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L’organizzazione della Cop30 nella foresta amazzonica porta con sé varie opere infrastrutturali, tra cui una nuova – contestatissima – autostrada.
La Cop30, la trentesima Conferenza delle parti sul clima in programma a novembre 2025, a suo modo è già storica. Non solo perché riaprirà il grande tema della mitigazione del riscaldamento globale, pressoché dimenticato alla scorsa Cop29 di Baku. Ma anche perché lo farà a Belem, nel cuore della foresta amazzonica. La scelta simbolica del presidente del Brasile, Lula, è potentissima. Ma porta con sé una serie di implicazioni pratiche. Perché l’amministrazione si deve preparare all’arrivo di 50mila persone, tra cui i principali leader mondiali, e lo fa anche costruendo infrastrutture. Tra cui una nuova, contestatissima, autostrada a quattro corsie che attraverserà chilometri di aree protette.
Il governo dello stato federato del Pará ha iniziato fin dal 2012 a esaminare il progetto della cosiddetta Avenida Liberdade (PA-020), salvo poi accantonarlo e recuperarlo più volte per i timori legati al suo impatto ambientale. A giugno del 2024 l’ha ufficialmente autorizzato. Il piano prevede la costruzione di 13,3 chilometri di strada, con due corsie per senso di marcia, più tre viadotti e un ponte sul fiume Aurá. Il tracciato parte dalla zona del campus dell’università federale del Pará, a Belem, e termina allo snodo dell’Alça Viária, a Marituba. Attraversa tre fiumi (oltre all’Aurá, anche il Murutucu e il Pau Grande) e dista appena 500 metri dal parco statale di Utinga. In sostanza, serve per decongestionare la città in vista di un forte incremento del traffico.
Adler Silveira, segretario alle Infrastrutture del governo di Pará, ai microfoni della Bbc la descrive come “un’autostrada sostenibile”, con corridoi per il passaggio di animali selvatici, piste ciclabili e illuminazione a energia solare. Precisa inoltre che è solo uno dei trenta progetti per modernizzare Belem, insieme all’ampliamento dell’aeroporto (da 7 a 14 milioni di passeggeri), alla costruzione di vari hotel e all’ammodernamento del porto.
Ma le immagini delle pile di tronchi accatastati su un terreno svuotato dalla sua vegetazione fanno temere che l’impatto di questa nuova autostrada sulla foresta amazzonica sia ben diverso. “È stato tutto distrutto”, testimonia alla Bbc Claudio Verequete. Abita a duecento metri di distanza dal tracciato della strada e si guadagna da vivere raccogliendo bacche di açaí. O meglio, guadagnava, perché gli alberi sono stati abbattuti. Per ora mantiene la famiglia con i risparmi accumulati in passato, perché non gli è arrivato alcun risarcimento da parte del governo. Teme inoltre che il territorio, divenuto più facilmente raggiungibile, diventi facile preda dello sviluppo immobiliare e industriale.
Un altro rischio è che l’autostrada crei una frattura nella foresta amazzonica, frammentando l’ecosistema e ostacolando i movimenti degli animali selvatici. Il che, in sostanza, porta a una riduzione del loro habitat. È di questa opinione la professoressa Silvia Sardinha, veterinaria e ricercatrice, anche lei intervistata dalla Bbc. Che critica apertamente il governo brasiliano per avere riaperto il dibattito sul futuro dell’Amazzonia soltanto “a un livello molto alto, tra dirigenti d’affari e funzionari governativi”, senza prestare ascolto a chi in Amazzonia ci vive.
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