Cop29

La Cop27 è stata un successo o un fallimento? Le reazioni di istituzioni, esperti e ong

Istituzioni, ong, scienziati, personalità legate alla lotta ai cambiamenti climatici. Tutte le razioni a una Cop27 che ha diviso nel giudizio sui risultati

La ventisettesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop27 che si è tenuta a Sharm el-Sheikh dal 6 al 20 novembre, è stata un successo o un fallimento? O più semplicemente un summit fatto di luci e ombre? Gli avanzamenti che sono stati effettuati sul fronte della giustizia climatica, con la decisione di creare un fondo per indennizzare le nazioni più povere della terra è più vulnerabili di fronte ai cambiamenti climatici sulle perdite e danni (loss and damage) patiti, rappresentano un passo sufficiente per uscire soddisfatti dal summit? O il fatto che sul fronte della mitigazione, ovvero dell’abbattimento delle emissioni di gas ad effetto serra, non ci sia stato alcun avanzamento, rende sostanzialmente inutili i passi avanti effettuati sul fronte finanziario?

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L’ingresso della Cop27 di Sharm el-Sheik, in Egitto © Tommaso Perrone/LifeGate

Un successo sul loss and damage, un fallimento sulla mitigazione dei cambiamenti climatici

Da quando la presidenza egiziana ha decretato la fine della conferenza, istituzioni, organizzazioni non governative, esperti di tutto il mondo si sono mostrati divisi. Nella maggior parte dei casi, hanno sottolineato il sapore agrodolce dei risultati finali della Cop. Dopo anni di richieste, infatti, le nazioni più in difficoltà, e meno responsabili dei cambiamenti climatici, hanno finalmente ottenuto una promessa. Questa, tuttavia, rimane tale, almeno per ora. Non è noto, infatti, in che modo funzionerà il nuovo fondo: chi lo alimenterà, in che modo, quali i paesi potranno attingervi e a quali condizioni. In molti, inoltre, hanno ricordato che già nel lontano 2009, alla Cop15 di Copenhagen, gli stati più ricchi della terra avevano promesso l’erogazione di 100 miliardi di dollari all’anno a favore di quelli più poveri per consentire loro di adattarsi agli impatti del riscaldamento globale. Ma quella cifra, 13 anni dopo, non è mai stata stanziata per intero.

Era però anche facilmente immaginabile, se non inevitabile, che è una conferenza ospitata da una nazione africana ponesse l’accento proprio sulla questione delle perdite e danni. E, anche considerando il fatto che il denaro stanziato per il loss and damage è sostanzialmente a fondo perduto, il solo fatto di aver stabilito un principio che porterà alla creazione di un fondo ad hoc rappresenta un passaggio storico. Sapendo però che se la temperatura media globale continuerà ad aumentare, non avremo mai a disposizione abbastanza denaro per far fronte a tutte le perdite e a tutti i danni che ciò provocherà.

Abbiamo raccolto una selezione di commenti ai risultati della Cop27, utili per comprendere i diversi punti di vista che sono stati espressi nelle ore successive alla chiusura della conferenza.

Le reazioni delle istituzioni ai risultati della Cop27

Secondo il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, alla Cop27 è stato effettuato un grande passo in avanti sulla giustizia climatica. Il diplomatico portoghese ha tuttavia sottolineato che “chiaramente questo non basta”, anche se “si tratta di un segnale politico necessario per ristabilire la fiducia (tra Nord e Sud del mondo, ndr)”. Parlando alla stampa internazionale, lo stesso Guterres ha anche sottolineato, tuttavia, che sul fronte dell’abbattimento delle emissioni di gas ad effetto serra “questa Cop non ha dato risposte”.

Di particolare interesse è l’opinione di Hon Seve Paeniu, ministro e parlamentare di Tuvalu, nazione che rischia di scomparire a causa della risalita del livello dei mari. “Non abbiamo risposto in modo sufficiente e ciò arreso quella di Sharm el-Sheikh un’opportunità mancata per un reale successo”, ha spiegato. Nonostante la sua sia certamente una delle nazioni che potrebbe beneficiare del fondo per il loss and damage. D’altra parte: quali danni e perdite potrebbero mai essere indennizzati se nel caso della nazione insulare il “danno” sarà la scomparsa?

Di tutt’altro tenore il commento pubblicato da Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica italiano, secondo il quale “l’approvazione finale del pacchetto alla Cop27 rappresenta un passo positivo nelle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici. E l’Italia ha fornito un rilevante contributo, partecipando al massimo livello”.

Il fatto che dalla conferenza si sia usciti con luci e ombre è stato quindi evidenziato da Alok Sharma, presidente alla ventiseiesima Conferenza mondiale (Cop26) che si era tenuta a Glasgow, in Scozia nel 2021. Il politico britannico a sottolineato lo storico risultato sul loss and damage e il fatto che non sia stato eliminato l’obiettivo di limitare la crescita della temperatura media globale ad 1,5  gradi centigradi di qui alla fine del secolo, rispetto ai livelli pre industriali (cosa che era stata tuttavia paventata). Ma ha anche evidenziato la “mancanza di ambizione sul carbone e sulle fonti fossili”.

Le reazioni delle organizzazioni non governative

Anche le reazioni delle organizzazioni non governative hanno spesso sottolineato la natura ambivalente dei risultati finali della Cop. L’americana 350.org, ad esempio, si è espressa con queste parole: “Grazie alla spinta dal basso il loss and damage è nel testo finale! Tuttavia, È stata mantenuta aperta la strada per un ulteriore incremento dello sfruttamento delle fonti fossili e un aumento degli impatti climatici”.

Dello stesso avviso Greenpeace, secondo la quale “lo storico accordo sul fondo per loss and damage è importante, ma ancora non ci sono progressi significativi sull’uscita dei combustibili fossili”.

L’italiana Legambiente ha parlato di “Cop27 salvata ai tempi supplementari”. Sottolineando la bontà dell’accordo sulle perdite e danni, ma ribadendo che l’Europa e anche l’Italia non hanno più alcun alibi: “Occorre accelerare la giusta transizione verso un futuro 100% rinnovabile in linea con l’obiettivo degli 1,5 gradi”.

Più negativo il commento del Wwf Italia, secondo il quale il fondo per il loss and damage “rischia di diventare un fondo per la fine del mondo se si continueranno a non affrontare i veri nodi della crisi climatica”.

Le reazioni di personalità ed esperti sul clima

Secondo Jennifer Morgan, a lungo presidente di Greenpeace e oggi inviata speciale sul clima della Germania, “c’è una spinta verso le energie rinnovabili nel testo e il fondo per il loss and damage è un passo avanti verso la giustizia climatica”. Ma ciò “non è abbastanza!”.

Decisamente più pessimista l’analisi di Naomi Klein, che si è concentrata in questo caso soprattutto sulla questione dei diritti umani. Facendo riferimento in particolare alla vicenda dell’attivista Alaa Abdel Fattah, da tempo in carcere e che ha anche avviato uno sciopero della fame. La giornalista e scrittrice canadese ha ricordato le “centinaia di egiziani arrestati”, “le migliaia di delegati sorvegliati da spyware” e “un accordo debole sul clima che protegge chi inquina”.

Similmente, ma concentrandosi di più sui risultati legati al clima, Laurence Tubiana, che nel 2015 partecipò attivamente alla stesura dell’Accordo di Parigi per conto del governo della Francia, a spiegato: “La Cop27 ha provocato profonda frustrazione, ma non è stata inutile. È stato raggiunto un significativo risultato per le nazioni più vulnerabili”.

Secondo l’attivista svedese Greta Thunberg, infine, “senza alcun impegno vincolante per ridurre in modo rapido e immediato le emissioni di gas ad effetto serra, il mondo non avrà alcuna possibilità di raggiungere un obiettivo degli 1,5 gradi, minimizzando i rischi di intaccare le infrastrutture vitali da cui tutti dipendiamo. In questo modo si mettono in pericolo innumerevoli vite umane”.

Dei risultati della Cop27, dunque, si continuerà a parlare a lungo. Ciò che è certo è che sul fondo per le perdite e danni occorrerà tenere alta l’attenzione affinché la discussione sulla sua governance non diventi interminabile. Allo stesso modo, sulla mitigazione dei cambiamenti climatici occorrerà tornare ad accelerare. Cosa che, di fatto, non si fa – se non in misura limitata e insufficiente – ormai dalla Cop21 del 2015.

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