Il presidente Bolsonaro si ferma a parlare con i cronisti per annunciare di avere il coronavirus, intanto il Brasile conta 65mila vittime.
Jair Bolsonaro è positivo al coronavirus. Com’era accaduto per il suo collega britannico Boris Johnson (da tempo ormai guarito) anche il presidente del Brasile viene colpito da quello stesso virus che finora aveva tanto snobbato, riconducendolo con tenacia a una banale influenza, soprattutto per non essere costretto a chiudere l’economia del Paese.
A dare conferma della positività è stato lo stesso Bolsonaro, 65 anni, di ritorno dall’ospedale intrattenendosi a parlare con i giornalisti che lo aspettavano fuori dal palazzo presidenziale, indossando una mascherina e togliendosela per parlare. “Sono positivo, ma mi sento bene, normale. Volevo anche fare una passeggiata, ma non ho potuto a causa delle raccomandazioni dei medici”.
Bolsonaro si era sottoposto al test ieri, dopo aver manifestato sintomi compatibili con il virus, in particolare febbre a 38 gradi. Ha effettuato anche una radiografia ai polmoni che, ha detto, “sono puliti”.
Bolsonaro ha anche salutato alcuni sostenitori fuori dalla residenza presidenziale a Brasilia, avvisandoli: “Non posso avvicinarmi molto”. Secondo quanto riportato dall’emittente all-news statunitense Cnn, Bolsonaro avrebbe spiegato ai cronisti di aver iniziato ad assumere l’idrossiclorichina, il farmaco anti-malaria già usato e promosso dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump nonostante i suoi effetti contro la Covid-19 non siano mai stati comprovati scientificamente.
Il Brasile, un paese martoriato
Intanto non si arresta la corsa dell’epidemia da un capo all’altro del paese sudamericano: solo nelle ultime 24 ore si sono registrati 620 ulteriori decessi che portano il totale a 65.487, ovvero il secondo bilancio più pesante al mondo, alle spalle degli Stati Uniti. Le diagnosi di positività dalla comparsa del virus sono salite invece a 1,6 milioni, di cui più di 20mila solo nell’ultima giornata. In particolare, sono centinaia le vittime tra le popolazioni indigene dall’Amazzonia, le cui condizioni sono aggravate oltre che dalla mancanza di anticorpi anche dalle difficoltà di spostamento e di comunicazioni e dall’assenza di strutture sanitarie adeguate.
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