Le novità introdotte dal governo per contenere la pandemia in Italia, a partire dal green pass rafforzato, o super green pass.
Tamponi, tracciamento e trasparenza: la strategia della Corea del Sud contro il virus
La Corea del Sud ha contenuto un’epidemia inizialmente esplosiva. La risposta del governo non è stata però immune da critiche, molte sulla questione della privacy.
La Corea del Sud è riuscita più di altri paesi a contenere la diffusione del nuovo coronavirus. Dei 10.991 casi totali registrati nel paese, il 65 per cento è emerso nella città di Daegu, a 240 chilometri sudest dalla capitale Seul, che a sua volta ha registrato poco più di 700 casi. A causa del Covid-19 sono morte 260 persone, mentre 9.762 persone sono guarite. Malgrado il virus si sia diffuso in tutte le province, la maggior parte delle aree (ad esclusione di Daegu) ha evitato l’emergenza medica e il blocco totale. La Corea del Sud ha risposto prontamente e in maniera efficace all’improvviso aumento nel numero dei contagi iniziato con la “paziente 31”, effettuando decine di migliaia di test al giorno; dopo il picco di oltre 7.300 casi attivi l’11 marzo, il numero ha iniziato a scendere.
Dal paziente zero alla paziente 31
Il primo caso dichiarato di Covid-19 il 20 gennaio ha fatto passare il livello di allerta da blu a giallo (la scala nazionale di gestione delle crisi ha quattro livelli di allerta e il blu e il giallo sono i primi due). Il 18 febbraio è stata diagnosticata la precorritrice di un enorme aumento nel numero dei casi: la trentunesima paziente. Nel giro di cinque giorni il numero ha raggiunto i 602 casi e il livello di allerta è passato a rosso, il massimo, esortando le persone a evitare qualsiasi spostamento non essenziale. Lo stesso giorno è stato richiesto ai cittadini di Daegu, epicentro dell’epidemia, di mettersi in isolamento per due settimane. Molti ristoranti, scuole private e negozi hanno deciso volontariamente di chiudere.
Le misure adottate in Corea del Sud sono state caratterizzate da una forte efficacia e trasparenza, dimostrando un’alternativa alle quarantene imposte in altri paesi. Il governo del presidente Moon Jae-In ha fatto di tutto per minimizzare le ripercussioni economiche evitando un blocco completo degli spostamenti (per esempio permettendo alle persone di andare al lavoro). Nella terza settimana di marzo, in un appello televisivo, il primo ministro Chung Sye-Kyun ha suggerito caldamente a “strutture religiose, di sport al chiuso e di svago come le discoteche” di sospendere ogni attività. “In caso di mancato rispetto dell’ordine amministrativo, faremo ricorso ad ogni risorsa possibile concessa dalla legge, dalla chiusura delle strutture alla richiesta di indennizzi”.
Il caso della chiesa Shincheonji
Non si può parlare dell’epidemia in Corea del Sud senza menzionare il famigerato caso della chiesa Shincheonji. Circa la metà dei contagi del paese risalgono direttamente o possono essere collegati indirettamente a quella che da molti è considerata una setta. Si pensa che dietro all’impennata del contagio ci sia la trentunesima paziente diagnosticata, membro attivo di una chiesa: dal 7 febbraio aveva la febbre alta ma ha preso parte a diverse messe, alcune con oltre mille partecipanti.
Ai seguaci della chiesa Shincheonji è chiesto di tenere segreta la loro adesione. In un’intervista, un ex-membro ha rivelato che durante la messa tutti si siedono vicini e viene chiesto loro di togliere mascherine e occhiali e urlare “amen” molte volte, questa pratica rende la cerimonia un focolaio perfetto, una ricetta per il disastro. Il gruppo è stato ampiamente criticato per aver fornito al governo una lista sbagliata e incompleta dei membri, minando un tracciamento efficiente e rapido dei movimenti della paziente trentuno. Di conseguenza, il leader della chiesa ha chiesto scusa pubblicamente e si è inchinato alla nazione in diretta televisiva, ed ora, come riporta una traduzione della Nbc, è indagato per “omicidio, lesioni, violazione della prevenzione e gestione di malattie infettive”.
Come la Corea del Sud ha contenuto l’epidemia di coronavirus
Test veloci ed efficaci sono stati fondamentali per il contenimento dell’epidemia. Il 7 febbraio la capacità di analisi dei tamponi era di tremila al giorno, questa cifra è passata a 15mila nel giro di un mese. Adesso ci sono 118 diversi luoghi di analisi disseminati per il paese che assicurano un facile accesso a gran parte della popolazione. La maggior parte delle analisi sono condotte attraverso un sistema drive-through veloce e sicuro, ci vogliono dieci minuti e il giorno successivo vengono comunicati i risultati via messaggio. Secondo un articolo del Korea Herald le analisi sono “più comode, veloci e sicure sia per i pazienti che per il personale medico” perché minimizzano i rischi di contagio. Senza dubbio il sistema ben coordinato ha giocato un ruolo molto importante nel contenimento del contagio inizialmente esponenziale.
La seconda caratteristica della reazione della Corea del Sud è stata una comunicazione totale e trasparente delle informazioni riguardanti i pazienti infetti. Siti web di amministrazioni locali, app e mappe online interattive hanno reso disponibili a tutti i dati riguardanti gli spostamenti che i cittadini infetti hanno compiuto prima di essere stati diagnosticati. I cittadini vengono informati via messaggio qualora vengano registrati nuovi casi nella zona in cui vivono, segue poi una lista dettagliata dei movimenti della persona infetta, in cui si trovano negozi e ristoranti specifici, i quali vengono chiusi temporaneamente e disinfettati. In questo modo le persone possono sapere se sono state potenzialmente esposte al virus e sanno se si devono isolare e far fare il test. La realizzazione di un sistema di questo tipo è stata possibile grazie al rapido accesso del governo ai dati di carte di credito e telefoni e alle registrazioni delle telecamere di sorveglianza.
Inoltre la maggior parte delle persone che parlano coreano ha accesso a Naver, un motore di ricerca dove si possono trovare comunicazioni e articoli ufficiali. Il sito del ministero della Salute pubblica comunicati stampa quotidiani con gli ultimi aggiornamenti, notizie e statistiche sia in coreano che in inglese. Queste fonti di informazione sono considerate per la maggior parte affidabili, e lo stesso vale per i media più popolari.
Il coronavirus in Corea del Sud, la situazione attuale
I dati sembrano mostrare che le misure adottate hanno avuto successo nel contenimento del virus: dopo l’impennata iniziale il numero dei nuovi casi ha iniziato a scendere lentamente a metà marzo e ci sono sempre meno casi ogni giorno. Tanto da spingere il governo ad allentare le misure di contenimento i primi di maggio. A Seul, però, si è registrato un probabile nuovo focolaio si pensa collegato alla movida di Itaewon, il quartiere dei locali in città, che ha spinto il governo a tornare sui suoi passi e dare una nuova stretta alle misure per evitare una nuova ondata di casi.
La pandemia ha cambiato radicalmente la vita in Corea del Sud per diverse settimane e anche se ora le persone stanno lentamente tornando alla normalità, rimane un senso di allerta. Quasi tutti indossano le mascherine e alcuni supermercati ne impongono l’utilizzo. Molti negozi e strutture pubbliche offrono disinfettanti per le mani. Molti centri commerciali usano telecamere termosensibili per misurare la temperatura corporea dei clienti. Nel frattempo, scuole pubbliche e università, non potendo fissare una data di rientro in classe, stanno conducendo le lezioni online.
In luce della diminuzione dei nuovi casi giornalieri, il ministero della Salute e del Benessere ha lanciato la Campagna potenziata di distanziamento sociale per incoraggiare i cittadini a “stare a casa il più possibile” che include diverse misure precauzionali. Inoltre ai visitatori che entrano nello stato è richiesto di “andare in una struttura di isolamento designata dal governo coreano a proprie spese”, i residenti invece si devono mettere in quarantena nelle proprie case per due settimane.
Un successo?
Il parare generale sulla risposta del governo è positivo, ma alcune persone attribuiscono il merito del successo anche agli sforzi del personale medico e alla disciplina mostrata dai cittadini. Quando l’epidemia era al suo picco, il governo è stato criticato aspramente per non aver bloccato i trasporti con la Cina. Quasi 1.500.000 persone hanno firmato una petizione online chiedendo l’incriminazione del presidente Moon Jae-In per questo motivo, affermando che “sembra il presidente della Cina, non della Corea”. Le accuse partono anche dal fatto che la Corea del Sud ha donato materiale medico alla Cina e si sostiene che l’epidemia sarebbe stata evitata o minimizzata con l’imposizione di divieti severi di movimento.
A safe vote.
? Read more: https://t.co/dWexPzs5Ui pic.twitter.com/aHXgcFUVHe
— World Economic Forum (@wef) April 15, 2020
La Corea del Sud ha tenuto le elezioni parlamentari: i risultati
Malgrado le critiche, il partito in carica ha ottenuto una vittoria schiacciante alle elezioni parlamentari del 15 aprile, a riprova dell’enorme supporto dell’elettorato per il governo e per come è stata gestita la crisi, inoltre l’affluenza alle urne è stata di due terzi dell’elettorato, la partecipazione più alta in quasi vent’anni. Il governo ha ottenuto 180 seggi su 300 nell’Assemblea nazionale, divisi tra il Partito democratico in carica (163 seggi) e il partito affiliato con 17 seggi. Per poter votare, i cittadini hanno indossato guanti e mascherine, hanno utilizzato un disinfettante per le mani, hanno tenuto un minimo di un metro di distanza tra loro ed è stata misurata la temperatura corporea a tutti. Chi aveva una temperatura superiore ai 37,5 °C ha votato in cabine elettorali separate che sono state disinfettate dopo l’utilizzo. È stato organizzato anche un sistema per far votare le persone positive al coronavirus e quelle in quarantena.
#SouthKorean President #MoonJaein ruling party won an absolute majority in parliamentary elections, results on Thursday showed, a landslide victory propelled by successes in the country’s efforts to contain the new #coronavirus. pic.twitter.com/9Zwm9sKqxT
— M N A (@mnaEN) April 16, 2020
In generale, malgrado il contenimento della diffusione del virus, il paese resta in allerta temendo una possibile seconda ondata. Ora che l’epidemia è stata arginata, per molte persone sembra che la paura di venire associati al virus sia maggiore della paura di essere contagiati. Quando un negozio entra nella lista dell’itinerario di una persona contagiata, diventa istantaneamente un luogo off-limits per la gente del posto. I proprietari dei centri di doposcuola temono che anche solo un caso tra i propri dipendenti possa far perdere loro dei clienti. Per questi motivi le piccole imprese rischiano costantemente di perdere clienti e di restare senza lavoro.
La mancanza di privacy desta crescente preoccupazione. La pubblicazione online di informazioni personali nei più minimi dettagli ha provocato qualche situazione imbarazzante, tra cui lo smascheramento di relazioni extraconiugali come nel caso del cinquantenne tornato dalla provincia cinese di Hubei con la sua segretaria trentenne ma è anche una violazione dei diritti umani di base. La Commissione nazionale dei diritti umani ha rilasciato un comunicato che esprime la sua preoccupazione riguardo l’eccessiva pubblicazione di informazioni private dei pazienti infetti. Anche se non si ha nulla da nascondere, c’è qualcosa di profondamente inquietante nel vedere i dettagli dei propri spostamenti pubblicati online alla vista di chiunque. Sorge spontaneo chiedersi se la perdita della privacy sia un prezzo equo da pagare per la sicurezza dell’intera nazione, con migliaia di vite umane potenzialmente a rischio.
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