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Il nuovo presidente della Corea del Sud ha annunciato la volontà di abbandonare il nucleare e il carbone, puntando sulle fonti rinnovabili.
La Corea del Sud, quinto produttore di energia nucleare al mondo, bloccherà tutti i progetti di costruzione di nuovi reattori. E avvierà al contempo un vasto piano di transizione, con l’obiettivo di uscire definitivamente dal nucleare. Ad annunciare la svolta della nazione asiatica è stato il nuovo presidente Moon Jae-in, in una conferenza tenuta nella giornata di lunedì 19 giugno nel corso della quale ha ricordato come l’abbandono dell’atomo e il contestuale sviluppo delle fonti rinnovabili facesse parte del suo programma di governo.
La catastrofe di Fukushima, d’altra parte, ha colpito in modo particolarmente forte l’opinione pubblica. Anche per questo, il leader progressista della Corea del Sud ha puntato molto sul piano di trasformazione del sistema di produzione energetica del paese: “Stiamo per entrare nell’era post-nucleare”, ha dichiarato nel corso della cerimonia con la quale è stato celebrato il primo smantellamento di un reattore, il Gori-1, che costerà la cifra astronomica di 643,7 miliardi di won (507 milioni di euro) e necessiterà di quindici anni di lavoro.
“Bloccherò tutti i progetti di nuove costruzioni e non prolungherò la vita delle centrali attualmente in servizio”, ha aggiunto Moon Jae-in, sottolineando i pericoli derivanti dallo sfruttamento dell’atomo. Molti impianti sono infatti situati a poca distanza da zone residenziali densamente popolate. Il che significa che in caso di fusione del nocciolo di un reattore “le conseguenze sarebbero inimmaginabili”. Anche perché, ha specificato il presidente, “la Corea del Sud non è esente da rischi sismologici. E abbiamo sperimentato il fatto che un incidente nucleare provocato da un terremoto può avere un impatto devastante”.
Proprio alcuni sismi registrati di recente nella nazione asiatica hanno contribuito a rafforzare la preoccupazione nella popolazione. Mentre la sfiducia nei confronti dell’energia atomica è stata rafforzata dai numerosi scandali che hanno scosso il settore negli ultimi anni. Alcuni di essi, infatti, hanno implicato le agenzie pubbliche che si occupano di nucleare, che avrebbero falsificato i certificati di sicurezza delle centrali. “Finora la politica energetica del paese si è concentrata sulla riduzione dei costi. Ora si cambia: le nostre priorità saranno la sicurezza e la tutela dell’ambiente”, ha dichiarato Moon Jae-in.
Nella nazione asiatica sono presenti ad oggi 25 reattori, che producono circa il 30 per cento dell’energia consumata nel paese. È previsto che la “durata in servizio” di molti di loro termini tra il 2020 e il 2030: se si volesse prolungarne la vita, occorrerebbe una decisione proprio nel corso del mandato dell’attuale presidente. Quest’ultimo ha anche promesso di avviare un programma di abbandono del carbone, in questo caso non per paura di incidenti ma per tutelare la qualità dell’aria e la salute pubblica. Il problema, però, è che anche il combustibile fossile rappresenta circa un terzo della produzione energetica nazionale: la transizione si annuncia perciò piuttosto lunga.
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