La presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni ha spiegato che occorre affrontare la crisi climatica “senza radicalismi” e in modo “non ideologico”.
Dopo il primo intervento nel corso del quale si è concentrata unicamente sulla questione della sovranità alimentare e dell’accesso al cibo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha preso nuovamente la parola alla ventottesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop28 che è in pieno svolgimento a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti.
Il discorso di Giorgia Meloni alla Cop28 lontanissimo da quello dell’Onu
In modo, occorre dirlo, coerente con il proprio programma di governo, con l’orientamento del suo partito e con precedenti dichiarazioni, Meloni ha spiegato che si può parlare di transizione ecologica soltanto “nel modo in cui lo sta facendo l’Italia”. Ovvero con un approccio che rispetti la neutralità tecnologica e che sia “libero dal radicalismo”. In questo senso il riferimento è ai sistemi di carbon capture (Css), che tuttavia sono ancora lontani dal garantire un reale contributo in termini di riduzione delle concentrazioni di gas ad effetto serra nell’atmosfera. Ma anche ai biofuels, che presentano numerose altre criticità.
Meloni alla Cop28 contesta il “radicalismo ambientale”: “Serve una transizione ecologica, non ideologica”
Cioè cautela su rinnovabili ed efficienza
e apertura a soluzioni discutibili e di dubbia efficacia (CCS, biofuels, nucleare?) pic.twitter.com/7ecLwaoeNk
Un attacco implicito a chi chiede di superare al più presto i combustibili fossili puntando decisamente sulle fonti rinnovabili. E di fatto anche una presa di distanza da quanto chiesto a più riprese dal segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres. Che proprio alla Cop28 ha ribadito: “La scienza è chiara: l’obiettivo di limitare la crescita della temperatura media globale a 1,5 gradi centigradi può essere centrato solamente se smetteremo di bruciare ogni tipo di combustibile fossile”.
“La transizione ecologica non comprometta la sfera economica e sociale”
Giorgia Meloni ha precisato in questo senso come a suo avviso serva “una sostenibilità ambientale che non comprometta la sfera economica e sociale, una transizione ecologica non ideologica”. Ancora una volta lo stesso messaggio: siamo aperti sulla necessità di salvare il clima, ma solo se non costa troppi soldi e se non significa staccare un dividendo politico troppo negativo.
Una conferma del fatto che nella cultura dei governi a guida ultra-conservatrice la questione climatica non viene accettata nei modi in cui la scienza la spiega: ovvero come un bivio tra, da una parte, la necessità di governare una rivoluzione e, dall’altra, il rischio di assistere ad una catastrofe.
“Dobbiamo puntare sulla fusione nucleare”
Infine, la presidente del Consiglio italiana ha spiegato di non avere “preclusioni su tecnologie nuove, se si può avere un risultato positivo sono disposta a parlarne”. Ma ha spiegato che a suo avviso ciò che su cui si dovrebbe puntare è “la fusione nucleare e credo che l’Italia debba avere la capacità di pensare in grande”. Secondo Giorgia Meloni, dunque, è necessario scommettere su una tecnologia appena agli albori e che secondo gli stessi ricercatori che la studiano, potrebbe essere realmente sfruttabile e commerciabile solamente tra parecchi decenni.
Finanza climatica, carbon credit, gender, mitigazione. La Cop29 si è chiusa risultati difficilmente catalogabili in maniera netta come positivi o negativi.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.