Diverse città stanno diventando centri di diffusione del virus in Amazzonia. Una panoramica delle zone amazzoniche di Brasile, Colombia, Perù ed Ecuador.
Provate a immaginare di vivere in una piccola comunità nel cuore dell’Amazzonia. Potreste avere una casa di legno con una sola stanza. Oppure potreste vivere in una maloca, una delle grandi costruzioni comunitarie dove molte famiglie indigene colombiane vivono insieme. Probabilmente ci sarebbe giusto un centro per la salute nella vostra comunità, e a volte neanche quello. Se presente, questo centro avrebbe solo le medicine più essenziali. Per raggiungere l’ospedale più vicino bisognerebbe navigare sul fiume per molte ore, o a volte giorni.
Ora immaginate tutto ciò nel mezzo della pandemia mondiale di coronavirus.
Il lancio del Fondo d’emergenza per l’Amazzonia
“L’Amazzonia è nel bel mezzo di un’emergenza”, ha affermato Gregorio Díaz Mirabal, presidente del Coica, il Coordinamento delle organizzazioni indigene del bacino amazzonico, che rappresenta gli oltre tre milioni di abitanti nativi che condividono questo territorio in nove stati. Secondo il Coica nella regione sono stati registrati più di 40.500 casi di coronavirus e almeno 2.500 morti. “Chiediamo l’aiuto internazionale. Se continuiamo ad aspettare l’intervento dei governi, la nostra gente continuerà a morire. E non ci vogliamo estinguere”, ha detto Díaz Mirabal durante il lancio virtuale del fondo d’emergenza per l’Amazzonia, che ha visto la partecipazione di diversi leader indigeni. Lo sfondo di Zoom mostra i copricapi etnici che rappresentano le diverse comunità.
Il fondo d’emergenza è stato istituito dal Coica, da diverse organizzazioni indigene nazionali e da almeno 19 organizzazioni non governative, tra cui Amazon Watch, Rainforest foundation US, Amazon Frontlines e Rainforest action network. L’obiettivo è di raccogliere almeno tre milioni di dollari in due settimane, e l’obiettivo finale è di cinque milioni. I fondi raccolti saranno usati per comprare e distribuire tra le comunità indigene beni essenziali come cibo, equipaggiamenti di protezione e medicine.
“We cannot wait any longer for our governments … We are in danger of extinction,” said José Gregorio Diaz Mirabal, general coordinator of COICA and a member of the Wakuenai Kurripaco people of Venezuela. #AmazonEmergencyFundhttps://t.co/e0wIirFX0j
Il coronavirus in Amazzonia: Brasile, Colombia, Perù ed Ecuador
Il Brasile e l’epicentro a Manaus
La più grande città dell’Amazzonia, Manaus, è apparsa sui giornali di tutto il mondo per l’alto numero di contagi e di morti causate dal coronavirus. È stata paragonata a Guayaquil in Ecuador, probabilmente l’area più colpita dell’intera America Latina. Il primo caso nella regione brasiliana è stato registrato il 25 febbraio e ad oggi il comune di Manacapuru, parte della regione metropolitana di Manaus, ha la più alta concentrazione di infezioni e morti da Covid-19 in proporzione alla popolazione.
Il presidente Jair Bolsonaro ha apertamente trascurato la crisi e diversi esperti di salute pubblica concordano sul fatto che questo comportamento sia una delle cause dell’alto numero di contagi di Manaus. “Il popolo fa quello che dice il presidente, diffondendo l’infezione e provocando morti”, afferma Pedro Rapozo, segretario della Sbpc, la società brasiliana per il progresso della scienza che ha recentemente chiesto al governo federale di prestare attenzione alla situazione in Amazzonia. “Le persone continuano con la loro vita quotidiana quasi come se niente fosse”.
“Circa il dieci per cento delle morti per Covid-19 in Brasile è nella regione amazzonica. Il sistema sanitario è semplicemente collassato, e si può dire lo stesso delle onoranze funebri. L’alto tasso di mortalità riflette le politiche di salute inefficienti nel dipartimento di Amazonas. Stiamo osservando i risultati dei mancati investimenti nei servizi di sanità” aggiunge Rapozo. Sono state scavate fosse comuni e gli ospedali a Manaus non ce la fanno più. In più, molte persone non sono in grado di raggiungere gli ospedali e semplicemente muoiono nelle loro comunità, non vengono testate e probabilmente non verranno mai conteggiate nelle statistiche delle vittime del coronavirus.
Rapozo fa anche notare che le persone indigene sono le più vulnerabili, perché hanno un’incidenza più alta di altri problemi, vivono lontani da strutture sanitarie e spesso in povertà. Ancora più vulnerabili sono le popolazioni in isolamento volontario, perché le malattie del mondo esterno sono una vera minaccia alla loro esistenza. Rapozo considera particolarmente preoccupante il raddoppiarsi dei casi nel giro di una settimana nella regione di Amazonas e nelle regioni di Loreto in Perù e di Amazonas in Colombia. Inoltre, considerando la vastità di questi territori e la scarsa densità di popolazione, molti casi non verranno mai scoperti, tantomeno registrati.
“Non abbiamo modo di occuparci della maggior parte della popolazione”, afferma José Joaquín Carvajal Cortés, biologo e ricercatore del rinomato istituto Fiocruz Amazonia a Manaus, considerato una delle istituzioni di ricerca sulla salute pubblica più importanti al mondo. “L’area è quasi priva di infrastrutture sanitarie e le popolazioni indigene sono più vulnerabili a questo tipo di malattie respiratorie. La storia ci insegna come malattie come questa possono distruggere intere popolazioni native. I posti letto negli ospedali sono finiti nel giro di una settimana”.
In Colombia il virus è arrivato nello stato di Amazonas relativamente tardi, il 17 aprile. “All’inizio pensavamo che l’isolamento naturale di Amazonas ci avrebbe protetti”, spiega Ángela López Urrego, dottoranda in studi sull’Amazzonia all’Università nazionale della Colombia, nella sede Leticia (capoluogo di Amazonas) e parte dell’organizzazione indigena Capiul. “Ma ci sbagliavamo, e ora stiamo osservando esattamente l’opposto”.
Urrego parla del caos che ha sopraffatto Leticia con l’arrivo del virus: “Il nostro sistema sanitario è collassato praticamente al primo caso. C’erano qualcosa come cinque posti letto e il personale sanitario non era preparato al Covid-19. Per niente”. A un certo punto tutto il personale ospedaliero si è dimesso, anche i conducenti delle ambulanze, per protestare contro la mancanza di attrezzature e strutture. Dopo aver raggiunto un accordo con la direzione hanno ricominciato a lavorare. Adesso ad Amazonas la percentuale di casi di Covid-19 in rapporto alla popolazione è di diciotto volte superiore alla media nazionale e ci sono stati giorni in cui il numero di casi ha superato quello di Bogotà, la capitale. “Prenderemo il controllo immediatamente”, è stato il commento del ministro della Sanità Fernando Ruiz dopo aver visitato Leticia.
“Siamo la capitale della corruzione in Colombia“, ha aggiunto López. “Con i soldi in teoria destinati agli ospedali non è stata costruita nessuna struttura. Se c’è un lato positivo nell’epidemia di Covid-19 a Leticia, è che sono stati svelati molti buchi. Sono venuti a galla molti casi di corruzione”.
“Non intendiamo ripudiare lo stato, ma chiediamo che ci sia un coordinamento”, ha annunciato il presidente del Coica Díaz Mirabal durante il lancio del fondo di emergenza. “In Amazzonia lo stato è intervenuto fino a un certo punto, ma ci sono stati casi in cui lo stesso personale militare e medico ha diffuso l’infezione. L’aiuto dovrebbe arrivare seguendo dei rigidi protocolli di prevenzione”.
Il dipartimenti di Loreto, in Perù
Il Perù ha risposto in maniera più forte rispetto al Brasile e le posizioni del presidente Martin Vizcarra sono ben lontane da quelle di Bolsonaro. Eppure Iquitos, il capoluogo di Loreto nonché la “capitale amazzonica” del Paese, famosa per essere la più grande città al mondo non raggiungibile via strada, è nella lista dei luoghi di maggior contagio in America Latina. La Bbc riporta che il governatore ha affermato che la città può cremare fino a quattro corpi al giorno, ma il numero di vittime quotidiane è già più alto. Mancano forniture mediche di base e gli ospedali sono collassati completamente, il numero dei pazienti supera di gran lunga quello dei posti letto.
Secondo l’agenzia di comunicazione peruviana Servindi, in una delegazione del comune di Trompeteros di Loreto, quattro persone sono risultate positive al coronavirus dopo aver visitato almeno 18 comunità indigene lungo il fiume Corrientes per distribuire cibo. Il 20 aprile il lavoro di distribuzione è stato interrotto, poiché parte dell’equipaggio mostrava sintomi acuti. Tra i partecipanti vi è anche il sindaco del comune.
I Seikopai in Ecuador
In Ecuador l’attenzione del governo è stata completamente assorbita dall’emergenza estrema a Guayaquil. La Commissione interamericana dei diritti umani ha divulgato un comunicato in cui vengono espresse gravi preoccupazioni riguardo le infezioni di Covid-19 tra le persone Seikopai, un piccolo popolo indigeno in Amazzonia. Su una popolazione totale di 744 persone sono stati registrati 15 casi e due persone anziane sono morte. Questo è un esempio preoccupante della vulnerabilità dei popoli indigeni dell’Amazzonia durante la pandemia.
E ci sono molti altri casi simili. “Sono stato informato di casi tra gli Shuar e i Ashuar in aree come Pastaza e Napo” dice Roberto Narvaez, antropologo e specialista di diritti umani con più di vent’anni di esperienza nello studio e la collaborazione con comunità indigene in Ecuador. “L’accesso alla sanità è assente in Amazzonia. Le autorità responsabili potrebbero star commettendo il crimine di genocidio poiché storicamente è già successo che intere popolazioni siano state sterminate da epidemie come questa. Questo potrebbe portare all’imposizione di pene nazionali e internazionali contro il governo” afferma Narvaez, esprimendo le sue preoccupazioni.
Ci sono molte somiglianze tra le varie aree della regione amazzonica abitata da popolazioni indigene che presentano una gran varietà di tratti culturali. Geograficamente è una zona molto difficile da controllare. Ci sono molte attività illegali che vengono tutt’ora condotte come l’estrazione di petrolio e minerali, il taglio e trasporto di legname e le coltivazioni di coca. Questo significa che tutte le persone che lavorano in queste attività rischiano di portare il virus in aree remote. In più, le infrastrutture sanitarie e l’accesso alla salute e all’informazione scarseggiano, mentre abbonda la corruzione. Oltre alla creazione del Fondo d’emergenza, le organizzazioni indigene in Brasile hanno recentemente chiesto aiuto all’Organizzazione mondiale della sanità. “I nostri governi sono sotterrati dal debito” segnala Díaz Mirabal. “Abbiamo bisogno dell’aiuto internazionale per affrontare questa emergenza che riguarda tutto il mondo. Perché dobbiamo proteggere l’Amazzonia“.
Bolsonaro riceve la medaglia al merito indigeno. Una scelta assurda del governo brasiliano che non tiene conto delle accuse di genocidio nei confronti del presidente.
Impossibile non restare affascinati dalla vita dei popoli indigeni, così intimamente connessa alla natura e così lontana dal nostro quotidiano. Possiamo raggiungerli con la fantasia e vedere il mondo con i loro occhi grazie alle straordinarie immagini del calendario 2022 “We, the people” di Survival International, il movimento globale che lotta per i loro diritti.
Il presidente cileno Sebastián Piñera ha dichiarato lo stato di emergenza e schierato l’esercito in quattro province nel sud del paese in seguito a una serie di scontri fra le forze dell’ordine e il popolo indigeno dei Mapuche. La misura straordinaria resterà in vigore per almeno due settimane e autorizzerà le forze armate a “fornire appoggio logistico, tecnologico e nelle comunicazioni, così come nelle operazioni di