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Il coronavirus ha fatto crollare le emissioni mondiali di CO2
Il confinamento ha prodotto un netto calo delle emissioni di CO2 mondiali. Ma il rischio è che la ripresa economica possa farle tornare ai livelli del 2019.
La crisi del coronavirus e il conseguente confinamento porteranno ad un drastico calo annuale delle emissioni mondiali di CO2. A confermarlo è un nuovo studio pubblicato dalla rivista Nature Climate Change, secondo il quale la diminuzione annuale potrebbe essere compresa tra il 4 e il 7 per cento, rispetto al 2019.
Temporary reduction in daily global CO2 emissions during the COVID-19 forced confinement.
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— GlobalCarbonProject (@gcarbonproject) May 19, 2020
A trainare il calo delle emissioni è la Cina
Nello specifico, la pandemia ha provocato, tra il 1 gennaio e il 30 aprile, un calo delle emissioni di CO2 di origine fossile pari all’8,6 per cento. Il che significa che il mondo ha disperso nell’atmosfera almeno un miliardo di tonnellate in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In particolare il 7 aprile, all’apice del confinamento mondiale, il calo è stato del 17 per cento, tenuto conto degli aggiustamenti stagionali.
In termini geografici, la maggior parte del calo è dipeso dalla Cina. Le emissioni della nazione asiatica sono infatti scese di 242 milioni di tonnellate nei primi quattro mesi dell’anno. Il che equivale ad un calo del 7,8 per cento. Al secondo posto figurano gli Stati Uniti, con 207 milioni di tonnellate in meno rispetto al 2019 (-12 per cento). L’Unione europea e il Regno Unito hanno visto invece diminuire le emissioni del 10 per cento, pari a 123 milioni di tonnellate. L’India, infine, ha registrato un calo di 98 milioni di tonnellate.
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A livello di settori, sono i trasporti ad aver contribuito maggiormente al calo delle emissioni mondiali (il 39 per cento del totale). Il che non rappresenta una sorpresa, tenendo conto dello stop alla maggior parte dei voli, dei collegamenti marittimi e del traffico stradale. Al secondo posto figura invece l’industria, con il 29 per cento, e al terzo la produzione di energia, con il 17 per cento.
La necessità di una ripartenza sostenibile
Una buona notizia? Sì ma a condizione che non comporti un ritorno al cosiddetto “business as usual”. Come sottolineato infatti da numerosi osservatori – tra i quali il consorzio internazionale di scienziati Global Carbon Project, che ha curato lo studio – la contrazione rischia di rivelarsi effimera. Non appena i sistemi economici verranno rilanciati, infatti, il rischio è che si vada incontro ad una ripresa “ad ogni costo”. In altre parole: che pur di far ripartire la macchina produttiva lo si faccia puntando sulle fonti fossili e mettendo da parte gli obiettivi climatici.
Now in NatureClimate – Temporary reduction in daily global CO2 emissions during the COVID-19 forced confinement by @clequere & @gcarbonproject colleagues https://t.co/D1z8GYTkMl pic.twitter.com/LTXyAm7Cp7
— NatureClimate (@NatureClimate) May 20, 2020
Il rischio, dunque, è che nel 2021 si possa assistere ad un’impennata delle emissioni. In grado di vanificare la diminuzione di quest’anno. A meno che il mondo non decida di ripartire su nuove basi, sostenibili e rispettose del clima. Allora quello che stiamo vivendo sarà stato l’inizio di una nuova era.
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