Le novità introdotte dal governo per contenere la pandemia in Italia, a partire dal green pass rafforzato, o super green pass.
Un terremoto nel terremoto
Emergency continua a offrire supporto psicologico e assistenza infermieristica alla popolazione del centro Italia colpita dal sisma nel 2016, dove oggi il restare a casa diventa qualcosa di estremamente complesso.
I nostri vecchi pazienti ci contattano per dirci che stanno bene e per chiederci se continuiamo ad essere presenti sul territorio. Poi, c’è chi ci contatta spaventato, disperato e privo di speranza. Un terremoto nel terremoto.Laura Serri, psicologa Emergency
Presente nelle zone del sisma che ha colpito il centro Italia dal 2016, Emergency e i suoi minivan – gli ambulatori mobili che offrono assistenza infermieristica e psicologica – continuano a essere operativi sul territorio anche in questo momento così delicato. Le attività proseguono con le modifiche necessarie per rispettare le misure anti-contagio Covid-19, dall’aggiunta del triage esterno alle modifiche necessarie per rispettare le distanze di sicurezza.
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Per comprendere meglio il tipo di lavoro portato avanti e le problematiche che affronta la popolazione delle zone colpite dal sisma del 2016, abbiamo fatto qualche domanda a Laura Serri, coordinatrice delle attività psicologiche del Programma Italia di Emergency.
Continuate ad essere operativi sia in provincia di Teramo che in provincia di Macerata. Quali sono i cambiamenti che avete apportato alle vostre attività per rispettare le norme ministeriali e limitare la diffusione del virus?
Il contesto geografico dell’intervento è caratterizzato da numerose frazioni e nuclei abitativi distribuiti fra le montagne, per questi motivi le misure prese si differenziano da zona a zona. Il primo step è, comunque, quello di anteporre ad ogni attività svolta il triage infermieristico esterno e il distanziamento sociale in ambulatorio. Ad esempio, è quello che abbiamo fatto a Pieve Torina (in provincia di Macerata) dove si trova la nostra unità mobile Articolo 10: il fine è quello di permettere agli abitanti delle zone circostanti di poter usufruire del nostro intervento psicologico/infermieristico in totale sicurezza.
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In altre circostanze, invece, abbiamo dovuto sospendere le attività di sportello in presenza. Come a Camerino, dove le nostre attività si svolgevano all’interno dell’ospedale, oggi convertito interamente alla cura di pazienti Covid-19. In questi casi, in cui non possiamo garantire la presenza fisica, stiamo stiamo cercando di attivare degli orari di contatto telefonico per offrire un primo ascolto e orientare i bisogni della popolazione sul territorio o verso i nostri sportelli attivi.
Quattro anni fa a sconvolgere la vita della popolazione è stato il terremoto, ora il virus. Quali dinamiche e reazioni riscontra maggiormente? Alcune fasce della popolazione sono più vulnerabili di altre?
Gli anziani ci chiamano e hanno paura, forse sono proprio loro i più vulnerabili. Non possono venire a fare i colloqui programmati. Per ovviare a questa limitazione abbiamo attivato in alcuni casi la possibilità di fare le consulenze psicologiche telefoniche. In linea generale, osservando gli utenti del nostro sportello, le reazioni comportamentali sono diverse tra loro e vanno dallo shock alla solidarietà, dalla padronanza alla paura. Alcuni “non sanno come muoversi”, si “congelano” di fronte a questa situazione e, talvolta, può anche riattivarsi il vissuto traumatico (di ansia e perdita di controllo) connesso al sisma.
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Altri, invece, grazie al lavoro psicologico fatto su se stessi, si sentono in grado di fronteggiare la situazione con maggiori capacità emotive. Alcuni dei pazienti che hanno concluso il percorso psicologico presso i nostri sportelli – per gli aspetti più specificatamente connessi al ptsd (disturbo post traumatico da stress) – hanno riscontrato una maggiore capacità di coping, di fronteggiamento dello stress in questa nuova situazione di emergenza. E poi c’è una cosa che non manca mai: la solidarietà. Le condizioni, anche materiali, connesse a questa emergenza generano (o in alcuni casi aumentano) la percezione che forse, ora, il proprio dramma, la propria condizione di terremotato può essere compresa da chi è geograficamente lontano (il concetto di “zona rossa”, il silenzio, il senso di sicurezza della propria casa).
In alcune circostanze #restiamoacasa non è così scontato e forse, neanche semplice. Cosa significa restare a casa per la popolazione colpita dal sisma del 2016?
Purtroppo la condizione abitativa e anch’essa fonte di vulnerabilità poiché qui la casa spesso è la Sae (situazione abitativa d’emergenza) nata per far fronte all’emergenza post terremoto ma rimasta così nel corso del tempo: 40 metri quadrati da condividere con il resto della famiglia, tra l’altro una attaccata all’altra.
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“Io resto a casa” diventa, quindi, qualcosa di estremamente complesso. Per esempio, le lezioni a distanza, se necessarie e importanti in queste fase possono diventare difficili: immaginate una famiglia in cui ci sono due figli ed un genitore insegnante, devono “fare i turni” per la connessione e per una postazione idonea, magari isolata e con la scrivania ed un monitor di dimensioni sufficienti.
Quali altre problematiche potrebbero presentarsi con il tempo?
Questi sono i comportamenti che osserviamo ora ma non possiamo prevedere quello che accadrà in futuro. È una situazione nuova per tutti, non definita, che sicuramente avrà delle ripercussioni, perché va a pesare su una vulnerabilità già esistente, ma queste ripercussioni non sono prevedibili. Stiamo trovando una popolazione molto attenta al rispetto delle direttive ed indicazioni ministeriali e sanitarie, gli anziani in particolar modo, così come le istituzioni locali e le attività commerciali. Questo si percepisce anche nella richiesta sempre più diffusa di poter effettuare colloqui telefonici o tramite video chat, in modo da garantire la continuità del percorso psicologico nel rispetto delle indicazioni del Governo e del desiderio di auto protezione.
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