Alla vigilia della Cop28 di Dubai, la Camera ha approvato una mozione che impegna il governo italiano a stimolare un’azione più incisiva e coordinata per affrontare la crisi globale.
Il Parlamento riconosce l’allarme dell’Ipcc e la necessità di insistere sul fondo Loss and damage e sui contributi ai paesi in via di sviluppo.
Nel frattempo però l’Italia insiste nelle politiche per l’oil&gas e continua a fare investimenti all’estero sulle fonti fossili.
Alla Cop28, la Conferenza delle Parti della convenzione quadro sul cambiamento climatico, che sta per aprirsi a Dubai e che andrà in scena fino al 12 dicembre, ci sarà ovviamente anche l’Italia, con una delegazione numericamente importante guidata dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro per l’Ambiente e la sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, che affronteranno l’appuntamento internazionale con una posizione focalizzata sull’adattamento climatico e un occhio attento alle necessità dell’Africa, anche alla luce dell’impegno nel cosiddetto Piano Mattei. Meloni, insieme alla delegazione del Mase e Pichetto, rappresenterà il nostro paese partecipando al summit ad alto livello il 1 e 2 dicembre. Nel frattempo però la Camera dei Deputati ha approvato una mozione cruciale che impegna l’esecutivo ad andare a Dubai a “stimolare un’azione più incisiva e coordinata per affrontare la crisi climatica globale”.
La Camera ha approvato la mozione di maggioranza in materia di politiche per il clima e impegni per la 28a conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (COP28) di Dubai. #OpenCamera
Cosa chiede la mozione approvata dal Parlamento per la Cop28
Uno degli elementi chiave della mozione riguarda il rafforzamento degli impegni derivanti dall’Accordo di Parigi del 2015, in cui gli Stati firmatari si sono proposti di limitare l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 gradi centigradi e sostenere ogni sforzo per mantenere tale aumento a 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali entro il 2050. La mozione sottolinea l’urgenza di valutare i progressi verso questi obiettivi e di intraprendere azioni concrete per ridurre le emissioni di gas serra.
La priorità della COP28, afferma la mozione italiana, “include il sostegno ai Paesi in via di sviluppo, particolarmente vulnerabili ai danni causati dai cambiamenti climatici”. Ma il documento riconosce anche i risultati allarmanti del sesto rapporto di valutazione sui cambiamenti climatici dell’Ipcc, il panel intergovernativo di scienziati per i cambiamenti climatici, pubblicato nel marzo scorso, che aveva confermato come l’accelerazione del cambiamento climatico abbia già creato ripercussioni irreversibili per secoli o millenni, e la necessità di azioni immediate e decise.
Tra gli altri punti più significativi, la mozione impegna il governo:
a sostenere l’iniziativa volta ad attuare il meccanismo delloss and damage fund, istituito nella COP27, per rispondere alle perdite e ai danni provocati dal cambiamento climatico subiti dai Paesi in via di sviluppo particolarmente vulnerabili;
a incrementare entro il 2025, in ossequio alla richiesta della Cop26 di Glasgow 2021 rivolta ai Paesi sviluppati, i finanziamenti per l’adattamento nei Paesi in via di sviluppo rispetto ai livelli del 2019;
a farsi promotore di iniziative per contribuire a raggiungere l’obiettivo dei Paesi sviluppati di mobilitare collettivamente finanziamenti per il clima pari a 100 miliardi di dollari fino al 2025 e dell’adozione di un nuovo obiettivo di finanziamento per il clima post 2025;
ad adottare iniziative per il raggiungimento dell’obiettivo di una quota pari allo 0,7 per cento del prodotto interno lordo in aiuti allo sviluppo, destinando il 50 per cento di queste risorse alla lotta al cambiamento climatico;
a promuovere la ricerca e l’utilizzo di bio-combustibili che giocano un ruolo cruciale nella riduzione del riscaldamento globale, offrendo una fonte energetica sostenibile e a basse emissioni di carbonio, contribuendo così a mitigare.
La differenza tra i fatti e gli impegni della mozione
Bellissimi e urgentissimi impegni, del tutto in linea con gli accordi presi nei consessi internazionali, che però cozzano con alcune delle politiche finora messe in campo dallo stesso governo e dalla stessa maggioranza: almeno secondo quanto obiettano le opposizioni, che durante il dibattito in Parlamento hanno sottolineato l’incongruenza tra le dichiarazioni di intenti previste nella mozione, e la recentissima riapertura delle trivellazioni in luoghi ambientalmente delicati come nel golfo di Napoli, di Sorrento, di Venezia, nelle isole Egadi, o la prevista realizzazione di nuovi rigassificatori a Gioia Tauro e Porto Empedocle (entrambe le cose sono contenute nel decreto Energia varato solo lunedì scorso, 27 novembre), che vanno nella direzione di favorire il settore oil&gas, i contratti stipulati da Eni in Qatar per conferire 1,5 miliardi di metri cubi anno di gas liquido fino al 2053, l’enorme ritardo accumulato nel varo di una legge contro il consumo del suolo.
Ma a rendere molto perplesso Angelo Bonelli di Europa Verde è uno degli stessi impegni della mozione, quello che chiede al governo di “valutare la possibilità che le garanzie pubbliche agli investimenti privati all’estero siano allineate all’impegno della COP26 di Glasgow 2021”. Perché? Perché a novembre 2021, proprio in occasione della Conferenza sul clima di Glasgow, 34 paesi e cinque istituzioni finanziarie pubbliche aderirono alla cosiddetta “Dichiarazione di Glasgow”, proprio per porre fine a nuovi finanziamenti pubblici internazionali per progetti di estrazione, trasporto e trasformazione di carbone, petrolio e gas entro il 31 dicembre 2022. Anche l’Italia – che condivideva con il Regno Unito la presidenza della Cop26 – aderì all’iniziativa.
Di fatto però tali finanziamenti non sono mai cessati, men che meno in Italia con Sace, la partecipata dal Ministero dell’economia e delle finanze, specializzata nel settore assicurativo-finanziario, che è anzi il primo finanziatore pubblico di combustibili fossili in Europa, con 15 miliardi di euro di garanzie effettuate per progetti di carbone, petrolio e gas dall’Accordo di Parigi in poi. Allora, il dubbio rimane sulla formula della mozione, su cosa si chieda effettivamente al governo con quel’impegno: azzerare finalmente gli investimenti oppure semplicemente mantenere lo status quo?
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