Stati Uniti e Cina siglano una dichiarazione congiunta per un rinnovato impegno sul clima
L’Italia entra (con prudenza) nella Boga, l’Alleanza per il superamento di gas e petrolio
Pubblicato alla Cop26 un accordo sulla mobilità, che però non prevede grandi novità rispetto al passato
L’Iran subordina la ratifica dell’Accordo di Parigi all’eliminazione delle sanzioni economiche
A sorpresa, al termine del decimo giorno di negoziati alla Cop26 di Glasgow, Stati Uniti e Cina hanno annunciato un accordo di cooperazione sul clima. Una “dichiarazione congiunta per rafforzare l’azione”, con l’obiettivo di lavorare per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra delle due superpotenze. Senza il cui apporto sarà impossibile centrare i target fissati dall’Accordo di Parigi.
Un accordo che può avviare una fase di distensione diplomatica
Gli inviati speciali di Washington e Pechino, John Kerry e Xie Zhenhua hanno spiegato in particolare che “le parti riconoscono lo scarto esistente tra gli sforzi attuali e ciò che sarebbe necessario”. E hanno sottolineato che la dichiarazione congiunta “mostra che la cooperazione è la sola strada per la Cina e gli Stati Uniti”.
Dopo gli anni di Donald Trump, della guerra commerciale a colpi di dazi e primi mesi di coesistenza complicata anche con l’amministrazione attuale di Joe Biden, la Cop26 potrebbe rappresentare dunque il primo passo per una distensione diplomatica tra le due nazioni. Una necessità per entrambe le parti, anche dal punto di vista economico, che potrebbe aiutare i negoziati in corso in Scozia. Frans Timmermans, vice-presidente della Commissione europea, ha in questo senso sottolineato come la cooperazione sino-americana sia “importante per il mondo, anche al di là della Cop26”.
L’impegno cruciale, sul breve termine, di Cina e Stati Uniti
Il governo inglese di Boris Johnson, in questo senso, non può che aver accolto con favore l’iniziativa. Benché essa, di fatto, si sia basata soprattutto su dichiarazioni di intenti, senza che siano stati dettagliati in alcun modo i contorni dell’annunciata, nuova collaborazione tra Cina e Stati Uniti. Allo stesso modo, il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, attraverso Twitter, ha parlato di “un importante passo nella giusta direzione”. Gli osservatori della società civile presenti a Glasgow sottolineano come Pechino, in particolare, avesse bisogno di rientrare nei giochi, dopo i primi dieci giorni della Cop26 nel corso dei quali aveva a più riprese mostrato atteggiamenti di chiusura.
I welcome today's agreement between China and the USA to work together to take more ambitious #ClimateAction in this decade.
Tackling the climate crisis requires international collaboration and solidarity, and this is an important step in the right direction. #COP26
Ciò che è importante, in ogni caso, è il risultato politico. Con la loro dichiarazione, di fatto, Cina e Stati Uniti potrebbero innescare una dinamica positiva nei negoziati. Soprattutto, hanno ribadito a chiare lettere quanto indicato al punto 28 della prima bozza di accordo pubblicata all’alba di mercoledì: i governi hanno affermato di aver “deciso di stabilire un programma di lavoro per incrementare le ambizioni in materia di mitigazione” nel corso del prossimo cruciale decennio.
L’Italia entra (con un piede solo) nell’Alleanza per il superamento delle fossili
Si tratta di un passaggio cruciale, poiché solo con impegni immediati e obiettivi di breve termine sarà possibile mantenere ancora viva la speranza di limitare la crescita della temperatura media globale sulla superficie delle terre emerse e degli oceani ad un massimo di 1,5 gradi centigradi, alla fine del secolo, rispetto ai livelli pre industriali. Non a caso, nel comunicato congiunto le due nazioni parlano di una strada “ambiziosa, equilibrata e inclusiva” sulla mitigazione, l’adattamento e il sostegno finanziario. Il tutto da attuare “nel decennio in corso”. “La nostra – ha affermato John Kerry – è una road map per definire il modo in cui limiteremo il riscaldamento globale e lavoreremo insieme per aumentare le ambizioni sul clima”.
L’Italia, intanto, ha deciso di mettere un piede (non entrambi) nella Boga, l’Alleanza internazionale per il superamento di gas e petrolio promossa da Danimarca e Costa Rica. Il nostro Paese parteciperà come “friend”, ovvero sostenitore. Uno status meno importante rispetto ai membri “associate”.
L’Italia aderisce al Beyond Oil and Gas Alliance (#Boga). L’annuncio da Glasgow del ministro Cingolani “L’Italia è avanti e abbiamo le idee chiare: grande piano per le rinnovabili con 70mld di watt per i prossimi 9 anni per arrivare al 2030 con il 70% di energia elettrica pulita” pic.twitter.com/r97szyyYTa
— Ministero della Transizione Ecologica (@MiTE_IT) November 11, 2021
Sulla mobilità un accordo deludente alla Cop26
Già dalle prossime ore si verificherà dunque quale sia la reale portata dell’annuncio. Intanto, alla Cop26 si continua a discutere (finora, senza risultati eclatanti). L’ennesimo esempio delle difficoltà incontrate nei negoziati è arrivato mercoledì sul fronte della mobilità: la transizione nei trasporti sarà particolarmente importante, ma l’accordo raggiunto tra una coalizione di nazioni, costruttori, gestori di flotte, rappresentanti di città e regioni è apparso come il minimo sindacale.
Chi si aspettava una svolta, infatti, è rimasto deluso: il testo si limita a riaffermare obiettivi in gran parte già noti e con portata limitata. Su tutti, la volontà di “sforzarsi per far sì che tutti i veicoli nuovi venduti a partire dal 2040 siano ad emissioni zero”. Va detto inoltre che soltanto sei grandi costruttori hanno sottoscritto l’accordo: si tratta di General Motors, Ford, Jaguar Land Rover, Mercedes-Benz, Volvo e della casa cinese Byd.
Inoltre, tra i 32 paesi che hanno aderito all’accordo non ci sono né la Cina né gli Stati Uniti. E l’Unione europea, nonostante l’adesione di dodici stati membri, non ha potuto sottoscrivere il documento poiché occorre, prima, la ratifica da parte dei parlamenti delle singole nazioni. Resta tuttavia significativo l’impegno di paesi in via di sviluppo, come nel caso del Ghana, del Ruanda, del Kenya e soprattutto dell’India, ad abbandonare i motori termici.
L’impegno per la costruzione di sistemi sanitari resilienti
A Glasgow, inoltre, si è parlato dell’impatto dei cambiamenti climatici sulla salute delle popolazioni. Un gruppo di 47 nazioni, in particolare, si è impegnato ad adottare misure concrete al fine di concepire sistemi sanitari resilienti di fronte alle conseguenze del riscaldamento globale.
“Il futuro della sanità deve posare su sistemi in grado di resistere agli effetti delle epidemie, delle pandemie e delle altre situazioni d’emergenza, ma anche al clima che cambia, in particolare per quanto riguarda i fenomeni meteorologici estremi e le malattie legati all’inquinamento atmosferico”, ha commentato il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus.
Il dirigente ha inoltre aggiunto che “i sistemi sanitari devono anche contribuire alla soluzione, riducendo le loro emissioni di gas ad effetto serra. Per questo accogliamo con favore l’impegno dei paesi che hanno aderito e speriamo che anche altri lo facciano a breve”.
L’India: ratificheremo l’Accordo di Parigi solo se verranno cancellate le sanzioni
Le ultime ore di negoziati alla Cop26 sono state caratterizzate anche dalla dura posizione assunta dall’Iran. Teheran, attraverso il direttore dell’Agenzia per la protezione ambientale, ha fatto sapere infatti che non ratificherà l’Accordo di Parigi finché continuerà ad essere sottoposta a sanzioni internazionali legate al proprio programma nucleare.
Il dirigente ha quantificato in 56 miliardi di dollari lo sforzo economico necessario per abbattere le emissioni di CO2 del 4 per cento, di qui al 2030. Di qui la richiesta giunta alla Cop26 di cancellare le sanzioni, al fine di liberare le risorse necessarie. Assieme all’Iran, a non aver ratificato ancora l’Accordo di Parigi sono rimasti unicamente Libia, Eritrea e Yemen.
Il leader dell’Azerbaigian, che a novembre ospita la Cop29, è stato accolto in Italia come un partner strategico. Cruciali le intese sul gas. Ma non sono mancate le critiche degli attivisti per la linea dittatoriale che continua a perseguire.
Il partito del presidente Ilham Aliyev conferma la maggioranza dei seggi, ma gli osservatori internazionali parlano di voto non democratico. Nuova ondata di repressioni nel petrol-Stato che a novembre ospiterà la Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici
L’ultimo caso riguarda un attivista del movimento per la democrazia. Sarebbe stato detenuto per due giorni e torturato. Aveva aiutato un giornalista a lasciare il paese di nascosto.
Dopo le critiche, il presidente Aliyev espande il comitato organizzativo di Cop29 a 42 elementi, includendo 12 donne. Le donne sono storicamente sottorappresentate nei principali vertici sul clima.
L’attuale ministro dell’Ambiente e delle Risorse naturali dell’Azerbaigian ed ex alto dirigente della compagnia petrolifera nazionale sarà il presidente della Cop29, in programma a Baku il prossimo novembre.
La Cop28 è finita, ma bisogna essere consapevoli del fatto che il vero test risiede altrove. Dalla disinformazione al ruolo delle città, ciò che conta avviene lontano dai riflettori.