Le novità introdotte dal governo per contenere la pandemia in Italia, a partire dal green pass rafforzato, o super green pass.
Come il coronavirus ha colpito i giganti del petrolio. Bp accelera sulla transizione energetica
Secondo l’amministratore delegato della British Petroleum Bernard Looney, è questo il momento per “abbracciare la transizione energetica”.
Non è solo una crisi sanitaria, economica, sociale. Quella scatenata dal coronavirus è una crisi sistemica, che non ha risparmiato nemmeno i giganti del petrolio. Complice la riduzione della domanda energetica e lo stop a livello globale del settore dei trasporti, anche la domanda di petrolio ha visto nelle scorse settimane una riduzione delle quotazioni. Una contingenza che ha spinto Bernard Looney, l’amministratore delegato della British petroleum (Bp) – compagnia petrolifera responsabile del disastro della Deepwater Horizon –, ad affermare “di essere convinto più che mai”, che questo sia il momento per la transizione energetica e che l’impatto della pandemia ha dato un ulteriore impulso all’impegno della compagnia nel ridurre a zero l’impronta di carbonio.
“Sono più convinto che mai che questa sia la cosa giusta da fare”, ha detto Bernard Looney al Guardian. “E dobbiamo continuare su questa strada. La pandemia ha solo dato un nuovo impulso ad un sfida che il mondo petrolifero dovrà affrontare nel medio e lungo termine”. Come riporta il Guardian infatti, la domanda di petrolio potrebbe non riprendersi mai ai livelli precedenti la pandemia. E questo non fa che sollevare seri interrogativi sui modelli di business delle principali compagnie petrolifere.
Bp ha già dimezzato i suoi manager
Se ciò non bastasse, nei giorni scorsi è arrivata un’altra doccia fredda per la Bp. Per lo meno per i suoi vertici. Secondo un’esclusiva della Reuters, Looney sarebbe pronto a dimezzare i manager di alto livello della compagnia, passando dagli attuali 250 a 120, dando il ben servito ai dirigenti più anziani che ricoprono posizioni chiave. L’amministratore delegato avrebbe anche già i nomi di 100 nuovi manager da assumere per reinventare la società e scostarsi gradualmente dal business delle fossili. L’azienda infatti avrebbe mantenuto il previsto investimento di 500 milioni di dollari in energie rinnovabili e tecnologia a basse emissioni di carbonio.
A febbraio l’annuncio di Bp, “puntiamo alle emissioni zero” sulle estrazioni di petrolio
Tutto parte da febbraio scorso, quando la British Petroleum ha presentato un nuovo piano per arrivare alle zero emissioni nette di CO2 entro il 2050. La compagnia avrebbe ufficializzato dieci impegni per ridurre drasticamente le proprie emissioni relative a tutte le operazioni legate all’estrazione di fonti fossili. Come? Tagliando della metà l’intensità di carbonio di tutti propri prodotti e arrivando alle “net zero emissions” entro tale date per tutte le operazioni legate alla produzione di oil & gas. Attualmente la società produce circa 55 milioni di tonnellate di CO2 equivalente all’anno, con 360 milioni di tonnellate legate solo al settore estrattivo e produttivo.
Secondo Looney “Prevediamo di investire di più in attività a basse emissioni – e meno in petrolio e gas – nel tempo. L’obiettivo è investire saggiamente in aziende in cui possiamo aggiungere valore, sviluppare su larga scala e offrire rendimenti competitivi”. Certo rimangono parecchi dubbi, sollevati soprattutto dalle Ong ambientaliste come Greenpeace, che si chiede come raggiungeranno questi obiettivi, se compensando le emissioni o smettendo di estrarre e produrre gas e petrolio. E sopratutto si chiede quali siano i reali obiettivi per il prossimo decennio, quello in cui dovremmo ridurre le emissioni drasticamente in tutti i settori, se vogliamo rimanere sulla traiettoria dei 1,5°C di aumento della temperatura.
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