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Il lutto a volte inizia prima della perdita: parliamo di lutto anticipatorio, come riconoscerlo e come affrontarlo con serenità.
Correre ha una cascata di effetti positivi sulla persona. La natura ci ha programmati per farlo: un piccolo parco vicino casa o un percorso poco trafficato individuato in periferia possono farci riscoprire questa inclinazione.
L’uomo è nato per correre, non per stare fermo. La struttura scheletrica, il modo in cui si brucia energia, la capacità di smaltire il calore prodotto rivelano che la natura lo ha programmato per correre su lunga distanza. Allora, perché non sfruttare ogni ritaglio delle belle giornate per riscoprire quest’antica inclinazione? Un piccolo parco vicino casa, un percorso poco trafficato individuato in periferia, possono servire allo scopo. Mente e corpo ringrazieranno.
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Correre ha una cascata di effetti positivi sulla persona. Fa perdere peso, aumenta il tono muscolare e il metabolismo, aiuta la circolazione sanguigna e dà una chiara sensazione di benessere, perché ci mette di buonumore.
A queste importanti virtù, recentemente, s’è aggiunta la scoperta di un’altro soprendente effetto positivo: il potenziamento della memoria.
Uno studio rivelatore del 2007 della Columbia University di New York riscontrò che l’attività fisica aerobica, che sfrutta l’ossigeno dell’aria, aumenta l’operosità dei centri cerebrali legati ai ricordi. In pratica, correndo in modo regolare si favorisce la costruzione di neuroni e si stimola l’attività in una parte dell’ippocampo cruciale per la memoria. Lo studio è molto serio, condotto in collaborazione con ricercatori del Salk Institute di La Jolla, in California, pubblicato sui prestigiosi Proceedings of the National Academy of Sciences (per un’ampia sintesi del lavoro clicca qui). Secondo i test un’intensa e regolare attività aerobica potenzia le capacità cerebrali favorendo la costruzione di nuove cellule in una regione dell’ippocampo, chiamata circonvoluzione dentata, di cui sono noti i legami con la memoria (e con il suo indebolimento che, nell’uomo, ha inizio intorno ai 30 anni di età). Il processo che presiede a questa generazione di nuove cellule è stato documentato utilizzando la tecnica dell’imaging a risonanza magnetica che, applicata a un gruppo di undici pazienti preventivamente sottoposti a un periodo di tre mesi di intensa e regolare attività aerobica, ha confermato i modelli di azione. L’esercizio fisico provoca un afflusso particolarmente abbondante di sangue nella regione della circonvoluzione dentata, irrorazione che sarebbe appunto all’origine della costruzione di nuove cellule.
Un’enorme quantità di studi ha dimostrato che l’attività fisica è benzina per la funzione cognitiva, ma i meccanismi che stanno dietro questa che è ormai considerata una verità scientifica non erano ancora conosciuti. Nel 2016 gli scienziati hanno fatto luce su perché correre migliora l’apprendimento e la memoria. I ricercatori del National Institute on Aging hanno dimostrato come la corsa aumenti i livelli di una proteina che sta alla base della memoria. Questa proteina, che si chiama catepsina B, stimola la crescita dei neuroni e migliora la capacità di ricordare, soprattutto i luoghi e l’orientamento nello spazio. I risultati conseguiti, ancora una volta sottolineano l’importanza di un corretto stile di vita per il nostro benessere sia fisico sia mentale. “Le persone ci chiedono spesso – spiega Henriette van Praag, principale autrice dello studio – quanto esercizio fisico debbano fare, quante ore al giorno. La nostra ricerca suggerisce che i cambiamenti più importanti avvengono con il mantenimento di un regime di esercizio fisico costante nel tempo“. La ricerca, pubblicata su Cell Metabolism, è la prima a dimostrare un legame tra la catepsina e la memoria. In pratica la corsa aiuta il cervello a sviluppare nuove cellule attraverso un processo chiamato “neurogenesi”, che generalmente avviene durante lo sviluppo ma, in alcuni casi, può verificarsi anche nell’adulto. Le nuove cellule contribuiscono a migliorare la nostra capacità di apprendimento e quella di formare nuovi ricordi.
Insomma, continuano ad arrivare conferme alla tesi secondo cui l’attività fisica sarebbe un’assicurazione per la salute del cervello e per le capacità cognitive anche da anziani. Un interessantissimo studio del 2016 pubblicato su eNeuro da un gruppo di scienziati dell’Università di Toronto parte dalla teoria della riserva cognitiva, sviluppata nel 2002 dallo psicologo Yakov Stern che scopri che persone perfettamente in possesso delle loro capacità cognitive avevano in realtà il cervello devastato dall’Alzheimer. L’intuizione è che questi soggetti avessero sviluppato una riserva di neuroni sani e in grado di supplire dinamicamente a quelli danneggiati dalla malattia. Ebbene, questa “riserva” – suggerisce il nuovo studio – si formerebbe in gioventù, quando il numero di neuroni reclutabili per diventare “superneuroni” è ancora alto e le sovrastimolazioni, fisiche o intellettuali, plasmano di più il cervello. “Con questo lavoro proviamo che l’esercizio fisico giovanile aumenta la precisione della memoria più avanti nella vita: è un tipo di plasticità cerebrale prima ignota” ha spiegato Martin Wojtowicz, primo firmatario dello studio.
Sempre nel 2016 i ricercatori dell‘università del Kentucky, negli Stati Uniti, hanno dimostrato che le persone che si mantengono in forma hanno una memoria maggiore e un pensiero più lucido. Al contrario coloro che preferiscono il divano alla palestra avrebbero capacità cognitive minori. La ricerca si aggiunge a molte altre che associano lo sport a un minor invecchiamento del cervello anche perché il movimento favorisce il rinnovamento cellulare. Fra le ipotesi degli esperti statunitensi c’è anche quella che possa ‘rallentare’ l’Alzheimer. Questa ricerca ha preso in esame 30 adulti fra i 59 e i 69 anni. I ricercatori hanno analizzato i flussi di sangue nel cervello e le sue dimensioni hanno visto quanto fossero importanti le differenze pigri e sportivi. “Abbiamo osservato il rapporto positivo fra fitness cardio-respiratorio e flusso sanguigno. Le persone pigre avevano un cervello di dimensioni ridotte.
La più recente conferma è arrivata dall’Università dell’Arizona, pubblicata sulla rivista scientifica Frontiers in Human Neuroscience. Qui ci viene spiegato che il cervello dei podisti, nelle zone che aiutano l’elaborazione di pensieri sofisticati (memoria, attenzione, presa di decisioni, multitasking) ha connessioni diverse da quelle di persone in salute che fanno vita sedentaria. Gli esperimenti condotti sembrano indicare che correre sia intellettualmente più impegnativo di quanto appaia. Gli studiosi hanno sottoposto a una serie di test due gruppi di uomini della stessa età e dalle caratteristiche simili: il primo composto di corridori, il secondo di non corridori e persone più dedite a una vita poco sportiva. Hanno così scoperto, attraverso risonanze magnetiche, che il cervello dei corridori aveva connessioni differenti in aree necessarie per sviluppare pensieri di alto livello, con particolare riguardo alla memoria, all’attenzione, alla presa di decisioni, cioè alla capacità di fare più cose contemporaneamente e all’elaborazione di informazioni visuali e sensoriali.
In sostanza chi corre sembra avere un cervello in cui certe capacità cognitive funzionano meglio che in chi non corre. “La mia conclusione è che correre potrebbe non essere un’attività così semplice come sembra”, afferma il professor Gene Alexander, docente di psicologia, neurologia e scienze fisiche, curatore della ricerca.
Cioè, correre fa bene alla salute, sostengono in tanti. A quanto pare fa bene anche al cervello. Quindi cerchiamo di capire come farlo, con consigli utili anche per chi vive in città.
La corsa a piedi, sport ecologico per definizione, fornisce l’occasione di scoprire angoli di natura nascosti nelle metropoli. Correndo si notano i cambiamenti di stagione, l’arrivo delle prime gemme sugli alberi, la comparsa progressiva delle foglie, lo sbocciare dei fiori. L’immersione nel tempo atmosferico, fatto di pioggia, sole, aria, accorcia le distanze con la realtà e ci gratifica, facendoci sentire parte di un unico, grande, meccanismo vitale. Per avvicinarsi alla pratica, il training può prevedere di iniziare con:
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