Gli annunci dei governi, le decisioni assunte, le parole dei leader, le denunce della società civile. La prima settimana di lavori alla Cop26 di Glasgow.
Molti annunci, numerosi appelli accorati, qualche fatto concreto, tante polemiche. La prima settimana di lavori alla ventiseiesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop26 che si svolge a Glasgow, in Scozia, si conclude tra luce, ombre e speranze. L’obiettivo, nei secondi sette giorni di lavori, è che si possa infatti segnare finalmente un nuovo inizio nell’applicazione concreta dell’Accordo di Parigi, raggiunto al termine della Cop21 di Parigi nel 2015.
Le parole di António Guterres e Patricia Espinosa
Nelle due prime giornate di lavori hanno preso la parola i leader di Nazioni Unite, governi e istituti internazionali. Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha lanciato un appello ai partecipanti a “salvare l’umanità”, smettendola di “scavare le nostre stesse tombe”. “È il momento di dire che ne abbiamo abbastanza – ha aggiunto –. Abbastanza di vandalizzare la biodiversità, abbastanza di uccidere noi stessi con la CO2, abbastanza di trattare la natura come una latrina, abbastanza di bruciare le nostre foreste e continuare ad estrarre sempre più in profondità”. Anziché sfruttare ancora il Pianeta, secondo Guterres, occorre “scegliere di salvaguardare il nostro avvenire”. Il diplomatico portoghese ha ricordato infatti che “ci siamo spinti sull’orlo del baratro a causa della nostra dipendenza dalle fonti fossili”.
“L’umanità è di fronte a delle scelte difficili ma chiare – gli ha fatto ecoPatricia Espinosa, segretaria esecutiva dell’Unfccc, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che organizza la Cop26 –. Possiamo riconoscere che continuare come fatto finora non è ragionevole, visto il prezzo devastante che dovremo pagare, e perciò decidere di attuare la transizione necessaria. Oppure possiamo accettare di essere complici della nostra estinzione”. “La Cop26 rappresenta l’ultima e la migliore speranza che abbiamo”, ha dichiarato da parte sua Alok Sharma, che presiede l’evento. “I cambiamenti climatici – ha aggiunto – non sono andati in vacanza. Tutti gli indicatori sono in rosso. Se non agiamo ora e insieme, non potremo proteggere il nostro prezioso Pianeta”.
L’intervento toccante del naturalista David Attenborough alla Cop26
Toccante e appassionato, poi, l’intervento del naturalista britannico, nonché ambasciatore della Cop26, David Attenborough che ha chiesto a gran voce ai leader mondiali di “riscrivere la storia”. Avvertendo che coloro che saranno gravemente colpiti non faranno parte di “una generazione immaginaria” che ancora deve arrivare su questa Terra, bensì “sono i giovani di oggi”.
Attenborough ha affermato che la nostra specie ha dimostrato che lavorando ognuno per sé “siamo forti a tal punto da riuscire a destabilizzare il nostro Pianeta”. Per questo, ha continuato, “se lavorassimo uniti saremmo anche abbastanza forti per salvarlo”.
Le assenze dei presidenti di Cina, Russia e Brasile
“Le generazioni future non ci perdoneranno se falliremo”, ha affermatoBoris Johnson, primo ministro del Regno Unito. Il leader inglese ha aggiunto che, qualora dovesse ripetersi il nulla di fatto del 2019 a Madrid, nel mondo potrebbero scatenarsi “una rabbia è un impazienza incontrollabili”. Ciò poiché tutte le promesse “si rivelerebbero unicamente un bla bla bla”, ha affermato riprendendo la formula utilizzata a più riprese dall’attivista svedese Greta Thunberg. “Sì, sarà difficile – ha precisato quindi Johnson. Ma sì, possiamo farcela. Perciò mettiamoci al lavoro”.
Erano presenti inoltre i capi di stato e di governo di Stati Uniti, India, di tutti i paesi membri dell’Unione europea. A spiccare sono state invece alcune assenze. In primis Xi Jinping, presidente della Cina, il paese che produce più emissioni al mondo in valore assoluto. Manca anche (senza aver addotto motivazioni ufficiali) il suo omologo russo Vladimir Putin, che ha ridotto al lumicino i suoi viaggi all’estero a partire dallo scoppio della pandemia. Dopo aver partecipato al G20 di Roma, il presidente turco Erdoğan è subito tornato in patria, mentre il brasiliano Jair Bolsonaro ha preferito fermarsi qualche giorno in Italia. Il suo vicepresidente, Hamilton Mourão, ha parlato esplicitamente del timore di essere subissato di critiche.
Impegni (criticati) su deforestazione e metano
Ciò nonostante, 100 stati (anche quelli i cui leader non erano presenti) si sono impegnati ad interrompere i processi di deforestazione e di degrado del suolo, di qui al 2030. Nell’elenco, infatti, figurano Stati Uniti, Cina, Russia, Germania, Francia, Regno Unito. Ma soprattutto il Brasile, che ospita buona parte della foresta amazzonica, il Canada (foresta boreale) e la Repubblica Democratica del Congo (foresta tropicale). Complessivamente gli stati in questione rappresentano più dell’85 per cento delle foreste del Pianeta.
L’annuncio è stato accolto tuttavia con freddezza dalle organizzazioni non governative. È il caso di Greenpeace, secondo la quale la scadenza al 2030 è “decisamente troppo lontana nel tempo” e concede di fatto il via libera “per un altro decennio” alla deforestazione. Carolina Pasquali, di Greenpeace Brasile, ha aggiunto che “i popoli indigeni chiedono che l’80 per cento della foresta amazzonica sia protetta di qui al 2025”. Il Coordinamento delle organizzazioni autoctone amazzoniche (Coica), inoltre, ha indicato che vigilerà e sul fatto che i fondi siano realmente stanziati.
Allo stesso modo, 100 nazioni hanno sottoscritto anche il Global methane pledge, un patto volto a ridurre del 30 per cento le emissioni di metano entro il 2030. Tra i firmatari figurano anche in questo caso gli Stati Uniti, il Brasile, la Germania e anche l’Italia, ma mancano alcuni tra i principali responsabili della dispersione di gas ad effetto serra del Pianeta: Australia, Iran, India, Cina e Russia.
Eppure, secondo un rapporto della Coalizione per il clima e l’aria pura, che fa parte delle Nazioni Unite, una riduzione significativa delle emissioni di metano potrebbe prevenire un aumento di 0,3 gradi centigradi della temperatura media globale entro il 2040, evitare 255mila morti premature e 775mila visite mediche dovute a problemi respiratori.
Lo stop agli investimenti fossili e il sì in extremis dell’Italia
Un’altra decisione assunta nella prima settimana della Cop26 riguarda l’impegnò di 20 nazioni a porre fine agli investimenti all’estero nei combustibili fossili, a partire dal 2022. Importante il fatto che del gruppo fanno parte anche nazioni come Stati Uniti e Canada. I firmatari dell’intesa hanno riconosciuto che tali finanziamenti “comportano crescenti rischi sociali ed economici”. “Dobbiamo porre i finanziamenti pubblici dalla parte giusta della storia”, ha commentato il segretario di stato britannico alle Imprese, Greg Hands.
Tra le 20 nazioni c’è anche l’Italia. Tuttavia, secondo quanto rivelato dalla stampa internazionale, la posizione del nostro governo è stata fino all’ultimo titubante. Inizialmente, ci sarebbe perfino stato un “no” da parte del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani.
Nella prima settimana di lavori della Cop26 si è anche deciso di creare un’immensa area marina protetta, su una superficie di 500mila chilometri quadrati. Si chiama Corridoio marino del Pacifico tropicale orientale (Eastern tropical pacific marine corridor) ed è stato annunciato congiuntamente martedì 2 novembre dai governi di Panama, Ecuador, Colombia e Costa Rica. All’interno, sarà vietata la pesca, in corrispondenza della rotta migratoria di tartarughe marine, balene, squali e razze.
Le novità nel mondo della finanza
Novità anche per quanto riguarda il mondo della finanza: il Regno Unito ha promesso infatti di imporre nuove regole agli istituti finanziari e alle società quotate in Borsa alla City di Londra. Ciò con l’obiettivo di azzerare le loro emissioni nette di CO2 entro il 2050. Inoltre, verrà istituito un tavolo di lavoro – composto da manager, docenti universitari, responsabili di organismi di controllo e rappresentanti della società civile – che dovrà indicare una metodologia di monitoraggio dei reali comportamenti di banche, fondi e imprese, al fine di smascherare le pratiche di greenwashing.
Secondo Tommy Vickerstaff di 350.org, d’altra parte, ad oggi la City di Londra “è molto lontana dal rappresentare il centro mondiale della finanza verde”. Rebecca Newsom di Greenpeace, inoltre, ha denunciato il fatto che le nuove regole annunciate “sembrano lasciare un grande margine di manovra agli istituti finanziari”.
Il sistema d’allerta meteo finanziato da Omm, Unep e Undp
Un impegno invece più tecnico, ma non meno importante, è arrivato dai Programmi delle Nazioni Unite per lo Sviluppo e per l’Ambiente (Undp e Unep) e dall’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm). Le tre agenzie aiuteranno i paesi in via di sviluppo, particolarmente vulnerabili e spesso poco attrezzati di fronte agli impatti dei cambiamenti climatici, ad avvalersi di finanziamenti per creare sistemi di previsione e allerta meteo.
Secondo l’Unep ciò “garantirà benefici tangibili in termini di vite salvate, di miglioramento della gestione delle catastrofi, di salvaguardia dei mezzi di sussistenza, di tutela della biodiversità, di accesso all’acqua e di crescita economica”. Tuttavia, Ulisses Correia e Silva, primo ministro di Capo Verde, pur accogliendo con favore l’iniziativa ha ricordato che “anche misure ambiziose di riduzione delle emissioni non ci salveranno ormai da impatti significativi dei cambiamenti climatici nei decenni a venire”.
La società civile: “Ci impediscono di assistere ai negoziati della Cop26”
Tutto ciò, però, è stato deciso sostanzialmente a porte chiuse. Le regole dell’Unfccc, infatti, prevedono che gli osservatori della società civile possano assistere alle riunioni tra le parti. Ciò al fine di monitorare i negoziati, agevolare il dialogo e porre i governi di fronte alle loro responsabilità. Alla Cop26 di Glasgow, invece, migliaia di esperti di associazioni e organizzazioni non governative hanno denunciato di essere stati lasciati letteralmente fuori dalle porte.
#COP26 has been named the must excluding COP ever.
This is no longer a climate conference.
This is a Global North greenwash festival.
A two week celebration of business as usual and blah blah blah.
Si tratta della prima volta che ciò accade. E si tratta di una scelta che appare in totale contrasto con l’annuncio di Alok Sharma, che si era impegnato a rendere “inclusiva” la Cop26. Al contrario, Greta Thunberg ha parlato della “conferenza più esclusiva di sempre”. E Teresa Anderson, di ActionAid, ha affermato allo stesso modo che “impedire alla società di civile di partecipare è qualcosa che rischia di comportare conseguenze gravi per le popolazioni che sono in prima linea di fronte agli impatti della crisi climatica”.
Gli impegni dei filantropi alla Cop26
Durante i primi sette giorni della Cop26 di Glasgow, infine, sono arrivati gli impegni di alcuni filantropi. Uno degli uomini più ricchi del mondo, Jeff Bezos, fondatore del colosso Amazon, ha inoltre promesso una donazione da 2 miliardi destinata alla bonifica di territori degradati in Africa. Una cifra che tuttavia, secondo alcuni osservatori, appare incoerente con le gite spaziali organizzate negli ultimi mesi, criticate perché estremamente inquinanti e sostanzialmente inutili.
È stato inoltre lanciato un piano, battezzato Eu Catalyst Partnership, da un miliardo di dollari, il cui obiettivo è di incoraggiare investimenti in tecnologie utili per la lotta ai cambiamenti climatici. Impegnati nel progetto, in particolare saranno il fondatore di Microsoft Bill Gates e la Banca europea degli investimenti. La presidente della Commissione di Bruxelles, Ursula von der Leyen, ha spiegato in tal senso che “è l’innovazione che traccia la strada, è ciò che vogliono i nostri cittadini e non li deluderemo”.
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