2019.
Al centro della disputa c’è l’articolo 6 dell’Accordo: quello che avrebbe dovuto indicare le regole che governeranno il nuovo sistema per lo scambio delle quote di emissioni di CO2. Di fronte all’impossibilità di trovare un compromesso tra le nazioni, tutto era stato rimandato proprio alle successive sessioni di negoziati.
Se non si troveranno punti di incontro su tali questioni, sarà difficile – se non impossibile – rendere operativo l’Accordo di Parigi, raggiunto ormai cinque anni e mezzo fa nella capitale francese. Anche per questo il presidente della Cop 26, Alok Sharma, ha convocato una riunione ristretta, per il 25 e 26 luglio, che si terrà a Londra. Un incontro di “delegati rappresentanti dei ministri di più di 40 nazioni”, che dovrà “avanzare sul lavoro tecnico” a partire dagli ultimi negoziati.
Its going to take political will to build on these 3 weeks of #SB2021 otherwise we are building castles in the sand we will watch the @COP26 Presidency roadmap & the #G7 to unlock the politics (and bring the $$$) to keep #1o5C alive at Glasgow @jennytollmann@e3gpic.twitter.com/JYdi4TYoYA
— Climate Action Network International (CAN) (@CANIntl) June 17, 2021
Perché occorre forzare la mano per superare le reticenze sul clima
Sharma ha aggiunto che “occorre accelerare avvicinandoci alla Cop 26 e mantenere l’obiettivo degli 1,5 gradi centigradi” di limitazione della crescita della temperatura media globale, entro il 2100, rispetto ai livelli pre-industriali. Per farlo, però, servirà anche forzare la mano dei governi reticenti. La diplomazia britannica dovrà replicare il successo che ottenne quella francese nel 2015. All’epoca, però, il sistema politico mondiale non era quello di oggi. E non c’era una pandemia alle spalle, che in troppi vorrebbero superare “a qualunque costo”.
Come una sirena d’allarme, gli attivisti hanno portato la voce del mondo dentro la Cop 25 di Madrid. I risultati dai governi del mondo non sono arrivati, ma le loro grida e messaggi più forti che mai, anche per chi non c’era.
La Cop 25 si è conclusa con due giorni di ritardo. Con pochissimi passi avanti e la prospettiva di un 2020 in salita. A mancare, ancora una volta, è la volontà politica.
Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa è alla Cop 25 di Madrid per porre le basi del decennio per il clima. A cominciare dalla Pre cop di ottobre 2020 che si terrà a Milano.
Sei mesi dopo la bocciatura del Senato, ieri la Camera ha approvato una mozione che impegna il governo a dichiarare l’emergenza climatica. Tra gli obiettivi, favorire la carbon neutrality entro il 2050.
Quella di mercoledì è stata la giornata delle proteste che hanno ritardato i lavori dell’assemblea plenaria alla Cop 25 di Madrid. Giustizia climatica e potere alle persone, le richieste dei manifestanti.