Pubblicate nella notte le nuove bozze di lavoro alla Cop29 di Baku, compresa quella sulla finanza climatica. Strada ancora in salita.
“Dobbiamo passare dai miliardi alle migliaia di miliardi”. I governi di tutto il mondo, presenti alla ventinovesima conferenza sul clima delle Nazioni Unite (Cop29), hanno accolto l’unica indicazione concreta arrivata a inizio settimana dal G20 di Rio de Janeiro. Quella, appunto, di passare dai billions (miliardi di dollari) ai trillions (migliaia di miliardi) di stanziamenti per garantire la transizione ecologica e la limitazione della crescita della temperatura media globale di un massimo di 1,5 gradi centigradi, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali. Ma la bozza sulla quale dovranno lavorare i negoziatori per stabilire sostanze e contorni del Nuovo obiettivo quantificato collettivo (New collective quantified goal, Ncqg) non fornisce alcun altra indicazione concreta sulla finanza climatica.
“Da miliardi a migliaia di miliardi”, ma non si sa chi pagherà, né quanto né a favore di chi
Si tratta di una questione cruciale, dal momento che lo stesso Ncqg dovrà “contenere”, come confermato dal testo, sia i capitali necessari per mitigare il riscaldamento globale che quelli per adattarsi ai loro impatti. E anche i fondi per risarcire le nazioni più vulnerabili e meno responsabili del riscaldamento globale per le perdite e i danni subiti (loss and damage). Ebbene, nel draft non soltanto non si precisa quale debba essere l’importo complessivo al quale tendere, ma neppure quale sia la platea dei paesi donatori e quale quella di coloro che dovranno invece ricevere i capitali messi a disposizione. Non viene precisato, inoltre, nulla su un altro nodo da sciogliere alla Cop29 di Baku: la forma attraverso la quale i finanziamenti dovranno arrivare. Le nazioni ricche propendono infatti per dei prestiti, mentre quelle del Sud del mondo chiedono che si tratti di sovvenzioni.
Qualche indicazione interessante, tuttavia, nelle dieci pagine pubblicate dall’Unfccc – la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – c’è. Benché infatti la partita alla Cop29 sia ancora tutta da giocare (sono presenti ancora 46 parentesi quadre, a indicare i punti di disaccordo, e numerose opzioni sui punti più rilevanti) proprio sulla forma dei finanziamenti, al paragrafo 22 si precisa che essi dovranno essere non-debt inducing. Ovvero che non dovranno favorire un indebitamento delle nazioni che ne beneficeranno.
La Cop29 potrebbe introdurre il principio del non indebitamento dei paesi beneficiari
Al paragrafo successivo, poi, si indica che “le nazioni sviluppate dovranno garantire almeno X miliardi di dollari all’anno”, lasciando appunto in sospeso anche l’apporto che dovrà giungere dal Nord del mondo. Un passo avanti, o almeno una possibile soluzione, è presente invece al paragrafo 24 per quanto riguarda la Cina. Uno degli elementi di discussione, infatti, è legato al suo status: la nazione asiatica è ancora considerata dalle Nazioni Unite un paese in via di sviluppo, ma si sa che negli ultimi decenni ha registrato una crescita esponenziale. Dovrà perciò piuttosto stanziare fondi o riceverne dal Ncqg?
L’escamotage che è stato trovato è il seguente: “Per quei Paesi (in via di sviluppo, ndr) che vorranno contribuire, potranno farlo in forma volontaria, in accordo con l’articolo 9 dell’Accordo di Parigi”. Si tratta di un compromesso, ma che potrebbe sbloccare la situazione. Allo stato attuale, la Cina potrà però anche attingere ai fondi.
Nella bozza sulla finanza climatica si ipotizza di far pagare sulla base delle emissioni storiche
Interessante inoltre il principio stabilito al paragrafo 25: si parla finita di burden-sharing arrangements (“accordi sulla base di una condivisione del pesi) per i Paesi sviluppati che siano basati su due fattori: le emissioni di gas ad effetto serra storiche e il Prodotto interno lordo pro-capite. Ciò potrebbe stabilire una base di calcolo per capire quanto dovrà essere pagato da ciascun governo. Certo, occorrerà comprenderne la metodologia, ma la scelta rappresenterebbe una vittoria per il Sud del mondo. Il riferimento al Pil pro-capite, poi, è chiaramente una richiesta giunta da paesi come la Cina, che hanno economie di grandi dimensioni, ma anche 1,4 miliardi di abitanti. Il testo, infine, ribadisce la necessità di puntare all’obiettivo degli 1,5 gradi, e che i fondi dovranno attingere “a tutte le fonti possibili, pubbliche, private e innovative”.
Per l’Unione europea è un testo squilibrato, inattuabile e inaccettabile
Nonostante alcuni passaggi interessanti, però, correre considerare che mancano ormai poche ore alla chiusura prevista della Cop29. E un testo così poco stringente non lascia presagire nulla di buono. Tanto che il Commissario europeo per l’Azione per il clima Wopke Hoekstra, rivolgendosi a tutti i governi durante una seduta plenaria, ha definito la bozza “unbalanced, unworkable, unaccettable”: squilibrata, inattuabile e inaccettabile.
Critiche negative anche da G77+Cina
I G77+Cina hanno fatto sentire la loro voce attraverso Adonia Ayebare, rappresentante dell’Uganda: “Che sia chiaro: non lasceremo la Cop29 di Baku senza un numero chiaro, ovvero 1.300 miliardi di dollari entro il 2030”. Lo stesso rappresentante dei paesi in via di sviluppo ha aggiunto poi che “senza l’Ncqg non ci saranno nuovi piani di riduzione delle emissioni, perché quei soldi ci servono proprio per implementare i nostri obiettivi”.
Nella notte sono arrivate anche altre bozze: quella sull’Obiettivo globale sull’adattamento (Gga) dal quale emergono ampi contrasti proprio sui riferimenti finanziari. Mentre nei draft sul Programma di lavoro per una transizione giusta ci sono ancora presenta ancora dieci parentesi quadre e ben nove opzioni in sole quattro pagine, ma va apprezzato il lavoro fatto dal G20 che quest’anno ha tentato di unire gli spunti dei ministri di finanza e clima per creare una nuova piattaforma in grado di attrarre investimenti. Un primo test volto all’obiettivo di cambiare il sistema, secondo quanto dichiarato da Eleonora Cogo del think tank Ecco. Pubblicato poi il draft sul programma di lavoro sulla mitigazione (Mwp) che non presenta alcun riferimento a un superamento delle fonti fossili. E quello sul Dialogo UAE necessario per dare attuazione concreta al Global stocktake approvato alla Cop28 di Dubai, nel quale allo stesso modo non si dà corpo al “transitioning away from fossil fuels” deciso negli Emirati, poiché non è presente il previsto aggiornamento su cosa significhi concretamente quella “transizione dai combustibili fossili”. Il rush finale è iniziato alla Cop29, insomma, su una strada davvero in salita.
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