La situazione è decisamente tesa. La Cop27 di Sharm el-Sheikh, la conferenza sul clima rischia di terminare con un fallimento. Le due settimane di negoziati previste inizialmente sono terminate venerdì 18 novembre senza un accordo tra i paesi membri dell’Unfccc, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Di conseguenza, nella giornata di sabato 19 novembre si sta cercando di recuperare il tempo perduto. Ma la distanza tra le diplomazie internazionali appare ancora molta, e su numerosi punti.
Frans Timmermans: “Meglio un non accordo alla Cop27 che un cattivo accordo”
Non a caso, il vicepresidente della Commissione europea e commissario per il Clima, Frans Timmermans, ha deciso nel corso della mattinata di alzare decisamente i toni minacciando di far saltare il banco e chiedere ai ministri europei di ritirarsi: “L’Unione europea si è dotata da tempo di un piano che la allinea all’obiettivo degli 1,5 gradi. E si è portata perfino oltre, rendendolo ancor più ambizioso. Non è a noi che si può imputare di non fare abbastanza”, ha spiegato. Ammonendo le controparti: “Non siamo pronti ad accettare un cattivo accordo. Meglio un non accordo che un passo indietro. Abbiamo bisogno di andare avanti”.
#COP27 is in overtime. The EU is united in our ambition to move forward and build on what we agreed in Glasgow. Our message to partners is clear: we cannot accept that 1.5C dies here and today.
La posizione di Timmermans è figlia soprattutto della notte tra venerdì e sabato, nel corso della quale la presidenza egiziana – già fortemente, e quasi unanimemente criticata per la lentezza e l’incapacità di coordinare in modo efficace i negoziati – ha presentato alcuni nuovi testi. Giudicati di fatto inaccettabili dal rappresentante dell’Unione europea. “Siamo preoccupati da ciò che abbiamo sentito nelle ultime 12 ore”, ha aggiunto Timmermans.
Loss and damage e mitigazione posti, di fatto, in concorrenza
In termini concreti, ciò che la presidenza egiziana guidata da Sameh Shoukry ha tentato di fare è stato spostare il peso dei negoziati sulla definizione di un fondo per far fronte alle perdite e ai danni (loss and damage) patiti dalle nazioni più povere e più vulnerabili del mondo, senza però ascoltare le richieste europee su un aumento delle ambizioni sulla mitigazione. Tradotto in parole più semplici: il mondo ricco avrebbe dovuto accettare l’idea di indennizzare chi subisce danni a causa dei cambiamenti climatici, a fronte di promesse più ambizione di Cina e altri paesi emergenti, ma l’Egitto non sembra aver lavorato in questo senso.
Per questo i nuovi testi sono stati respinti con forza dal vicepresidente Timmermans: “Se si decidesse di sforare l’obiettivo degli 1,5 gradi, non avremo mai abbastanza denaro per fronteggiare tutte le perdite e danni che patirà il mondo”. Una posizione condivisa da Alessandro Modiano, inviato speciale per il clima dell’Italia alla Cop27.
Forti critiche contro la presidenza egiziana della Cop27
E a poco è valsa la dichiarazione del presidente egiziano della Conferenza, Sameh Shoukry, secondo il quale “la grande maggioranza delle nazioni” troverebbe “equilibrate” le posizioni ipotizzate dal Cairo. Le Conferenze Onu si basano infatti sul principio del “consenso”: serve l’accordo di tutti, non di una maggioranza. Ammesso che ci sia.
La sensazione, insomma, è che salvo miracoli dell’ultimo momento la Cop27 si avvii alla conclusione con compromessi forti su tutti i pilastri: mitigazione, adattamento e loss and damage. La migliore delle ipotesi vede “salvo” l’obiettivo degli 1,5 gradi (ma sarà passato il concetto che possa essere messo in discussione) e inserita la necessità di un fondo per perdite e danni (e lo si farà passare come una grande novità, anche se se ne parli in realtà già da anni).
Il leader dell’Azerbaigian, che a novembre ospita la Cop29, è stato accolto in Italia come un partner strategico. Cruciali le intese sul gas. Ma non sono mancate le critiche degli attivisti per la linea dittatoriale che continua a perseguire.
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La Cop28 è finita, ma bisogna essere consapevoli del fatto che il vero test risiede altrove. Dalla disinformazione al ruolo delle città, ciò che conta avviene lontano dai riflettori.