In Alto Adige screening di massa contro il coronavirus: in tre giorni effettuati tamponi rapidi a 343 mila residenti, solamente lo 0,9 per cento positivi.
L’Alto Adige ha concluso domenica sera il primo esperimento italiano di screening di massa per il controllo della pandemia di Covid-19, e i risultati sono sorprendenti: solamente lo 0,9 per cento della popolazione è risultata positiva al coronavirus, una percentuale incredibilmente più bassa del dato nazionale fornito ogni giorno dal ministero della Salute che nelle ultime settimane ha oscillato costantemente tra il 14 e il 17 per cento. Forse un indizio del fatto che un censimento generale della popolazione può dare risultati molto più significativi di quelli dei tamponi cui sottopongono, evidentemente, solo persone che hanno già il sospetto o la certezza di essere entrati a contatto con un positivo.
Alto Adige: un esempio che in molti potrebbero imitare sul coronavirus
Lo screening di massa dell’Alto Adige, effettuato in tre giorni da venerdì 20 a domenica 22 novembre, ha riguardato in realtà il 61,9 per cento della popolazione locale, 343.227 persone (l’obiettivo iniziale era 350mila): solamente 3.185 di loro sono risultate positive. Tra i centri più grandi della provincia, il capoluogo Bolzano è esattamente in media nel rapporto test/positivi con lo 0,9 per cento, mentre Merano è piuttosto sopra la media con un 1,5 per cento. Ma soprattutto, come ha spiegato in conferenza stampa il presidente della provincia autonoma di Bolzano Arno Kompatscher, “siamo riusciti a isolare oltre 3 mila persone che potevano infettarne altre decine di migliaia”.
In questo modo, la Provincia spera di ridurre la catena d’infezione e poter dare spazio nelle prossime settimane alle riaperture: molto importanti per l’economia della zona, in particolare, sono le attività legate alla stagione sciistica, sulla quale Kompatscher ha già chiesto al governo di ragionare.
Lo screening organizzato dalla provincia di Bolzano si è basato su una campagna di tamponi gratuita e su base volontaria, con la collaborazione della Protezione Civile, dei comuni interessati e di centinaia di volontari. Una iniziativa quasi unica, per lo meno per dimensioni, in Italia. Fino solamente alcuni comuni del Veneto (per esempio Vo Euganeo, epicentro del primo focolaio di coronavirus in assoluto in Italia alla fine del febbraio scorso) vi avevano fatto ricorso. Ma l’iniziativa potrebbe essere replicata a breve anche da altre regioni. Ai tamponi di massa del resto ha già fatto ricorso la Cina: eclatante è stato il caso della città di Tsingtao, che a fronte di 12 nuovi contagi da coronavirus il mese scorso aveva deciso di testare tutti i suoi 9 milioni di abitanti per ottenere un esatto tracciamento del contagio.
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