Le Conferenze mondiali sul clima delle Nazioni Unite, come la Cop27 che si tiene a Sharm el-Sheikh in questi giorni, rappresentano un’occasione unica di incontro tra i leader di tutto il mondo. Coadiuvati da esperti, tecnici, climatologi, scienziati che, sotto l’egida dell’Onu, per due settimane possono tentare di trovare accordi concreti per superare la dipendenza da carbone, petrolio e gas e contrastare i cambiamenti climatici.
Alla Cop27 636 lobbisti delle fossili, cento in più di un anno fa
Per questo ciascuna nazione invia ogni anno nutrite delegazioni. Spesso nell’ordine delle centinaia di persone. Ma, come già accaduto alla Cop26 di Glasgow, il gruppo più ampio non è quello di uno stato: è quello della lobby delle fonti fossili. A pubblicare i dati è un’analisi di tre organizzazioni non governative – Global Witness together, Corporate Accountability e Corporate Europe Observatory -, secondo le quali le compagnie petrolifere, del carbone e del gas hanno inviato in Egitto 636 persone per perorare le loro cause. Cento in più rispetto allo scorso anno.
Per avere un termine di paragone, nessuna nazione ha inviato un numero così alto di delegati alla Cop27 (ad eccezione degli Emirati Arabi Uniti, che ospiteranno la Cop28 e per questo sono presenti con oltre mille persone, contro le circa 100 di Glasgow). Il gruppo più nutrito è quello del Brasile, con 574 membri. Seguono la Repubblica Democratica del Congo con 459, il Kenya con 386 e il Canada con 377. I rappresentanti delle popolazioni indigene, tra le più colpite dagli impatti dei cambiamenti climatici, sono invece soltanto 293. E, messi assieme, quelli delle dieci nazioni più vulnerabili di fronte al riscaldamento globale (come nei casi di Bangladesh, Pakistan o Haiti) non raggiungono il totale dei lobbisti.
The 10 countries most threatened by climate change have fewer delegates at COP27 than the fossil fuel lobby.
29 governi hanno incluso i lobbisti nelle loro delegazioni ufficiali
Si tratta di cifre che dimostrano chiaramente quanto impegno sia profuso dal settore delle fossili per tentare in ogni modo di rallentare la transizione ecologica. E tenuto conto della gravità della crisi climatica, che minaccia la sicurezza di intere generazioni, la presenza di chi “rema contro” appare inaccettabile agli occhi delle tre ong: “Dei lobbisti dell’industria del tabacco non si presenterebbero ad un convegno sulla salute. E quelli dei fabbricanti d’armi non andrebbero ad un summit per la pace”, hanno commentato.
#COP27: The 636 #fossilfuel lobbyists outnumber almost all other interests:
🔻Local government (302) 🔻Indigenous people (293) 🔻Women & gender (227) 🔻Trade Unions (92) 🔻Farmers (89)
Per ottenere le cifre, le organizzazioni non governative hanno analizzato la lista dei circa 33mila partecipanti che sono presenti alla Cop26, pubblicata dall’Unfccc, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si occupa di organizzare le conferenze. E a colpire è il fatto che una serie di delegati non sono presenti unicamente in nome e per conto delle compagnie fossili: sono al contrario integrati nelle liste dei rappresentanti nazionali. Ben 29 governi, infatti, hanno deciso di includerli nelle loro delegazioni ufficiali. Ciò significa che potranno accedere facilmente al cuore dei negoziati.
Finanza climatica, carbon credit, gender, mitigazione. La Cop29 si è chiusa risultati difficilmente catalogabili in maniera netta come positivi o negativi.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.