La Cop29 di Baku è arrivata a un accordo sulla finanza climatica approvato in plenaria dopo che il presidente Mukhtar Babayev ha battuto il martelletto alle 2:40, ora locale, di domenica 24 novembre. Prevede 300 miliardi di dollari all’anno per i paesi in via di sviluppo da stanziare entro il 2035. Finisce così una giornata piena di incertezze dopo una maratona durate oltre due settimane. L’accordo non soddisfa davvero nessuno, ma evita la fine di questa forma di multilateralismo. Mentre Babayev adottava il New collective quantified goal, c’è stato un lungo applauso, ma anche qualche fischio.
COP29 President Mukhtar Babayev: “The Baku Finance Goal represents the best possible deal we could reach. In a year of geopolitical fragmentation, people doubted that Azerbaijan could deliver. They doubted that everyone could agree. They were wrong on both counts.”#COP29… pic.twitter.com/etuW1pIuQ6
Necessari 1.300 miliardi di dollari per il sud del mondo, ma per ora sono lontanissimi
Il documento cita per la prima volta i 1.300 miliardi di dollari all’anno di trasferimenti dal nord al sud del mondo, al fine di consentire a quest’ultimo di avere i capitali necessari per contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici e adattarsi ai loro impatti. Ma senza imporre alcun obbligo in capo alle nazioni ricche. È stato invece deciso che saranno stanziati 300 miliardi di dollari all’anno, sempre a favore dei paesi in via di sviluppo. Anche in questo caso, però, le economie avanzate hanno ottenuto che non si trattasse di denaro pubblico bensì, come specificato nel testo, di capitali che dovranno arrivare da una vasta gamma di fonti, pubbliche e private, bilaterali e multilaterali.
Per cercare di proseguire nel tentativo di aumentare quella cifra si è creato un punto in cui si lancia la Roadmap da Baku a Belém verso 1.300 miliardi, con l’obiettivo di aumentare i finanziamenti per il clima ai paesi in via di sviluppo e sostenere percorsi di sviluppo a basse emissioni prima della scadenza formale del 2035. Il tutto dovrebbe avvenire attraverso sovvenzioni, strumenti agevolati e non basati sul debito, e misure per creare spazio fiscale.
Si tratta, insomma, di “qualcosa”, benché non di certo di ciò che si aspettavano le nazioni più povere e più vulnerabili di fronte alla crisi climatica. Mohamed Adow, di Power Shift Africa, una delle voci più autorevoli e ascoltate alle Cop, ha dichiarato che l’accordo sulla finanza climatica raggiunto alla Cop29 è “un disastro” e “un tradimento” nei confronti delle persone e del Pianeta. Subito dopo l’annuncio dell’approvazione, d’altra parte, hanno preso la parola i rappresentanti di paesi come Cuba, India e Nigeria, che hanno espresso critiche durissime nei confronti della presidenza azera.
La reazione dell’India
In particolare, l’India ha strappato applausi a scena aperta per aver contestato platealmente il nuovo accordo. Ha definito i 300 miliardi come una “somma irrisoria” e si è detta delusa per non aver avuto l’opportunità di esprimere la sua opposizione prima dell’approvazione. “L’India si oppone all’adozione di questo documento. […] Abbiamo informato il presidente e il segretariato che volevamo fare una dichiarazione prima di qualsiasi decisione, ma – come tutti avete visto – questo è stato orchestrato, e siamo estremamente delusi da questo episodio. […] Abbiamo visto cosa avete fatto… procedere con un’approvazione rapida ignorando le richieste di intervento delle parti non è degno del sistema delle Nazioni Unite”.
“Sembra che il mondo si sia dimenticato il motivo per cui siamo qui”
Allo stesso modo, Tina Stege, inviata speciale per il clima delle Isole Marshall, si è scagliata contro l’accordo: “Eravamo venuti in buona fede, avendo a cuore la sicurezza delle nostre comunità e il benessere del mondo. Eppure, a questa Cop abbiamo assistito al peggior opportunismo politico, giocando con la vita delle persone più vulnerabili. Ce ne andiamo con una piccola parte dei finanziamenti di cui avremmo bisogno urgente. Siamo lontanissimi da ciò che si può considerare sufficiente, ma è un inizio. Detto ciò, i governi sembrano aver dimenticato il motivo per cui siamo tutti qui: salvare vite umane”.
Lo stesso Simon Stiell, segretario esecutivo dell’Unfccc, ha spiegato che benché l’accordo possa essere considerato “come una polizza” di fronte agli effetti della crisi climatica, “non è il momento per i trionfalismi. Nessuna nazione ha ottenuto ciò che voleva e lasciamo Baku con una montagna di lavoro ancora da fare”.
Di segno opposto la reazione del commissario europeo per l’azione per il clima Wopke Hoekstra, che ha paragonato l’adozione del Ncqg all’introduzione dell’espressione “transitioning away from fossil fuels” della Cop28 di Dubai (benché considerata da molti troppo interpretabile e anodina), affermando che entrambe rappresentano l’inizio di una nuova era della sfida per il clima, finanziaria e energetica.
Carbon markets: l’articolo 6 dell’Accordo di Parigi è stato adottato dopo 9 anni
Nella prima parte della plenaria, poi sospesa per consentire al continuazione dei negoziati sulla finanza climatica, Babayev aveva usato il suo martelletto per adottare diversi punti su cui c’era già consenso, tra cui l’articolo 6 dell’Accordo di Parigi su cui si era raggiunto un compromesso nel corso della prima giornata dei lavori. Si tratta dell’articolo che disciplina il mercato dei carbon credit.
“Facendo incontrare in modo efficiente acquirenti e venditori, questo mercato potrebbe ridurre il costo dell’attuazione delle promesse di riduzione della CO2 di 250 miliardi di dollari all’anno”, ha dichiarato Barbayev dopo l’approvazione. Chi acquista carbon credit sono i paesi industrializzati che si trovano in ritardo nel loro percorso di decarbonizzazione. Chi vende sono i paesi in via di sviluppo che hanno bisogno di risorse economiche e finanziarie per proteggere le foreste (veri e propri serbatoi di CO2) o per sviluppare progetti legati alle energie pulite.
Prossimo appuntamento: Cop30 di Belém, in Brasile
Non a caso la ministra dell’Ambiente e del Clima del Brasile, Marina Silva, era intervenuta per prima alla plenaria affermando che alla Cop30 di Belém si farà di tutto per trovare i fondi per consentire all’intera umanità di restare il più possibile vicino all’aumento della temperatura media globale pari a 1,5 gradi Celsius. Una sorta di discorso di consapevolezza confermato durante una conferenza stampa in cui ha ribadito che l’anno prossimo ci vorrà più solidarietà, collaborazione, sostegno reciproco.
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